Solo un papa si è dimesso nella storia recente e non è Paolo Bedoni. Il presidente di Cattolica assicurazioni, nel consiglio di amministrazione della società dal 1999, ventidue anni fa, presidente dal 2006, quindici anni fa, ha messo le mani avanti: quando il primo aprile la cooperativa si trasformerà in società per azioni, come previsto dall’accordo con le assicurazioni Generali che ne hanno garantito la patrimonializzazione con 300 milioni di euro, lui rimarrà nella fondazione Cattolica assicurazioni.

Per lui che di poltrone ne ha sempre avute molte, dal Cnel alla Coldiretti, già lasciare l’incarico nel comitato nomine a metà gennaio è stato un inedito.

I rilievi dell’Ivass

La decisione è arrivata nel momento in cui la società ha deciso di approdare alla forma di società per azioni, dopo vent’anni a metà strada: dal 2000 Cattolica è quotata in Borsa ma ha sempre mantenuto la forma di cooperativa da fine Ottocento.

E dopo che l’Ivass, la vigilanza sulle assicurazioni, ha messo in fila alcuni risultati delle ispezioni cominciate assieme a Consob a dicembre 2019: l’authority ha inviato rilievi a tutti i consiglieri per carenze negli anni 2018-2019 e precedenti nel governo societario e nella gestione dei rischi che avrebbero messo potenzialmente a rischio la solvibilità della compagnia, che adesso ha 60 giorni per rispondere mentre ha già annunciato un piano di rimedi.

Il consiglio di amministrazione, secondo l’authority, non ha svolto il suo compito e il presidente Bedoni ha tenuto «condotte - anche in contrasto con lo statuto societario», che hanno «alterato il processo di formazione delle decisioni in consiglio» e «che, per la loro opacità, hanno pregiudicato il diritto degli amministratori all’assunzione di decisioni informate».

Cattolica Beni Immobili e Cattolica Agricola, per esempio, due società di cui Bedoni è consigliere, «dalla loro costituzione, hanno registrato perdite per euro 23 milioni». Solo nel 2020 Cattolica Beni immobili ha ottenuto dalla capogruppo otto milioni di euro per «gli investimenti pianificati» e per «coprire i fabbisogni di cassa per la gestione ordinaria».

I conti col mercato

A Verona sono pochi quelli che vogliono parlare della faccenda Cattolica, per molto tempo stella della finanza cittadina assieme al Banco popolare (ora confluito in Bpm). Il titolo della compagnia assicurativa valeva più di 20 euro nel 2006, oggi poco più di quattro.

Nel 2019 Cattolica aveva 40mila 500 azionisti: chi ha investito 100mila euro 15 anni fa si trova oggi in tasca un quinto del valore, anche se ha intascato dividendi regolarmente fino al Covid: 120 milioni gli utili nel 2019, mentre il compenso di Bedoni è superiore al milione di euro. Secondo Paola Boscaini, ex vice direttrice della società, che oggi presiede il patto di sindacato tra piccoli soci “Le Api”, «tutti sapevano da anni come funzionava la gestione», ma le critiche si limitavano «a qualche opposizione in assemblea».

Il costo delle relazioni

Negli anni esaminati dall’Ivass, il sistema dei comitati di Cattolica non ha funzionato: quello per il governo societario ha fatto proposte per la governance «sulla base di motivazioni generiche e poco trasparenti», quello nomine «non ha adottato le linee guida» per la composizione del consiglio, quello remunerazioni ha fatto proposte che hanno reso inefficace quanto deciso dall’assemblea, quello per il controllo dei rischi non ha fatto il suo lavoro avvallando investimenti come quello per il campus di H-Farm ma anche le partnership con Banco Bpm costate 755 milioni di euro e su cui oggi c’ è in corso una guerra legale.

Eppure la relazione del 2019 sul governo societario parlava di «ampia collegialità» che «caratterizza l’operato degli organi sociali». E si riportavano i risultati di un questionario di autovalutazione organizzato dal comitato nomine con una società terza che aveva certificato l’adeguatezza del funzionamento del consiglio.

Bedoni, dicono a Verona, ha imparato il mestiere «alla scuola dei campi», quando si nasceva contadini, cattolici e democristiani. Si è trasformato in banchiere, dopo aver guidato la Coldiretti nazionale dal 1997 al 2006. Ai soci di Cattolica ha portato in dono la sua capacità di tessere relazioni: incontrava tutti, raccontano, con una penetrazione nel territorio che serviva a organizzare i consensi.

Oggi la procura indaga su fin dove si sia spinta questa capacità, dopo che l’ex amministratore Alberto Minali, cacciato il 31 ottobre del 2019 per contrasti con il cda, ha inviato esposti alle autorità di vigilanza. Minali, ex ad delle Generali oggi assoldato da papa Francesco per vigilare sulle finanze vaticane, ha portato nel mondo chiuso di Cattolica un investitore come Warren Buffett e una mentalità che mal si sposava con quella del presidente.

Negli esposti alla Consob e in procura si parla di «uno schema di mantenimento del potere attraverso il controllo delle deleghe raccolte tramite agenti, fornitori e consulenti» e a una «rete relazionale» in grado «di influenzare le votazioni in assemblea». Alle accuse la società ha risposto offrendo collaborazione e ribadendo la correttezza dei sistemi di voto.

Le vecchie alleanze

Negli anni d’oro della presidenza Bedoni, nel consiglio della Cattolica sedevano imprenditori come Pilade Riello, presidente dell’omonimo gruppo industriale o come la vicepresidente di Federalimentare, Lisa Ferrarini. Dal 2007 poi Bedoni ha stretto una partnership con la Banca popolare di Vicenza e una alleanza con il suo dominus Gianni Zonin.

Per anni i vertici della popolare di Vicenza stavano nel consiglio di Cattolica, come lo stesso Bedoni in quello di BpVi dal 2007 al 2012. Quando nel 2012 la legge ha limitato le cariche nel caso di incroci societari, Cattolica ha accolto per qualche anno in consiglio Giovanni Sandrini, commercialista che è stato socio dello studio Simonetto Zamberlan, di Giovanni Zamberlan, per quasi trent’anni sindaco della Popolare Vicenza e poi presidente del collegio sindacale.

Nel 2016 Cattolica ha votato contro l’azione di responsabilità nei confronti dei vertici della banca, nonostante i risultati negativi per la compagnia assicurativa. Il vicepresidente di Cattolica Aldo Poli, anche lui membro fino a poche settimane fa del comitato nomine, è poi anche presidente della fondazione Banca del Monte di Lombardia, azionista di Ubi Banca, di cui era azionista anche Cattolica, che in una prima fase ha cercato di difendere dall’assalto poi riuscito di Intesa Sanpaolo.

L'arrivo di Generali

Ma intorno alla cooperativa la finanza italiana è cambiata, e così le alleanze. Quando la società si è trovata con livelli di patrimonializzazione a rischio e l’Ivass ha imposto un aumento di capitale da 500 mlilioni di euro, il sostegno è arrivato da Generali, oggi primo azionista di Cattolica, appena sotto la soglia che fa scattare l’offerta pubblica di acquisto. E assieme al sostegno è arrivato l’appoggio a Intesa sul dossier Ubi.

L’accordo con Generali, contestato da parte dei soci, prevede la tutela «per quanto possibile» del management, dell’occupazione e delle agenzie e assicura la salvaguardia dell'azionista Fondazione cattolica anche per «il futuro assetto societario di Cattolica» o della società che ne deriverà: lì c’è la poltrona che Bedoni si è garantito.

© Riproduzione riservata