Il presidente francese Emmanuel Macron, durante il suo primo mandato, aveva esaltato il ruolo dell’Unione europea come attore centrale nel panorama internazionale e, di seguito, aveva sentenziato, anche per épater les bourgeois, la morte celebrale della Nato.

Le due posizioni erano connesse, secondo Macron. Al decadimento della Nato per esaurimento della sua mission fondativa e per lo stesso disinteresse americano (era l’epoca Trump) doveva fare da contrappeso una Europa che (ri)definisse i propri obiettivi nello scacchiere mondiale.

Ovviamente non era in discussione l’Alleanza atlantica, nonostante alcune letture superficiali del messaggio macroniano. Piuttosto, è stata l’insistenza del presidente Barack Obama sulla centralità dell’impegno Usa in Asia, per cui l’America doveva assumere un ruolo da “pivot” in quell’area, e la inaffidabilità politica di Donald Trump, oltre al suo sovrano disinteresse per il teatro europeo, a motivare le iniziative del presidente francese.

In più, l’uscita dall’Ue della Gran Bretagna, potenza nucleare e, per tradizione non ancora dismessa, attore con visioni globali, rendeva necessario un ripensamento della visione strategica del vecchio continente. Dopo anni di gestazione è stata varata, per ironia della sorte poche settimane dopo l’invasione russa in Ucraina, una Bussola strategica che individua quattro assi di intervento per aumentare l’autonomia strategica e l’influenza geopolitica dell’Ue: creazione di una forza di intervento rapido di 5.000 uomini, preparazione alla cyber and satellite war, investimenti nel settore della difesa, rafforzamento del multilateralismo.

Ovviamente la guerra russo-ucraina costringe a una ulteriore riflessione sulla opportunità e praticabilità degli obiettivi e dei mezzi prefigurati. Ma la questione del posto dell’Europa nel mondo non solo rimane: diventa cruciale.

Macron e la Cina

Nelle tanto criticate (a sproposito vista la scarsa confidenza con la lingua transalpina) dichiarazioni di Macron a seguito della visita in Cina, non c’era alcuna ipotesi di sganciamento dall’Alleanza atlantica. Tutt’altro. Il presidente francese ha riconfermano la necessità di una Nato forte e coesa ma, al contempo, ha sostenuto che essere alleati significa avere pari dignità, non essere «vassalli».

Una alleanza militare non implica automaticamente identità di vedute su ogni aspetto: possono esistere, ed esistono, interessi diversi e persino divergenti. L’elenco è lungo e basti pensare al sovrano disinteresse dell’America per quanto accade nel Mediterraneo largo, con tutta la potenziale instabilità che proietta sul nostro continente.

Poi si può continuare, dalla politica economica e commerciale impostata sull’America First di Trump e proseguita da Joe Biden, al latente conflitto euro-dollaro, al rapporto con la Cina. Da questi diversi, legittimi, interessi nasce la teoria dell’autonomia strategica dell’Europa che, tra l’altro, è stata fatta propria dall’attuale governo tedesco nei termini di sovranità strategica.  

Due difficoltà

Ma questo obiettivo si scontra contro due difficoltà. La prima riguarda quanto gli Stati Uniti siano favorevoli a vedere una Europa che, per quanto solidamente alleata, pensi, in primis, ai suoi interessi, come del resto fanno gli Usa.

Quando nel 1998 le due potenze nucleari continentali, Francia e Gran Bretagna, firmarono un accordo per costruire un esercito integrato, nocciolo di un futuro esercito europeo, nel giro di qualche ora piovvero fulmini dall’allora segretario di stato americano Madeleine Albright per bloccare l’iniziativa. Forze armate comuni, benché siano auspicate dalla maggioranza dei cittadini europei, compresi i polacchi (dati dell’Eurobarometro), non hanno alcuna possibilità di realizzarsi fino a ché non ci sarà un via libera americano. Che potrà avvenire con spirito collaborativo o per disinteresse, viste le altre priorità degli Stati Uniti.  

La seconda difficoltà investe l’interesse per una difesa comune da parte di alcuni governi, dato che la Polonia e i baltici, come minimo, stanno seguendo una strada sempre più indipendente dal resto dell’Europa, quasi volessero candidarsi a essere le stelle europee della bandiera americana.

La provocazione di Macron va quindi ben oltre il contenzioso alleati/vassalli degli Usa. Richiama, come sottotesto, la necessità di modificare le regole di funzionamento dell’Ue in termini di sicurezza e difesa: con l’ambizione di ridisegnare l’Unione a più cerchi concentrici, con alcuni paesi che vogliono integrarsi sempre di più, e altri che vogliono condividere solo accordi commerciali e poco più. Del resto, secondo una famosa espressione – e come vediamo oggi in Ucraina – sono le guerre che fanno gli stati.

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