Antonio Panzeri lo aveva già detto, ma adesso c'è anche la versione di Francesco Giorgi. Davanti ai magistrati belgi, i due principali indagati italiani per la presunta corruzione all'interno delle istituzioni europee, oltre ad essersi autoaccusati di aver preso tangenti hanno dichiarato che il Qatar voleva finanziare l'elezione di Susanna Camusso a capo del cosiddetto sindacato mondiale con 600 mila euro. E che una parte di questo denaro è stato effettivamente consegnato da Panzeri, in contanti, all'allora assistente di Camusso.

L'inchiesta giornalistica condotta da Domani insieme ad EIC (European Investigative Collaborations), basata su documenti ottenuti dal quotidiano belga Le Soir, permette di fare chiarezza sulla vicenda dei soldi che Doha avrebbe donato alla ex leader della Cgil, oggi senatrice del Pd, per la sua elezione a capo dell'International Trade Union Confederation (Ituc), la più grande federazione sindacale del mondo, con 191 milioni di lavoratori rappresentati in 167 Paesi.

I fatti si svolgono nel 2018. È l'anno in cui, a dicembre, sono in programma le elezioni per la carica di presidente di Ituc. Segretaria generale della Cgil, Camusso è candidata in opposizione all'australiana Sharan Burrow, che alla fine vincerà per una manciata di voti. Qualche mese prima delle elezioni, il Qatar si mostra interessato a sostenere Camusso.

A raccontarlo agli inquirenti belgi è stato per primo Panzeri, nell'interrogatorio tenutosi il 13 febbraio di quest'anno. In quel momento il politico italiano è ancora in carcere a Bruxelles, ma si è già pentito: il 17 gennaio ha infatti firmato un accordo con la Procura in base al quale, in cambio di dichiarazioni «veritiere e complete» sul «coinvolgimento di terzi» e sul «proprio coinvolgimento», otterrà una condanna a cinque anni, di cui uno da scontare ai domiciliari, una multa e la confisca dei beni per 1 milione di euro.

Mazzette e cioccolatini

Il racconto su Camusso – riportato finora solo parzialmente da vari media - inizia da un incontro con i qatarini avvenuto nel 2018 al ristorante “Il Passatempo” di Bruxelles, a pochi metri dal Parlamento europeo. Nel verbale letto da Domani, gli investigatori riassumono quanto dichiarato da Panzeri. «Eravamo in quattro: FG, Al Marri, l’algerino ed io», si legge. Dai vari documenti dell'inchiesta emerge che FG è Francesco Giorgi, allora assistente parlamentare di Panzeri; Ali Al Marri è l'attuale ministro del Lavoro del Qatar, all'epoca dei fatti presidente della Commissione nazionale per i diritti umani (Nhrc), più volte indicato da Panzeri e Giorgi come il principale interlocutore per le tangenti ricevute; l’algerino è invece Bettahar Boudjellal, braccio destro di Al Marri.

Durante l'incontro, dice Panzeri, «mi fu chiesto chi fosse l'italiana che si era candidata in opposizione a Sarah Barrow. Dissi che la conoscevo, perché avevamo fatto militato nella stessa organizzazione sindacale (Panzeri ha fatto parte della Cgil prima di entrare in politica, ndr). Mi risposero che l'avrebbero incontrata ed aiutata volentieri. Ne ho discusso con lei (Susanna Camusso) a Milano e si è detta disponibile per questo incontro».

Il riassunto del verbale di Panzeri continua così: «L’incontro si è svolto qualche settimana dopo, nel giugno del 2018, presso il ristorante “barba nera”, che ora è chiuso». A Bruxelles c'era effettivamente un ristorante italiano chiamato “Barbanera”, che risulta ancora adesso chiuso. Al tavolo, ricorda Panzeri, «eravamo presenti io, l'algerino, Al Marri, lei, il suo assistente Giacomo Barbieri e Giorgi. Non abbiamo parlato di soldi, ma di aiuti ai sindacati africani e mediorientali. Nel precedente incontro, al “Passatempo”, avevamo individuato una somma di 600.000 euro. Questo importo derivava dal seguente ragionamento: a votare sono i sindacati di diversi Paesi, ma per poterlo fare devono essere in regola con i pagamenti delle quote, e molti Paesi che avrebbero potuto sostenere la candidatura di Camusso erano in ritardo con questi pagamenti».

Dunque, Panzeri sostiene che i qatarini fossero disponibili a finanziare la campagna elettorale di Camusso con 600 mila euro. I soldi avrebbero permesso a vari sindacati africani e mediorientali di mettersi in regola con le quote di pagamento all'Ituc, in cambio del voto per Camusso alla presidenza. Com’è finita la storia, è ancora Panzeri a raccontarlo: «Questi 600.000 euro mi sono stati dati dall'algerino a Place Plasky, in una confezione simile a una scatola di cioccolatini, e costituiscono buona parte del denaro trovato a casa mia».

Il riferimento qui va ai 600mila euro in contanti sequestrati dagli inquirenti nella sua casa di Bruxelles il 9 dicembre del 2022. Com’è possibile però che Panzeri sia sia tenuto tutto quel denaro, se era destinato alla elezione di Camusso? «In realtà», ha dichiarato lo stesso Panzeri durante l'interrogatorio, «l'assistente Barbieri mi ha detto poi che molti problemi erano stati risolti, e perciò gli servivano solo 50.000 euro che io gli dato a Place Plasky. Questo però non l'ho detto a FG. Gli ho solo detto che dei 600.000 ne rimanevano 50.000. Li abbiamo divisi: 25.000 euro ciascuno. Mi rimanevano quindi 500.000 euro, che ho tenuto».

La truffa di Panzeri

La versione di Panzeri è stata ribadita, due e mesi e mezzo dopo, da Francesco Giorgi in un interrogatorio finora totalmente inedito. Davanti alle domande degli inquirenti, il 27 aprile scorso il compagno di Eva Kaili (l’ex vicepresidente del parlamento europeo indagata) ha dichiarato: «Per quanto riguarda la sindacalista Camusso, è Panzeri che è andato a recuperare i soldi. È stata l'unica volta in cui è andato a prendere il denaro». Dopo aver raccontato come fosse lui solitamente l'incaricato a prendere fisicamente le tangenti per poi suddividerle con Panzeri, Giorgi ha spiegato: «Era previsto che ricevessimo 600.000 euro. Io ero preoccupato per questo importo. Dovevamo tenere per noi 25.000 euro a testa, e i restanti 550mila dovevano andare a un sindacalista».

Riassumiamo dunque la confessione dei due italiani. Giorgi e Panzeri (quest'ultimo nel 2018 era ancora un europarlamentare) hanno detto agli inquirenti di aver concordato una tangente da 600mila euro con i loro interlocutori qatarini. Soldi che i presunti corruttori avrebbero versato per finanziare la campagna elettorale della Camusso. La quale, tuttavia, non era evidentemente al corrente della somma a disposizione. Quando Barbieri, assistente di Camusso, ha detto a Panzeri che erano sufficienti 50mila euro, il politico del Pd si è infatti tenuto tutto il resto, cioè 525mila euro. E ha dato al socio Giorgi solo 25mila euro.

Camusso non risponde

Alle domande inviate per questo articolo, Camusso non ha risposto. Tra le varie cose, le abbiamo chiesto se davvero nel 2018 abbia partecipato all'incontro con Al Marri, e se in seguito il suo assistente Barbieri abbia ricevuto 50mila euro in contanti da Panzeri. Nessuna risposta specifica nemmeno dallo stesso Barbieri.

L'ex manager della campagna elettorale di Camusso si è limitato a farci sapere di essere in pensione da più di tre anni, ha sottolineato come la Cgil non abbia «mai smesso di sostenere la richiesta di pieno rispetto dei diritti dei lavoratori, migranti e non, in Qatar». E ha aggiunto: «Non ricordo di aver mai conosciuto o incontrato» Panzeri e Giorgi.

Per quanto ci è stato possibile ricostruire, la vicenda dei presunti soldi qatarini destinati a Camusso è finita sul tavolo dei magistrati italiani. I colleghi belgi hanno infatti inviato alcuni documenti alla Procura di Milano. La pm Cecilia Vassena e il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale hanno iscritto nel registro degli indagati Camusso per corruzione, ma non avendo trovato elementi indiziari sufficienti per provare il reato hanno rapidamente chiesto l’archiviazione. Non è chiaro, però, se ai magistrati italiani siano stati mai mandati gli interrogatori originali di Panzeri e Giorgi, quelli in cui i due si autoaccusano di aver ricevuto denaro dal Qatar e averne consegnato una parte all'allora assistente di Camusso.

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