Un po’ guardando alla Gkn un po’ contando sulla determinazione dei portuali triestini arriva a un punto di svolta la vertenza della Wärtsilä, la fabbrica di grandi motori marini e per le centrali elettriche di proprietà finlandese che è intenzionata a chiudere una delle più antiche e strategiche attività industriali del capoluogo giuliano.

Ieri è arrivata in rada al porto di Trieste la Uhl Fusion, la nave che dovrebbe portare via i due motori per grandi navi acquistati dalla società coreana Daewoo e prodotti dagli operai della Wärtsilä.
 

I coreani sono pronti a caricarli in modo autonomo, ma da ieri mattina il porto è in sciopero a oltranza, secondo quanto proclamato da tutti i sindacati insieme, Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti e Ugl mare, «in segno di solidarietà di tutte le maestranze delle imprese portuali relativamente alle attività portuali (spostamento, imbarco e rizzaggio), connesse alle attività di Wartsila Italia».

I motori ‘coreani’ sono dodici si trovano in due magazzini al porto della Seamatal e della Seadock, non si sa ancora quando attraccherà la nave ma dovrebbe appoggiarsi settimana prossima.

«Non si muoverà niente»

Sta arrivando l’autunno più caldo delle fabbriche

«Non si muoverà niente», conferma Andrea Della Pietra delegato Cgil di Warstila. «La nave userà l’autoproduzione per caricare i motori, ovvero non utilizzerà il nostro servizio, ma per portarli sotto la nave servono i portuali e se i portuali sono  in sciopero non vedo chi li potrà portare là».

Ci sarà anche un presidio Wärtsilä: «I lavoratori si metteranno in quei venti metri che separano il magazzino dalla nave», spiega Sascha Colautti Usb, «speriamo tutti mantengano la calma perché c’è un rischio di ordine pubblico se i lavoratori dovessero arrivare ad impedire la movimentazione dei motori».  La prossima settimana la prefettura ha convocato un tavolo con la Daewoo e con i sindacati per cercare di evitare forzature.

Il blocco dei portuali intanto durerà fino a che il governo non convocherà le parti. «Tutte le sigle sindacali stano sollecitando il ministero dello Sviluppo economico per convocare il tavolo tecnico prima della conclusione della procedura», dice ancora Colautti. Il 14 settembre prossimo infatti, secondo la procedura di licenziamento collettivo nella sua nuova formula approvata nella finanziaria del 2021, la Wärtsilä dovrebbe presentare un piano industriale e i sindacati hanno un mese per rispondere. Nella peggiore delle ipotesi ci sarà la Naspi per tutti.

Trieste scende in piazza

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Intanto la città si sta preparando a una grande manifestazione il prossimo 3 settembre per difendere la storica fabbrica di grandi motori, unica rimasta in Italia, che l’azienda vuole chiudere per centralizzare la produzione in Finlandia.

Il sindaco Roberto Dipiazza di centrodestra ha già annunciato che porterà alla manifestazione il gonfalone del comune e lo stesso farà il presidente della Regione Massimiliano Fedriga. Certo dicono i lavoratori, il sindaco avrebbe potuto seguire l’esempio del sindaco di Campi Bisenzio che con un’ordinanza comunale aveva bloccato il passaggio dei tir di fronte alla Gkn così da impedire, anche per legge, qualsiasi spostamento di materiale. «Dipiazza ha avuto paura di beccarsi una denuncia dalla Warstila», spiega sconsolato il sindacalista.

Ma il territorio riuscirà a mantenere quest’unità? «Una bella domanda», risponde Della Pietra, «noi stiamo facendo banchetti, contattando associazioni, non posso dire con sicurezza cosa succederà il 3 settembre ma secondo noi anche solo contando le famiglie coinvolte, saremo in tanti».

I numeri in effetti parlano chiaro: 451 sono gli operai legati alla produzione sui quali incombe il licenziamento, altri 450 quelli che lavorano per la progettazione, i servizi e il commerciale di Wärtsilä che dovrebbero restare, ma che sanno benissimo di essere a rischio fra pochi anni in più ci sono 450 di operai dell’indotto. Per una città come Trieste sono numeri importanti.

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