C’è un silenzio assordante su Cattolica assicurazioni, cioè il gruppo assicurativo che nel 2019 era la quinta assicurazione italiana nel ramo danni, la quarta per Rc auto e infortuni, nel 2020 ha cambiato gli equilibri dell’acquisizione di Ubi Banca da parte di Intesa San Paolo e nel 2021 è destinato a essere acquisito dalle assicurazioni Generali. Ecco, il governo di questo gruppo assicurativo è stato per anni secondo l’autorità di vigilanza Consob, «influenzato da un gruppo di potere esterno al suo consiglio di amministrazione» formato dall’ex presidente Paolo Bedoni, dalla vicepresidente Barbara Blasevich e dal segretario Alessandro Lai. Tutti e tre siedono ancora nelle controllate non quotate della compagnia e Bedoni presiede la fondazione Cattolica, che era il perno della creazione del consenso. In Cattolica la Consob ha anche accertato l’esistenza di un sistema «strutturato» e «stabile» di raccolta delle deleghe in occasione delle ultime assemblee prima della trasformazione in società per azioni.

La relazione della Consob svela come era governata Cattolica

Eppure se ne parla assai poco a Verona, capoluogo di un Nord est capace di grandi omertà, ancora meno sui giornali che pure avevano seguito le malversazioni in diverse banche popolari. L’Ivass, vigilante sulle assicurazioni, sembra accontentarsi del ricambio avvenuto nella capogruppo a maggio, dopo la trasformazione in spa.

Persino la procura di Verona, che il 10 agosto ha annunciato di aver aperto una nuova indagine su decine di operazioni realizzate dal vecchio consiglio di amministrazione, ha chiesto e ottenuto dal tribunale di Verona l’archiviazione delle indagini sulle illecite influenza per l’assemblea perché sarebbe stato «improbo» e inutile accertare le responsabilità di un sistema «già accertato» dalla Consob.

La relazione Consob

Per far comprendere ai soci di Cattolica cosa sia successo nelle ultime assemblee, allora, bisogna rifarsi alla relazione ispettiva della Consob del 2020 sul sistema illecito per la raccolta voti nelle assemblee coordinato da collaboratori dell’allora presidente Bedoni.

Durante le ispezioni sono stati rinvenuti «elaborati» che spiegano la strategia e come evitare i controlli. Filippo Moroni era il responsabile soci, anche se oggi la società lo descrive come un semplice quadro: nel suo ufficio c’era un documento con le istruzioni per la raccolta dei voti: «No cinque deleghe a tutti», non scrivere il giorno, «fare attenzione alla grafia», «estendere e incentivare organizzazione tipo Piemonte». Si trova proprio in Piemonte l’agenzia che ha chiesto più fondi per pagare la fattura di un operatore turistico con la causale «assemblea Cattolica 2019».

Molte deleghe presentano la stessa grafia nelle parti compilate da delegato e delegante e dagli accertamenti sono emerse anche «evidenze dell’erogazione di utilità varie» a gruppi di soci, a carico di Cattolica e per il tramite degli agenti, in cambio della delega o della partecipazione all’assemblea.

Il trasporto verso la sede dell’assemblea, secondo le memorie dell’ex amministratore delegato Alberto Minali e dell’ex responsabile della direzione legale Stefano Semolini citate nella relazione ispettiva, era garantito solo ai soci favorevoli nei confronti delle proposte del consiglio di amministrazione. E secondo le conversazioni citate dagli ispettori, il tutto era organizzato da Moroni in contatto diretto con il presidente Bedoni.

Quando la Consob ha chiesto a Moroni di tutta la documentazione accumulata sulla sua attività, compresi gli scambi con gli agenti e le prove delle visite alle agenzie, lui ha detto di non ricordarsi nulla.

Il sistema funzionava almeno dall’assemblea del 2018, secondo la Consob. Per ogni agenzia i collaboratori di Bedoni calcolavano voti a favore, astensioni, voti contro. Anche per questo nel 2018, quando Minali propone la revoca del mandato a trenta agenzie con «andamenti tecnici altamente negativi» non se ne fa niente: tra queste c’erano anche alcune delle più attive nella raccolta del consenso.

Assieme alle agenzie, secondo gli ispettori, partecipano della strategia messa anche la fondazione Cattolica, fornitori della società, consulenti e pure le associazioni che dalla compagnia ottengono elargizioni.

Le parole di Bedoni, registrate durante un consiglio di amministrazione del maggio 2018 ma assenti dal verbale ufficiale, spiegano quello che il presidente si attende: chi riceve i soldi dalla compagnia non può votare contro.

Bedoni attaccato all’ultima poltrona di Cattolica Assicurazioni

Nel 2019 i tentativi di controllo si estendono anche a chi si candida nella lista di minoranza perché il suo capolista ha diritto alla presidenza del comitato per il controllo del governo societario e il cerchio ristretto vicino a Bedoni si adopera per nominare un candidato amico e frenare gli altri.

L’idea è quella di nominare Stefano Bartalini, candidato nel giro di due giorni sia nella lista di maggioranza che in quella di minorazione e consigliere di una società, la Credit Network Finance, gestore per Cattolica del recupero crediti. Il presidente-proprietario e il vicepresidente della Credit Network Finance si rivolgono direttamente al capolista e animatore della lista di minoranza Michele Giangrande il quale però non si fa da parte. A questo punto gli altri candidati di minoranza iniziano a ritirarsi, secondo gli ispettori anche su pressioni della maggioranza. Il primo che si tira indietro, scrive a Giangrande: «Non me la sento di creare un tal casino con certi poteri, che potrebbero compromettere un percorso politico che ho sudato per 23 anni».

I rapporti clientelari

La piramide attorno a Bedoni si basava sull’asimmetria informativa con il resto del consiglio: un terzo dei documenti è stato messo a disposizione dei consiglieri in ritardo, in 47 casi i documenti sono stati solo letti durante le riunioni, compresa la lettera di sfiducia (in realtà preparata due mesi prima) per cacciare l’ex ad Minali. L’attuale amministratore delegato, Carlo Ferraresi, ha presentato solo oralmente in consiglio l’inserimento all’ordine del giorno dell’assemblea di giugno 2020 di una delega per un aumento di capitale da 500 milioni di euro, imposto dall’Ivass.

Il presidente Bedoni, scrive Consob a luglio 2020, «ha acquisito e acquisisce tuttora, in via preliminare numerose informazioni circa l’andamento della società», condivise con la terna Lai, Blasevich e col consulente legale Mario Cera. Il gruppo ristretto si occupa di scelte cruciali come la ridefinizione delle deleghe dell’amministratore delegato o della stesura del nuovo statuto.

Persino i rapporti con l’autorità di vigilanza sono gestiti di fatto dal consulente Cera che usa i negoziati in corso con l’Ivass per far passare la sua linea. L’autorità di vigilanza ne è stata informata, eppure continua a tollerare che Bedoni e compagni continuino a sedere nelle controllate.

Gli investimenti

Chat ed email provano che lo stesso tipo di interlocuzioni ristrette, scavalcando gli amministratori, avvenivano anche per le decisioni su operazioni commerciali e di investimento, nelle quali pesavano anche «considerazioni di opportunità/relazionali».

Un esempio su tutti: l’operazione di salvataggio dell’incubatore H-Farm, partecipato allora da Cattolica e a cui le banche negano il credito. Con H-Farm Cattolica ha rapporti complessi: tra 2018 e 2019 le affida consulenze per due milioni di euro, mentre H-Farm è locataria di immobili di Cattolica e del fondo H-Campus di cui Cattolica detiene la quota di maggioranza. Nel consiglio di amministrazione di H-Farm sedeva l’attuale ad di Cattolica Ferraresi. Eppure fino alla fine del 2019, questi intrecci non vengono mai segnalati a bilancio tra le operazioni con parti correlate, come è previsto per le società quotate al fine di rendere trasparenti i conflitti di interessi.

Nel dicembre 2019 Cattolica per salvare H-Farm sottoscrive d’urgenza strumenti finanziari partecipativi per 7 milioni di euro.

La situazione di tensione finanziaria viene discussa solo in autunno, quando Minali dichiara di fronte al consiglio che nessuno ne era a conoscenza prima di luglio. In realtà gli ispettori Consob provano che Bedoni ne era informato costantemente almeno dal 2018.

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