Nel mezzo della crisi energetica e del caro bollette, il primo Consiglio dei ministri di Giorgia Meloni detta le priorità del governo: una stretta securitaria fatta di manette e intercettazioni. La premier ha annunciato tre provvedimenti in materia di giustizia, tutti confluiti in un maxi decreto legge insieme alle norme sanitarie sul reinserimento dei medici No-vax in ospedale: tentare di fermare la Corte costituzionale nella dichiarazione di incostituzionalità dell’ergastolo ostativo; rinviare l’entrata in vigore della riforma Cartabia al 30 dicembre e, soprattutto, introdurre un nuovo reato per permettere l’arresto e l’intercettazione degli organizzatori dei rave party. «Lo stato c’è e non si fa mettere i piedi in testa», ha detto.

Il nuovo reato

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha illustrato la nuova fattispecie di reato. Colpisce «l’invasione di terreni e fabbricati finalizzata a raduni, con più di 50 persone, e da cui possano derivare pericoli per l’ordine pubblico e la salute pubblica» e prevede la confisca dei beni utilizzati per commettere il reato, quindi eventuali mezzi di trasporto e casse per la musica nel caso delle feste illegali come quella che in questi giorni si è svolta a Modena. Ma, soprattutto, prevede una pena molto alta: da tre a sei anni.

Il reato, scritto con l’aiuto del ministro della Giustizia, Carlo Nordio – che negli anni si è espresso contro gli eccessi della carcerazione e si è detto contrario all’uso massiccio di intercettazioni – tradisce la linea giustizialista del governo. Prima del Consiglio era circolata addirittura l’ipotesi di prevedere anche l’uso di intercettazioni preventive, istituto ai limiti della Costituzione e oggi previsto solo per reati di mafia e terrorismo internazionale.

Escluso questo eccesso, il nuovo reato è stato comunque costruito per essere il più duro possibile: le pene, infatti, non sono state scelte a caso. La massima fino a 6 anni permette l’uso delle intercettazioni come strumento di indagine e la minima di 3 anni rende più difficile accedere alla sospensione condizionale della pena nel caso in cui i condannati siano incensurati. Non solo: per come è formulato, il reato potrebbe anche essere utilizzato per procedere contro altri tipi di occupazioni. E ha già messo in allarme studenti e operai.

L’ergastolo ostativo

La scelta di inglobare in un decreto legge il testo approvato dalla Camera nella passata legislatura in materia di ergastolo ostativo, infine, non mette comunque al riparo il governo dalla valutazione della Consulta. La Corte ha dichiarato incostituzionale l’automatismo che impedisce l’accesso ai benefici carcerari ai detenuti per reati di mafia, terrorismo, associazione a delinquere per traffico di droga, se non hanno collaborato con la giustizia.

Il testo approvato elimina sì l’automatismo e lega la valutazione sulla concessione dei benefici alla decisione del tribunale dell’esecuzione. Tuttavia, tocca al detenuto dimostrare di non avere più «collegamenti attuali» con la criminalità e con il contesto in cui aveva commesso il reato, oltre a prevedere adempimenti civili nei confronti delle vittime ed elementi specifici sul suo percorso rieducativo.

Una dimostrazione nei fatti quasi impossibile, è la critica, tanto che la legge rischia di non essere in linea con i rilievi della Consulta. Non a caso Meloni ha parlato di difesa dell’ergastolo ostativo rispetto alla dichiarazione di incostituzionalità. Tuttavia, l’ultima parola spetta comunque alla Corte: l’8 novembre si riunirà e valuterà se rinviare le carte al giudice che ha sollevato la questione di costituzionalità oppure, se riterrà che il dl sia la fotocopia peggiorativa della prima legge impugnata, potrà trasferire la questione di costituzionalità sul nuovo decreto legge.

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