La misura è colma: le dichiarazioni della premier Giorgia Meloni contro la magistrata di Catania che non ha convalidato il trattenimento di un migrante tunisino, disapplicando il decreto sulla cauzione da 5mila euro, hanno fatto scattare l’iniziativa dei consiglieri togati del Csm.

Con una netta spaccatura interna, però: la richiesta all’ufficio di presidenza del Consiglio di aprire una pratica a tutela della giudice, infatti, è stata firmata da tutti e 13 i togati di Area, Magistratura democratica, Unicost e i due indipendenti Roberto Fontana e Andrea Mirenda.

I sette togati di Magistratura indipendente, la corrente conservatrice, hanno invece deciso di non sottoscriverla.

La richiesta

Si legge nella richiesta che «un provvedimento giudiziario in materia di protezione internazionale, emesso da un magistrato della sezione specializzata in materia di immigrazione del Tribunale di Catania, è oggetto fin da ieri di dichiarazioni da parte di esponenti della maggioranza parlamentare e dell’esecutivo che, in modi e contenuti, si traducono in autentici attacchi all’autonomia della magistratura.

A prescindere da ogni valutazione di merito dell’atto in questione, l’accusa ai magistrati, con riferimento al contenuto del provvedimento giurisdizionale, di essere “nemici della sicurezza della Nazione, un ostacolo alla difesa dell’ordine pubblico, e di scagliarsi contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto” pone in discussione la funzione stessa della giurisdizione in uno Stato di diritto.

Nel contempo queste dichiarazioni, realizzando una grave delegittimazione professionale del giudice estensore dell’ordinanza, espongono lo stesso a indebiti attacchi mediatici aventi ad oggetto la sua sfera personale». Con queste motivazioni si è chiesta con la massima urgenza l’apertura di una pratica a tutela.

La spaccatura

Tuttavia, la spaccatura in Consiglio è chiara. L’attacco frontale scagliato da Meloni contro le toghe ha riaperto antiche polemiche e i togati speravano di poter dare una risposta unitaria ma Mi, dopo una notte di riflessione, ha deciso di sfilarsi.

Una dinamica non nuova che già si è registrata in questi mesi, secondo alcuni togati. Mi, infatti, ha trovato sponda in consiglio con i laici di centrodestra (7 su 10) e sottoscrivere la richiesta, rispondendo al governo, avrebbe rischiato di provocare una rottura. «Non credo che mancasse la condivisione sulle ragioni dell’iniziativa, ma ha prevalso una valutazione di strategia interna», è l’analisi di una fonte togata. Un’altro firmatario conferma il convincimento: «Hanno avuto un lungo travaglio interno, li ha condizionati il rapporto con i laici di centrodestra».

La strategia, però, viene definita «pericolosa» in un momento in cui la magistratura dovrebbe apparire unita contro gli attacchi all’autonomia della magistratura.

Infatti, in molte giunte locali dell’Anm si è registrata l’adesione anche di Mi alle ragioni di difesa della collega e di tutela dell’autonomia delle toghe.

La risposta di Magistratura indipendente

I consiglieri di Magistratura Indipendente hanno risposto con una nota, per spiegare le ragioni della loro mancata firma. Hanno ritenuto di non intervenire «per non alimentare ulteriormente la dannosa contrapposizione tra istituzioni democratiche in atto, fermo restando il doveroso rispetto delle decisioni giurisdizionali e l'auspicio che la legittima critica degli stessi abbia a oggetto il loro contenuto. La militanza politica non ci appartiene», si legge.

«Non abbiamo ritenuto opportuno sottoscrivere perchè a prescindere dal merito noi al Consiglio non facciamo politica», ha aggiunto la consigliera del Csm Bernardette Nicotra, togata di Mi.

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