Questa è una storia con diversi inizi: la guerra in Ucraina, nel febbraio 2022, la crisi del gas, poi la scelta di Snam e del governo di dotarsi di rigassificatore galleggiante nel porto di Piombino, la Golar Tundra, per aumentare la capacità di ricevere gas liquefatto via mare e affrontare l’emergenza.

Il primo carico è arrivato a luglio 2023, dopo mesi di proteste nella città toscana. Per i liguri di Ponente questa storia inizia poco dopo, quando scoprono che secondo i piani del governo nel 2026 il rigassificatore di Piombino sarebbe diventato il rigassificatore di Vado Ligure, spostandosi 300 km più a nord.

Lo shock

La notizia è stata accolta male soprattutto a Savona: l’infrastruttura galleggiante sarà più vicina al capoluogo di provincia ligure (2,8 chilometri) che a Vado (4 chilometri), ma la città è stata esclusa dalla conferenza dei servizi perché i tubi non passano nei suoi confini. La nuova rete del gas attraversa il torrente che divide Savona dalla vicina Quiliano.

Per una questione di metri, i rappresentanti di oltre 60mila abitanti di Savona sono stati esclusi dai processi di partecipazione. Come spiega Gabriella Branca, assessora alla cittadinanza attiva, «Per la città è stato uno shock, ma anche un risveglio politico».

La rivolta che abbiamo visto a Piombino nel 2023 si è trasferita qui: sono nati quattro comitati, il consiglio ha firmato un ordine del giorno bipartisan contro il progetto, a settembre c’è stata una catena umana sulla spiaggia da 16mila persone, ci sono proteste e assemblee ogni mese.

Una vecchia emergenza

Golar Tundra nasce per un’emergenza, quella del 2022, che nel frattempo è andata scemando. Nel primo anno fino all’autunno ha viaggiato al 40 per cento della capacità, nel 2023 il consumo di gas in Italia è stato di 65,5 miliardi di metri cubi, il più basso dal 2000, un diminuzione di oltre il 10 per cento, trend che continua da tre anni.

Secondo i piani di Snam, Golar Tundra sarà usato per venticinque anni, rimarrà di fronte Savona fino al 2051. Come spiega Filippo Taglieri, analista di ReCommon che segue il progetto dall’inizio, «è in contraddizione con gli obiettivi di decarbonizzazione, è una struttura ridondante rispetto a quelle che già ci sono. L’unico scenario in cui questo rigassificatore serve fino al 2051 è quello in cui l’Italia non porta a termine i piani di transizione».

Al momento ci sono già quattro infrastrutture così in Italia: Livorno (in ristrutturazione), La Spezia, Oristano e Rovigo (la più grande). Da anni si parla di costruirne altri tre: Ravenna, Gioia Tauro, Porto Empedocle.

Capitale della cultura

Golar Tundra rischia di diventare inutile prima della scadenza. Per i conti dello stato sarebbe un asset perso, ma per i cittadini di Savona la storia è diversa: già oggi si parla di un intero modello di sviluppo messo a rischio da una nave lunga 300 metri e alta oltre 50, visibile da ogni punto della costa, che funziona riscaldandosi con acqua di mare e scaricando candeggina, vicino a un’area protetta (l’isola di Bergeggi), nel santuario dei cetacei, di fronte a un territorio che sta provando a superare il declino industriale riscoprendo una vocazione turistica.

Savona si è anche candidata a essere capitale italiana della cultura nel 2027, ma voi andreste a fare il bagno di fronte a un rigassificatore pieno di 170mila metri cubi di metano? Come spiega Marco Russo, sindaco di Savona, «per noi è uno sfregio al territorio. Stiamo facendo un’opera di rigenerazione, che passa dal turismo, dallo sviluppo dell’università, è una trasformazione delicata per una città che non aveva mai completato la transizione post-industriale».

Savona ha messo in campo 90 milioni di euro di finanziamenti, di cui 50 dal Pnrr, per rigenerare lungomare, passeggiate costiere, palazzi storici. Tutto per darsi una nuova identità. Per usare una metafora non elegante ma efficace, dicono: «È come se noi ci fossimo rifatti il salotto e ci avessero messo il gabinetto, in quel salotto, senza nemmeno avvertirci».

Per l’Italia, l’inutilità futura del rigassificatore in caso di una transizione di successo sarebbe un problema finanziario, per questo tratto di Liguria significherebbe perdere un treno di sviluppo che difficilmente tornerebbe.

Lo stallo

Al momento la situazione è in stallo. Il progetto correva verso la realizzazione attraverso procedura semplificata, duecento giorni per chiudere tutto con la benedizione del Commissario, il presidente della Liguria Toti. Il primo progetto ha ricevuto decine di osservazioni nel merito, non solo dalla società civile, ma da Arpa, Vigili del Fuoco, Capitaneria.

Era pieno di problemi, soprattutto su sicurezza e impatto ecologico, sia perché l’ecosistema è delicato, sia perché questo pezzo di costa è trafficato. Sullo stesso tratto di mare c’è un terminal delle crociere, uno dei container, ci sono i punti di approdo di greggio e olio combustibile di Sarpom. Le possibilità di incidente sono tante: a Piombino si trova in porto, ma non casualmente non ce la terranno lì per 25 anni. Gli altri sono a più del doppio della distanza, Livorno e Rovigo a 15 km.

A Vado sarebbe impossibile perché il fondale al largo è profondo. «Se usassimo le stesse regole che hanno lì sulla distanza obbligatoria da altre navi, a Savona non potrebbero mai mettere un rigassificatore, perché semplicemente non c’è abbastanza spazio», dice Roberto Cuneo, ingegnere, esperto di sistemi energetici, consigliere nazionale di Italia Nostra ed ex candidato sindaco col centrodestra (quindi non accusabile di ostilità politica a priori).

Cuneo evoca disastri come Baltimora, dove una nave fuori controllo ha fatto crollare un ponte. «Sbattere contro un ponte è brutto, ma sbattere contro una nave che trasporta GNL o un rigassificatore è molto peggio». In questo intenso traffico, non c’è da contare solo Golar Tundra, ma anche le 46 navi gasiere l’anno che arriverebbero a scaricare.

A Pasqua è stato presentato il nuovo progetto, che rispondeva ad alcune obiezioni, ma non a quelle più strutturali, anche perché nessuno può cambiare i dati di fatto: la nave è grande, lo spazio è piccolo e il porto di Vado è affollato. Ci sarà tempo fino al 18 aprile per rispondere, poi la Commissione di valutazione ambientale potrà dare il via libera o fermare il progetto. Il fermento a Savona è forte, alla Società di Mutuo Soccorso in una assemblea c’era chi diceva: «Cosa dovremo fare, poi? Le barricate? Diventare come la Val Susa?».


La replica di Snam

Gentile direttore, vorremmo replicare all’articolo a firma di Ferdinando Cotugno dal titolo “Da Piombino alla Liguria: è la guerra del rigassificatore”.

Primo punto: i rigassificatori sono impianti sicuri e non danneggiano l’ambiente. Nel mondo sono operative 45 FSRU come la Golar Tundra e ad oggi non si sono verificati incidenti rilevanti. La nave sarà collocata al largo di Vado nella cosiddetta area Charlie, ancora più lontano di dove, da anni, ormeggiano e scaricano le petroliere che riforniscono un deposito locale, e pur sempre in una zona interdetta alla navigazione. Il sistema di ancoraggio a torretta consente alla Golar di sganciarsi in poche ore nel caso di allarme meteo. Sostenere al contrario che a Vado Ligure le possibilità di incidente sono tante significa infondere timori non sostanziati da evidenze scientifiche e storiche.

Quanto all’ambiente marino, i monitoraggi indipendenti effettuati a Piombino non hanno registrato alcuna anomalia, né superamenti nelle concentrazioni di sostanze oltre i limiti di legge, in sé già molto stringenti. La Golar Tundra non riversa candeggina in mare: l'acqua che si riemette nell’attività di rigassificazione contiene al massimo 0,2 parti di ipoclorito ogni milione di parti d’acqua e si disperde in pochi metri.

Sostenere che il progetto sia pieno di problemi è fuorviante: ciò che è in realtà avvenuto è che, come previsto da consolidate procedure, dopo il confronto con le amministrazioni e gli enti interessati le osservazioni pervenute e le soluzioni individuate siano state integrate in un progetto aggiornato. E non si può certo dimenticare che quest’ultimo sarà sottoposto ad una VIA nazionale, ovvero ad una Valutazione di impatto ambientale che chiamerà ad esprimersi oltre 70 enti.

Sostenere infine che la Golar Tundra rischi di diventare inutile è lontano dalla realtà. Proprio la disponibilità di più canali di approvvigionamento permette di affrontare le emergenze senza esporre il Paese agli effetti di una mancanza fisica di forniture. Il ruolo della Golar Tundra è riconosciuto dai fatti: la sua capacità di rigassificazione è stata prenotata per il 100% per quest’anno, per il 95% per i prossimi due, e per l’86% dei successivi 17. Nei primi due mesi del 2024 il gas arrivato in Italia tramite GNL ha costituito la prima fonte in assoluto del Paese. Un contributo garantito in tutta sicurezza dai 4 rigassificatori attualmente operativi: Piombino, La Spezia, Rovigo e Livorno, se si vuole una lista corretta.

Cordiali saluti
Ufficio Stampa Snam


Risponde Ferdinando Cotugno

Purtroppo casi di cronaca recenti e storici ci insegnano che dire «non ci sono mai stati incidenti rilevanti» non è una rassicurazione di per sé sufficiente per le popolazioni locali, né può esserlo in un tratto di mare così trafficato e vicino alla costa. Ma è chiaramente il classico tema su cui chi scrive spera di avere torto.

La candeggina è il nome comune per l'ipoclorito di sodio in soluzione acquosa. Per Golar Tundra sono 86,4 chili al giorno, 31,5 tonnellate l'anno, per un impianto che funziona a ciclo aperto, prelevando e scaricando acqua direttamente in mare, tra un'area protetta, le spiagge e il santuario dei cetacei. Può essere tollerabile per SNAM, evidentemente preoccupa di più chi nella provincia di Savona ha investito in turismo. Il confronto con amministrazioni ed enti, come scritto nell'articolo, ha rilevato 57 osservazioni di seria entità sul progetto. Se non era «pieno di problemi», sicuramente non ne era nemmeno scevro.

Il GNL è diventato la prima fonte in Italia esattamente a causa di scelte energetiche come Golar Tundra, ma c'è da distinguere quanto il mercato riesce ad assorbire da quello che serve all'Italia come paese. Più capacità di rigassificazione implica più importazione di gas liquefatto, ma più gas liquefatto porta debolezze strutturali (come scritto di recente dal Financial Times sulla Germania, che per la rigassificazione ha fatto scelte simili a quelle italiane), oltre a smentire gli impegni climatici dell'Italia, che curiosamente in questa replica non vengono mai menzionati.

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