Leggendo le parole di Davide Assael su queste pagine, che ci ricordavano come annacquare la rilevanza del Giorno della Memoria e il suo significato per l’identità europea ci renderebbe tutti più deboli, mi veniva in mente il libro di Pierre Vidal-Naquet sul negazionismo storico, Gli assassini della memoria (Viella, 2008).

In particolare, pensando al valore universale e allo stesso tempo specifico della Shoah, mi veniva alla memoria questo passo: «Coloro che pretendono di negare l’esistenza stessa della Shoah, e che si autodefiniscono “revisionisti” – oggi vengono chiamati piuttosto negatori – cercano di colpire ciascuno di noi – che si abbia vissuto la Shoah direttamente o indirettamente, direi persino che si sia ebrei o no – nella propria memoria individuale» (p. 224).

Mi è sempre parso, questo, il modo migliore per dire l’offesa del negazionismo e il valore della memoria: chi può vivere senza memoria? La cosa che più ci spaventa, in fondo, non è perdere la memoria di noi, del nostro passato, di chi siamo? Negare la memoria collettiva è un attacco a ognuno di noi.

Ma, ovviamente, questa memoria a cui teniamo così tanto ci preme anche e perché è specchio della realtà, perché è un segno del reale – il discorso storico è tale, dice sempre in quel libro Vidal-Naquet, perché si collega a «ciò che in mancanza di meglio chiameremo il reale» (p. 186).

Vogliamo ricordarci del nostro passato e di chi siamo perché è quello che siamo, non per raccontarci un mito che ci consola.

Se le cose stanno così, il significato della memoria e del Giorno della memoria si estende ancora, per esempio al valore della verità – anche al di là della verità storica. Nella prefazione alla prima edizione de Gli assassini della memoria, Vidal-Naquet scrive: «Un dialogo tra due uomini, sebbene avversari, presuppone un terreno comune, un comune rispetto, in questo caso della verità. Ma con i “revisionisti” questo terreno non esiste. Sarebbe forse immaginabile il dialogo fra un astrofisico e un "ricercatore” che affermasse che la luna è fatta di formaggio Roquefort?» (p. 56)

L’assassinio della memoria, l’oblio tendenzioso stanno sullo stesso piano della negazione della verità scientifica e dell’idea che di verità ce ne siano tante, a seconda di chi parla. Non per niente Vidal-Naquet rifiutava le visioni relativistiche e post-moderne della storia in voga negli anni Ottanta del secolo scorso, sinistramente coeve a molte ondate di revisionismo storico.

Nell’approssimarsi del Giorno della memoria, dunque, dobbiamo riflettere sull’unicità dell’Olocausto e sulla sua natura fondativa per l’identità europea, ma anche su altri pericoli di negazione della verità. Per Vidal-Naquet, le camere a gas furono sin dall’inizio tanto l’arma del crimine quanto lo strumento della sua negazione.

E ciò soprattutto perché le catene di responsabilità dello sterminio erano state artificiosamente e perversamente frammentate, costruendo uno «strumento di morte anonimo», di cui «nessuno è responsabile».

Le camere a gas riproducevano «la situazione che crea Ulisse quando prende il nome di Nessuno (Outis) e il disgraziato Polifemo grida che Nessuno l’ha accecato» (la colpa sta alle radici della nostra civiltà, si noti): «Chi è l’assassino? Il medico che seleziona, lo Häftling che conduce la folla dei condannati, le SS che introducono nella camera a gas lo Zyklon B? Nessuno è il carnefice perché tutti partecipano all’uccisione, cosa che rende facile tutte le negazioni» (p. 225).

Quest’acuta ricostruzione dell’abietta dissoluzione di responsabilità perpetrata dai nazisti mi ricorda la dinamica causale del cambiamento climatico: nessun individuo ne è responsabile, ma i danni alle generazioni future derivano dalla partecipazione di noi tutti (almeno nell’occidente industrializzato e in alcuni paesi come la Cina e l’India).

E i danni ai posteri derivano dall’accumularsi delle nostre azioni con quelle dei nostri antenati. Anche in questo caso la negazione è facilitata dalla dispersione di responsabilità. Negare le verità scientifiche, come negare le verità storiche, è una tentazione perversa quando siamo tutti responsabili.

Recensendo il libro di Vidal Naquet sul Corriere,  Carlo Ginzburg ricordava quanto scriveva Walter Benjamin: «Neppure i morti saranno al sicuro».

Pensando al rischio che stiamo facendo correre alle generazioni future potremmo dire che neanche i non ancora nati sono al sicuro. Pensando all’impasse della politica sulle questioni ambientali, c’è da temere che i nostri discendenti dedicheranno un giorno a ricordare la nostra colpevole ignavia di oggi. Siamo ancora in tempo per evitarlo.

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