Purtroppo senza una adeguata copertura mediatica, il 23 marzo il governo Meloni su iniziativa del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha presentato un disegno di legge per realizzare il Museo della Shoah e il nuovo percorso espositivo riguardante la persecuzione italiana presso il “Blocco 21” del Museo di Auschwitz-Birkenau.

La nascita di un museo è sempre una buona notizia, se oltretutto è dedicato alla Shoah, argomento centrale nella storia dell’umanità, lo è ancor di più perché investe la storia e educazione civica di una nazione. Oggi i musei della Shoah sono presenti in numerosi stati: i più famosi sono a Parigi presso il Memorial de la Shoah, a Gerusalemme allo Yad Vashem e Washington l’Holocaust Memorial Museum; queste strutture sono diventate punti di riferimento rispetto alla storia della Shoah, ma anche del rapporto che questi paesi hanno con la storia della seconda guerra mondiale e conseguentemente anche con la loro interpretazione dei diritti civili ed umani.

La propria narrazione

Se oggi osserviamo il panorama mondiale possiamo facilmente notare che molti stati premono fortemente per costruire una propria narrazione di stato rispetto a quegli argomenti ma questa è spesso svincolata dalla letture prodotte dagli storici. Questo accade soprattutto negli stati dove governano forze sovraniste.

L’esempio che dimostra bene quanto peso hanno oggi queste politiche ce lo porta Vladimir Putin, che come primo argomento per giustificare l’invasione in Ucraina ha sostenuto che quel paese doveva essere denazificato e di recente ha affermato che il sostegno del Giappone alla causa ucraina equivale a ricreare il Patto Tripartito della Seconda Guerra Mondiale.

Per tale motivo tutti egli enti che parlano di Seconda guerra mondiale, come i musei della Shoah, hanno un ruolo orientativo veramente importante, perché guidano i governi verso letture e indirizzi della storia che hanno influenza sulle politiche attuate oggi. 

Il valore del museo

All’apprendimento di questa notizia il primo sentimento è di soddisfazione, perché dopo tanti anni finalmente anche l’Italia potrà avvalersi di un Museo della Shoah (e riavere il suo spazio espositivo ad Auschwitz), il secondo è invece è un misto di preoccupazione e stupore, questo perché nel terzo comma nella relazione tecnica della legge è scritto che si prevede «che la Fondazione Museo della Shoah sia posta sotto la vigilanza del ministero della Cultura che programma le attività museali anche tenuto conto degli indirizzi della presidenza del Consiglio dei ministri. La previsione che la programmazione dell'attività del Museo si svolga tenuto conto degli indirizzi della presidenza del Consiglio dei ministri discende dal fatto che, con appositi decreti del presidente del Consiglio dei ministri, sono stati istituiti presso la presidenza del Consiglio dei ministri il Comitato di coordinamento per le celebrazioni in ricordo della Shoah e la Commissione per il restauro e nuovo allestimento del percorso espositivo italiano del “blocco 21” del Museo di Auschwitz-Birkenau»

Queste righe ci comunicano che la costruzione del Museo della Shoah sarà sottoposta al controllo diretto di Giorgia Meloni, la leader di un partito politico che ha ancora nel suo simbolo l’effige del Movimento sociale, l’erede diretto dei Repubblichini di Salò, coloro che parteciparono attivamente alla persecuzione delle vite, catturarono, incarcerarono e deportarono gli ebrei italiani.

Una precondizione sicuramente non incoraggiante, che non trova nessuna rassicurazioni neanche nella relazione tecnica (?) della legge visto che in essa non si trova traccia né della parola fascismo, né delle responsabilità degli italiani in senso generale.

Scenari ambigui

Su questo museo si aprono quindi scenari ambigui: un primo ministro, qualunque esso sia, può avere un potere cosi influente da modificare l’indirizzo culturale di un Museo? No, nessuna istituzione culturale deve essere sottoposta a limitazioni della sua libertà da parte di un potere politico, se non quelle dettate dalle scienze e della libera coscienza di chi è chiamato alla gestione.

Nessun presidente del Consiglio può avere questi poteri, a maggior ragione questo vale per la presidente Meloni che ha un pedigree così problematico come il suo, così compromesso con le forze che collaborarono e realizzarono la Shoah in Italia. La Shoah non va istituzionalizzata e soprattutto non va politicizzata da parte di nessuna autorità, deve rimanere al di fuori della contesa politica.

Questo avvenimento non va assolutamente sottovalutato, le implicazioni storico-politiche sono tantissime, l’immagine della Shoah deve essere rappresentata in tutta la sua complessità, e oggi uno degli aspetti più innovativi e studiati è quello di approfondire chi fu il carnefice.

Oggi sappiamo che su 6 milioni di vittime, 2 non furono uccise dai tedeschi ma dei collaborazioni di tutt’Europa, tra cui gli italiani che fino all’ultimo furono alleati dei nazisti nell’attuazione delle loro politiche.

Il rischio è quello di presentare un’immagine distorta, che riduca le colpe del fascismo alla promulgazione delle leggi razziali e che scarichi tutte le altre responsabilità in capo al “cattivo tedesco” mantenendo immacolata la falsa immagine degli italiani "brava gente”.

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