È ormai chiaro che Vladimir Putin ha premeditato da tempo l’Anschluss dell’Ucraina e ora deve conseguirlo a qualsiasi costo: con la propaganda di guerra, la censura dell’informazione libera e la repressione del dissenso in patria, con le file infinite di truppe ammassate sul territorio di uno stato sovrano, lancio di ordigni per sventrare intere città, uccidere migliaia di persone inermi e seminare terrore, sostituendo appena possibile non solo il governo democraticamente eletto ma anche buona parte della popolazione attraverso un esodo forzato di massa e prendersi quello che considera un suo “spazio vitale”.

Era già intuibile quando ha invaso la Crimea promettendo ai residenti di rifarne la perla turistica del Mar Nero e l’ha subito trasformata in una base militare per attaccare l’Ucraina e minacciare l’Europa.

Il definitivo disvelamento della natura autoritaria e aggressiva del regime putiniano ha costretto anche la Germania a prendere posizioni prima impensabili. Ha riunito la Nato e la Ue nel tentativo di sostenere gli aggrediti e sanzionare l’aggressore, così come la gran parte dei paesi rappresentati all’Onu nella condanna anche se, va detto, non Cina e India (tra i 35 astenuti) che da sole includono il 35 per cento della popolazione mondiale.

Le ossessioni del regime putiniano pongono ai paesi democratici un dilemma diabolico: se assistere al massacro di un paese amico assecondando le pretese di Mosca o rischiare una progressione smisurata del conflitto.

Nemmeno i governi che dispongono di informazioni a cui noi altri umani non abbiamo accesso possono dire con certezza fin dove ci si può spingere con le sanzioni e gli aiuti per costringere Putin a negoziare davvero, senza correre quel rischio.

Quindi, è del tutto ovvio che persone, gruppi, movimenti politici, nei paesi liberi, esprimano posizioni divergenti, improntate a gradi diversi di cautela e basati anche su giudizi molto diversi sulle cause.

Tale diversità di opinioni ha un effetto sulla politica interna italiana di importanza decisamente minore, rispetto alla portata storica della immane tragedia a cui stiamo assistendo.

Tra destra e sinistra

I tragici deliri di Vladimir Putin avrebbero potuto mettere in difficoltà soprattutto i suoi estimatori del passato, collocati in prevalenza a destra. Ma Matteo Salvini, Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni hanno dovuto rapidamente prendere atto che la pace non si ottiene lasciando che Putin rada al suolo e si annetta l’Ucraina. O se lo pensano, dissimulano benissimo.

Al contrario, ancora una volta, il cuneo più profondo rischia di crearsi dall’altra parte dello spettro politico, tra il pacifismo variamente connotato da venature anti-atlantiche e la nitida posizione tenuta sin dal primo momento dal segretario Pd, Enrico Letta. Lo segnalano vari indizi.

Sono note le posizioni dell’Anpi, che ha prima indicato l’allargamento ad Est della Nato come una spiegazione sufficiente per un intervento russo in Ucraina, poi ha sostenuto che la pace si difende lasciando che gli ucraini si difendano come possono con i mezzi di cui dispongono. Abbastanza strano per una organizzazione che commemora la lotta partigiana.

Un altro indizio poco noto ma eloquente è fornito da un appello lanciato il 24 febbraio dalla Rete delle Università per la Pace - una struttura creata dalla Conferenza dei Rettori (Crui) - da cui è esclusa qualsiasi esplicita imputazione delle responsabilità per quanto stava accedendo e che, in un perfetto equilibrio tra le parti, esprimeva «autentica solidarietà per le persone coinvolte e particolare vicinanza all’intera comunità accademica tanto in Ucraina quanto in Russia».

Frase corretta qualche giorno dopo in un testo solo parzialmente rimaneggiato dalla Crui. Abbastanza strano per istituzioni che hanno giustamente promosso mobilitazioni di massa e puntato il dito contro l’autoritarismo del regime egiziano per aver incarcerato un loro studente.

Contro l’Ucraina

Ci sono poi le posizioni di autorevoli analisti secondo cui, dopotutto, l’Ucraina è un paese instabile, democratico per modo di dire, essendo attraversata da oligarchie, mafie e movimenti di destra, anche neonazisti, come Pravyi sektor.

Fino ad arrivare al rilancio post mortem, sui social, della narrazione filorussa offerta da Giulietto Chiesa, che già nel 2015 poteva “predire” la terza guerra mondiale esprimendo già allora una visione assonante con quella ancora oggi fatta propria da Vladimir Putin: l’attacco all’Ucraina, a partire dal «colpo di Stato del 2014» è frutto della guerra condotta dagli Stati Uniti contro la Russia con l’assistenza logistica «dalla Polonia e dalle Repubbliche baltiche, quattro paesi parte dell’Ue che non sono mai stati denazificati».

Per inciso, nel 2014 le proteste di massa portarono alla estromissione del presidente Viktor Yanukovych che, contraddicendo le decisioni prese a larga maggioranza dal parlamento per un accordo economico con l’Ue, ne aveva al contrario stipulato uno con la Russia.

Pravyi sector (Settore Destro) è effettivamente un movimento di violenti nazionalisti. Tuttavia, l’alleanza di cui era parte insieme ad altri quattro gruppi simili, ha preso il 2,1 per cento dei voti e due seggi parlamentari su 450 alle elezioni del 2019. Mentre Zelensky è stato eletto Presidente con il consenso del 73 per cento dei votanti.

Naturalmente, tutti speriamo di non doverci trovare di fronte a dilemmi morali spietati. Gli indizi ci dicono che se il governo italiano e l’Unione Europa dovranno prendere decisioni ancora più impegnative di quelle delle ultime settimane, la divergenza delle opinioni diventerà più acuta, soprattutto a sinistra.

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