I profitti delle imprese e i guadagni degli azionisti crescono esponenzialmente, mentre gli stipendi restano al palo. Tra il 2020 e il 2023 i dividendi delle società a maggiore capitalizzazione al mondo sono cresciuti 14 volte più velocemente dei salari medi negli stessi paesi.

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A certificarlo è l’Oxfam, nella sua nuova analisi diffusa in occasione della giornata internazionale dei lavoratori. E l’Italia fa anche peggio: nel nostro paese, negli ultimi quattro anni, i salari reali sono addirittura scesi.

La situazione nel mondo

Dalla nuova analisi di Oxfam esce un quadro di diseguaglianze sempre più marcato. Nei 31 paesi presi in considerazione dallo studio, che insieme rappresentano i quattro quinti del Pil globale, tra il 2020 e il 2023 i dividendi (aggiustati per l’inflazione) delle 1.200 società a maggiore capitalizzazione al mondo sono cresciuti del 45 per cento (+ 195 miliardi di dollari), mentre nello stesso arco di tempo i salari sono cresciuti mediamente di poco più del tre. Che tradotto significa un rapporto di 14 a uno. Ma se si esclude la Cina, che rappresenta la quota più marcata della crescita globale dei salari, nello stesso quadriennio gli stipendi hanno un segno meno accanto a quel tre per cento.

I ricchi saranno sempre più ricchi. Sulla base del Janus Henderson Global Dividend Index, che esamina l’andamento su base annua del 90 per cento dei dividendi globali, il “monte cedole” è proiettato a raggiungere 1.720 miliardi di dollari nel 2024, superando la cifra record di 1.660 miliardi dell’anno scorso.

Anno dopo anno, i redditi da capitale sono sempre più concentrati nelle mani di poche persone. Secondo i dati di Wealth-X, si stima che l’1 per cento più ricco al mondo detiene oggi il 43 per cento di tutte le attività finanziarie globali. E chi fa parte di questo gruppo, nel 2023, ha incassato in media 9mila dollari in dividendi. Cioè l’equivalente di otto mesi di stipendio di un lavoratore medio nei 31 paesi presi in esame dallo studio.

In Italia

Se nel mondo le diseguaglianze interne dei redditi, da lavoro e da capitale, aumentano di anno in anno, la situazione in Italia è ancora peggiore. Tra il 2020 e il 2023 i dividendi delle società italiane quotate in borsa sono aumentati in termini reali dell’86 per cento, mentre nello stesso periodo le buste paga dei dipendenti del settore privato si sono contratte di quasi il 13. Nello scorso anno i dividendi delle major monitorate da Janus Henderson, menzionate nell’analisi di Oxfam, hanno toccato la cifra record di 18,5 miliardi di euro (+ 17,9 per cento su base annua).

L’Italia, poi, è l’unico paese europeo in cui gli stipendi reali negli ultimi trent’anni sono praticamente rimasti uguali. Cresciuti di solo l’1 per cento tra il 1991 e il 2022, il nostro paese è arretrato alla 22esima posizione tra i paesi Ocse per il livello dei salari medi annuali aggiustati all’inflazione (13 posizioni in meno rispetto al 1992).

«La perdurante moderazione salariale è un problema macroscopico del mercato del lavoro italiano. Altri problemi strutturali riguardano i ritardi occupazionali rispetto ad altre economie avanzate, la bassa qualità lavorativa di giovani e donne, il diffuso ricorso a forme di lavoro atipico che determina marcate disuguaglianze retributive e amplia le fila dei working poor», ha denunciato Misha Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia

Povertà lavorativa su scala globale

I dati diffusi oggi da Oxfam confermano l’allarme lanciato dall’Organizzazione internazionale del lavoro sulla diffusione crescente della povertà lavorativa su scala globale. Nel mondo quasi un lavoratore su cinque percepisce un salario inferiore alla soglia di povertà di 3,65 dollari al giorno a parità di potere d’acquisto.

«I profitti delle imprese più grandi e i guadagni dei ricchi azionisti sono saliti alle stelle, mentre i salari continuano a restare al palo», ha affermato Maslennikov. «Ciò fa sì che milioni di lavoratori non riescano ad uscire dal circolo vizioso della povertà e ad assicurare un livello di esistenza dignitosa per sé e per le proprie famiglie. Una palese ingiustizia, sintomatica di un sistema economico che ricompensa più la ricchezza che il lavoro», ha aggiunto.

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