L’Italia fa un primo passo verso il voto online per le elezioni. Il 13 e 14 dicembre avverrà la prima simulazione per scegliere un candidato da mandare in parlamento. Un voto su Internet in assenza di vere elezioni per un test annunciato lunedì dal ministero dell’Interno che coinvolgerà gli italiani all’estero in alcune circoscrizioni consolari di paesi dell’Unione europea.

I residenti di alcune città sedi di consolati italiani riceveranno una lettera nella casella di posta elettronica con un link attraverso cui potranno entrare digitalmente nella cabina elettorale, verificando la propria identità con Spid o Carta d’identità elettronica. Ed esprimere così la loro preferenza senza uscire di casa o dal posto di lavoro.

Elezioni immaginarie

La simulazione, finanziata con un apposito fondo istituito dalla legge di Bilancio 2020 (governo Conte II), si svolgerà mercoledì 13 e giovedì 14 dicembre, secondo le modalità disciplinate da specifiche linee guida approvate nel luglio del 2021 (governo Draghi) con decreto del ministro dell’Interno e del ministero dell’Innovazione tecnologica.

Le varie fasi del voto elettronico – autenticazione dell’elettore, votazione e raccolta dei risultati dello scrutinio – saranno gestite con la piattaforma web E-vote. «Questa procedura innovativa verrà testata in modo graduale e progressivo per verificarne le modalità di funzionamento, l’impatto sul corpo elettorale e i riflessi economici e organizzativi», ha detto Wanda Ferro, sottosegretaria all’Interno di Fratelli d’Italia.

Brutti precedenti

Il voto online è solo una delle modalità di voto elettronico, che può essere effettuato anche presso il seggio con postazioni dedicate, tramite schede perforate o sistemi a scansione ottica. In ambito pubblico ma soprattutto nel privato. L’uso di sistemi di voto via Internet è già una realtà per associazioni e ordini professionali – che così eleggono i loro rappresentanti – mentre nel pubblico è diffuso tra le università, che spesso scelgono online gli organi accademici.

Per quanto riguarda le elezioni politiche, in Italia sperimentazioni di questo tipo non sono state condotte su larga scala. L’utilizzo più rilevante risale al 2017, in occasione del referendum consultivo sull’autonomia lombarda. Per la prima volta sono state impiegate urne fornite di voting machine: l’elettore poteva usare un tablet per rispondere al quesito referendario. L’esperimento non ha dato i risultati attesi, dato che i tempi per lo spoglio non sono diminuiti.

Un test più simile a quello di dicembre è stato condotto due anni fa in alcune circoscrizioni consolari, da San Paolo in Brasile a Houston negli Stati Uniti. In quel caso la prova era legata all’elezione dei Comites, i comitati di rappresentanza degli italiani all’estero. In tutto hanno partecipato 6mila persone, l’11 per cento degli aventi diritto. Secondo il rapporto finale stilato dalla Farnesina dopo quella simulazione, il voto elettronico comporta una serie di criticità, con rischi per la segretezza del voto e potenziali brogli da parte di hacker.

Negli altri paesi

Sistemi di voto via Internet sono già stati testati in molti altri paesi. Negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Estonia il voto online è stato utilizzato anche nelle elezioni politiche e nei referendum. In Svizzera i referendum locali via Internet sono una pratica ormai consolidata, mentre in Estonia molti elettori, se preferiscono, possono votare online sia alle elezioni locali che a quelle parlamentari.

Ma alcuni meccanismi di voto elettronico hanno mostrato scarsa affidabilità e trasparenza. Paesi come Germania e Olanda hanno abolito tale votazione o hanno rinunciato ad adottarla su larga scala per consultazioni pubbliche di carattere politico. Le autorità norvegesi hanno interrotto ogni forma di sperimentazione quasi dieci anni fa, dopo oltre un decennio di verifiche, ritenendo che non offrisse garanzie sufficienti in termini di libertà e segretezza.

Sicurezza a rischio

Se in teoria il voto elettronico potrebbe rendere le elezioni più veloci ed economiche, di fatto si è rivelato meno efficiente di quello tradizionale. Il nodo principale riguarda la segretezza del voto, un tema che viene meno quando il sistema informatico è impiegato per la raccolta di firme (che per loro natura non sono anonime). È il caso dei referendum abrogativi o delle leggi di iniziativa popolare, come mostra anche l’esempio italiano: grazie al decreto Semplificazioni del 2021, in queste occasioni si possono raccogliere le firme in modalità digitale.

Ma l’utilizzo dell’e-voting alle elezioni è sconsigliato da molti esperti per via dei rischi alla privacy e perché non tutela dal voto di scambio. Inoltre, in caso di brogli, con un voto elettronico centralizzato potrebbe essere difficile scoprire la sezione in cui è stata commessa l’irregolarità, causando l’annullamento dell’intera elezione. Altri pericoli riguardano i tentativi di manomissione dei risultati da parte di altri stati e il furto dei dati da parte di criminali informatici.

Il voto fuorisede

Se dovesse avere esito positivo, la “finta elezione” del 13 e 14 dicembre potrebbe aprire le porte al secondo step, la sperimentazione durante un evento elettorale reale. L’appuntamento più vicino sono le europee del giugno 2024, per cui si voterà in modo tradizionale: di persona al seggio con scheda e matita o per corrispondenza nel caso degli italiani all’estero. Un approdo alla fase due non è invece da escludere per le amministrative del prossimo anno.

La vicenda del voto elettronico si incrocia poi con le traversie del voto ai fuorisede, studenti e lavoratori costretti a tornare nel comune di residenza per esercitare un diritto che altrimenti viene loro negato. «Ora speriamo che il governo capisca che non è accettabile lasciare 5 milioni di fuorisede nell’astensionismo involontario», ha detto Vittoria Baldino, deputata del M5s – partito che negli ultimi anni ha sostenuto il voto online con la piattaforma Rousseau, a lungo discussa e poi caduta in disgrazia.

In ogni caso, non si parla di voto online ma di normale voto ai seggi nella legge delega – approvata in prima lettura alla Camera lo scorso luglio – che assegna al governo il compito di approvare i decreti legislativi per consentire il voto ai fuorisede. Una proposta di legge con alcuni punti controversi. Meloni ha deciso di far valere il voto fuori dal comune di residenza solo per le europee e i referendum, escludendo dal testo le elezioni politiche.

Inoltre, se riceverà il via libera anche dal Senato, la legge delega darà all’esecutivo un anno e mezzo di tempo per approvare definitivamente la nuova norma. Il governo sarà quindi libero di scegliere se muoversi in fretta o tergiversare: consentire il voto dei fuorisede già alle europee di giugno o rimandare il tutto a un’elezione futura.

© Riproduzione riservata