La parabola di Andrea Pignataro, l’uomo d’affari che partendo da Bologna ha accumulato una fortuna miliardaria tra Londra, Wall Street e l’Italia, ha alimentato in questi anni le più svariate leggende metropolitane.

Il diretto interessato non sembra interessato alla pubblicità e la riservatezza che circonda i suoi affari, con una costellazione di holding offshore tra Dublino e il Lussemburgo, contribuisce a consolidare la fama del mystery man, «l’italiano sconosciuto più famoso del mondo», come lo definì tempo fa il sito Dagospia.

Dalle nostre parti, Pignataro è uscito dall’anonimato nel 2021 quando nel giro di pochi mesi ha investito più di 4 miliardi per comprare aziende come Cerved, che gestisce banche dati di informazioni commerciali, e Cedacri, che vende servizi informatici agli istituti di credito.

Nel frattempo, la naturale ritrosia a mostrarsi sui giornali e l’esibita immagine da uomo d’affari internazionale (uffici a Londra, residenza in Svizzera) non ha però impedito al riservatissimo finanziere di tessere una trama di relazioni ad alto livello nel suo paese d’origine, rapporti che almeno in teoria ora potrebbero tornargli utili per scavalcare l’ostacolo più alto tra i tanti che si è trovato ad affrontare nella sua rapida ascesa.

Palenzona per amico

Nel gruppo dei sostenitori è entrato di recente anche un nome di peso della finanza nazionale come Fabrizio Palenzona, un banchiere che da un trentennio colleziona poltrone e potere e in questi ultimi mesi molto si è speso per Pignataro, in pubblico e in privato. Il filo rosso che lega i due sodali si chiama Prelios, società tra i leader in Italia nella gestione di crediti incagliati, i cosiddetti Npl (non performing loans), e dotata anche di un cospicuo portafoglio immobiliare. Palenzona è il presidente di Prelios, e Pignataro vorrebbe comprarla.

L’affare, annunciato in agosto dell’anno scorso dopo mesi di trattative, va per le lunghe. Nei giorni scorsi è arrivato il via libera del governo ai sensi delle norme sul golden power e ora si attende l’approvazione della Banca d’Italia, che ha aperto un’approfondita istruttoria sul caso.

Per completare l’acquisizione, Pignataro ha messo sul piatto 1 miliardo e 350 milioni di euro quasi tutti ottenuti a debito grazie al sostegno di Ubs e di un consorzio di banche guidato da Intesa e Unicredit.

L’unione di Cedacri, Cerved e Prelios darebbe vita a un colosso nella gestione di dati finanziari e Npl senza eguali in Italia, ma per valutare la sostenibilità dell’operazione vanno considerati almeno un paio di fattori. Il primo è la forte leva finanziaria, cioè l’entità dei prestiti ricevuti in rapporto al valore delle attività acquisite.

Rischio Prelios

D’altra parte, non è un mistero che il mercato degli Npl, anche per effetto dell’aumento dei tassi d’interessi, ha perso colpi da quando l’operazione ha preso le mosse, nella seconda metà del 2022. Non è da escludere, quindi, che, nelle more della firma definitiva, il contratto possa anche essere rivisto. Pignataro, comunque, non si dà per vinto. E tantomeno Palenzona, che è tornato da poco alla presidenza della Fondazione Crt (Torino), la terza fondazione bancaria per importanza in Italia dopo Cariplo e l’altra torinese Compagnia di San Paolo.

L’ambizione del banchiere piemontese sarebbe quella di intestarsi un ruolo di regista di un prossimo riassetto dell’alta finanza italiana. Lo schema ipotizzato non è nuovo, in verità, visto che più volte nell’ultimo decennio è stato oggetto di progetti e dossier di svariate banca d’affari. Tutto ruota attorno a Mediobanca, che verrebbe scalata da UniCredit, per poi puntare al controllo di Generali, che vede proprio Mediobanca come principale azionista con una quota del 13 per cento. Nulla di concreto, per il momento.

Le indiscrezioni, però, si sono moltiplicate, con forti rialzi in Borsa di titoli coinvolti, da quando a fine febbraio Palenzona ha annunciato che la Fondazione Crt si era liberata della sua quota dell’1,8 per cento in BancoBpm per salire dall’1,6 al 2 per cento nel capitale di Generali. Pignataro in apparenza viaggia lontano da questi giochi di potere, anche se il suo nome è ben conosciuto tra le maggiori banche nazionali, a cominciare da Intesa e UniCredit, di cui è allo stesso tempo fornitore di servizi e anche cliente-debitore.

La rotta del finanziere incrocia però quella di Palenzona anche in un’altra partita in pieno svolgimento. Tutto ruota intorno alla Banca del Fucino di Roma. Qualche giorno fa si è appreso che la Fondazione Crt ha investito un paio di milioni per comprare lo 0,7 per cento di questo piccolo istituto dalle grandi ambizioni che vede tra i propri azionisti un’eterogenea compagine di azionisti che va da Santo Versace alla famiglia Angelini, all’Empam, la casa previdenziale dei medici, per citarne solo alcuni.

Tra Fucino e Volterra

Non è ben chiaro per quale motivo l’ente piemontese abbia concluso un affare così distante dal proprio territorio, un affare che ha creato qualche malumore anche tra i consiglieri della fondazione. A ben guardare, però, c’è un filo rosso che porta proprio a Pignataro, che la scorsa estate, dopo il via libera di Bankitalia, ha rilevato una quota del 30 per cento nella Cassa di Volterra, istituto dai conti in rosso alla ricerca di capitali freschi per il rilancio. Un rilancio a cui contribuirà anche la Banca del Fucino che è entrata nella compagine azionaria con una piccola quota, un paio di punti percentuali.

Si chiude così, con la benedizione della coppia Palenzona-Pignataro, l’inedito triangolo bancario tra Torino, Roma e Volterra, in attesa che si completi anche l’operazione Prelios. Va detto che l’investimento nella cassa toscana è solo l’ultima delle incursioni nel mondo bancario da parte di Pignataro che nell’autunno di due anni fa puntò una cinquantina di milioni nell’aumento di capitale del Monte dei Paschi.

Scelta azzeccata, perché da allora il titolo Mps ha più che raddoppiato la sua quotazione. Non si può dire altrettanto, invece, delle azioni di Illimity, la banca fondata da Corrado Passera, di cui Pignataro è azionista con il 9,4 per cento: le azioni hanno perso quasi il 30 per cento negli ultimi dodici mesi.

Nelle sue manovre in campo bancario il finanziere che punta a Prelios è affiancato da alcuni facoltosi investitori italiani, nomi noti nei circoli finanziari milanesi come gli Strazzera e i Bassani Antivari, entrambi azionisti della holding irlandese Fermion, che possiede le quote in Illimity e Cassa di Volterra.

L’amico banchiere d’affari Maurizio Tamagnini ha invece aperto a Pignataro le porte del Fondo Strategico italiano (Fsi). Tra i soci di quest’ultimo compare con una partecipazione del 9,9 per cento un’altra società irlandese del finanziere.

Non solo banche, però. Negli ultimi anni Pignataro ha puntato decine di milioni in campo immobiliare. Palazzi pregio in pieno centro a Milano, in una delle zone più eleganti della città, non lontana dalla basilica di Sant’Ambrogio. E poi terreni e case all’isola della Maddalena, a Gressoney in Val d’Aosta e in centro a Pisa. Un portafoglio di gran valore, ben oltre i 100 milioni, al riparo dagli alti e bassi della finanza.

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