«Lottò con fermezza contro i crimini commessi da rappresentanti del clero contro minori o persone vulnerabili, richiamando continuamente la chiesa alla conversione, alla preghiera, alla penitenza e alla purificazione». Si conclude con questa affermazione il rogito di Benedetto XVI, vale a dire il testo custodito in un cilindro di metallo che ricorda i tratti salienti della vita e del ministero del papa emerito, dalla nascita ai suoi ultimi giorni, e collocato insieme ad altri oggetti nella bara di cipresso nella quale è stata rinchiusa la salma di Joseph Ratzinger.

Dunque, la grave crisi degli abusi sessuali che ha sconvolto la chiesa negli ultimi decenni, è entrata a pieno titolo nella storia ufficiale del papato. È questo uno degli aspetti degni di nota che hanno caratterizzato le esequie del papa emerito.

Funerali non certo sfarzosi, in linea con la sobrietà richiesta dallo stesso Ratzinger, caratterizzati da un’insolita nebbia che ha avvolto Roma e la cupola di San Pietro nelle prime ora della mattinata. Non sono stati, inoltre, funerali di stato, per l’ovvia ragione che Benedetto XVI, essendosi dimesso nel 2013, non era più nemmeno capo dello stato vaticano. L’omelia è stata invece pronunciata da papa Francesco.

Due erano le delegazioni ufficiali presenti: quella italiana guidata dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni; e quella tedesca, capeggiata dal presidente Frank-Walter Steinmeier, accompagnato dalla moglie Elke Buedenbender.

Erano poi presenti diversi rappresentanti politici e istituzionali ed esponenti delle monarchie provenienti da varie nazioni europee, delegazioni di altre chiese e religioni. Cinquantamila i fedeli che hanno preso parte alla cerimonia in piazza San Pietro secondo i dati diffusi dalla Gendarmeria vaticana.

Messa in latino

I funerali di Ratzinger sono stati accompagnati negli ultimi giorni da qualche polemica di troppo: come quella imbastita attraverso la stampa tedesca dal segretario personale del papa emerito, mons. Georg Gänswein. Intervistato dal Tagespost, Gänswein ha parlato del motu proprio “Traditionis custodes”, con il quale papa Francesco ha fortemente limitato la possibilità di celebrare la messa preconciliare in latino, in precedenza liberalizzata Benedetto XVI. «Quello è stato un punto di svolta – ha detto – credo che papa Benedetto abbia letto questo motu proprio con il dolore nel cuore».
Un’affermazione che, al di là di tutto, non fa che rinfocolare la contrapposizione fra le frange più estreme della galassia tradizionalista e papa Francesco. E come se non bastasse ieri, dopo i funerali, è arrivata un’anticipazione di Nient’altro che la verità, la mia vita al fianco di Benedetto XVI (Piemme), scritto da Gänswein con il giornalista Saverio Gaeta. Nel libro il collaboratore di Ratzinger racconta il momento in cui, nel 2020, papa Francesco gli tolse l’incarico di capo della prefettura della Casa pontificia. «Restai scioccato e senza parole», dice definendosi «un prefetto dimezzato». «Lei rimane prefetto ma da domani non torni al lavoro», avrebbe detto il pontefice. E Benedetto XVI avrebbe commentato ironicamente: «Penso che papa Francesco non si fidi più di me e desideri che lei mi faccia da custode».

Vatican Media

Il declino della fede

Ha scritto in questi giorni Leonardo Boff, storico esponente della teologia della liberazione: «Da notare che solo il 23,18 per cento dei cattolici vive in Europa e il 62 per cento in America latina, il resto in Africa e Asia. La chiesa cattolica è una chiesa del secondo e terzo mondo. I futuri papi verranno probabilmente da queste chiese, pieni di vitalità e con nuovi stili di incarnazione del messaggio cristiano nelle culture non occidentali».

L’“impero cattolico”, del resto, è gonfio di numeri in parte illusori, non a caso il papato è uscito prima dall’Italia e poi dall’Europa: i segni della crisi erano ben visibili da tempo oltre la superficie. Ingannevole è, infatti, il dato del miliardo e 360 milioni circa di battezzati a livello mondiale, una potenza apparente che, osservando le cose più da vicino, si sta in realtà erodendo in tutto l’occidente.

In Europa in primo luogo, dove la chiesa vive un declino costante, e poi negli Stati Uniti, in cui la caduta è solo un po’ attenuata (lo stesso discorso vale per l’Australia). Neanche l’America latina è più un serbatoio inesauribile per il cattolicesimo romano. Il calo delle vocazioni rappresenta un indice negativo allarmante (la vita religiosa, cioè le congregazioni e gli ordini di frati e suore, il corpo missionario della chiesa, si sta rapidamente restringendo), ma soprattutto è la pratica religiosa, la quotidianità della fede per milioni di persone a essere venuta meno.

È la compressione dei matrimoni religiosi, dei sacramenti, di un universo morale e sociale in cui il cattolicesimo era un dato fondante. La chiesa cresce in certe aree dell’Africa e dell’Asia fra conflitti e persecuzioni, ma nessuno può dire con certezza cosa avverrà nei prossimi decenni.

Un funerale-cesura

In tal senso i funerali di Benedetto XVI rappresentano, oltre le contingenze delle contrapposizioni, una cesura fra un passato che sembra definitivamente tramontato e non potrà certo ritornare grazie al reintegro di qualche centinaio di preti lefebvriani nel seno della cattolicità, e un futuro incerto e tutto da costruire. Per questo Bergoglio ha lanciato l’idea di una globalizzazione “poliedro”, costruita a partire dalle diversità culturali, dalle biodiversità naturali, dalle comunità al posto dell’individualismo, dalla gratuità cristiana, rinunciando all’idea di possesso assoluto. In questa prospettiva la creazione diventa di nuovo un dono di Dio da preservare per i figli.

È la lezione di un Vangelo letto alla luce dei segni dei tempi e di un’etica cristiana che indica un’altra strada per la modernità. Su questa base il papa cerca alleanze ecumeniche e interreligiose ma, inevitabilmente, provoca anche strappi, dissensi, rotture. Va da sé che lungo tale crinale si confrontano apertamente e da tempo – con alterni e differenti risultati – anche le altre chiese.

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