L’indirizzo che il governo della legalità intende assumere nei confronti dell’illegalità in campo fiscale con la legge delega appena approvata è quanto meno ambiguo, così come lo sono gli slogan che lo accompagnano nella comunicazione.

Slogan 1: Bisogna dare al contribuente più serenità e più garanzie nei confronti dello Stato. Uno slogan che si pone in continuità con l’invocazione ripetuta di “tregue” e “paci” fiscali che hanno portato all’adozione di dodici condoni in legge di bilancio.

Secondo il Rapporto sull’evasione fiscale allegato all’ultima Nadef, nel 2018 l’evasione relativa alle principali imposte del nostro ordinamento è stata di circa 90,6 miliardi, il 5,4 per cento del Pil. Per capire la drammaticità di questo importo basti pensare che, nello stesso anno, la spesa pubblica in istruzione rappresentava il 4,0 per cento del Pil.

Dei 37,1 miliardi di evasione attribuibili all’Irpef, 32,8 riguardano il reddito di impresa e di lavoro autonomo che fanno registrare un tasso di evasione pari al 67 per cento.

Un paese che tollera un’evasione così rilevante, addirittura stratosferica per alcune categorie di soggetti, può davvero essere considerato un paese in cui il fisco è in guerra con il contribuente, è vessatorio nei suoi confronti, lo perseguita? Un fisco nei confronti dei quali è necessario ergere nuovi strumenti di difesa, invocare tregue e paci fiscali?

Certo, bisogna proseguire nello sforzo, intrapreso orami da diversi anni, di favorire l’adempimento spontaneo. Sicuramente è giusto prevedere, come fa la delega, che al contribuente non si debbano richiedere più volte gli stessi documenti e che gli sia permesso un confronto più ampio con l’amministrazione, alla cui qualificazione e dotazione di mezzi andrebbero però dedicati maggiori investimenti.

Non si può invece costruire quel mix, che la delega introduce, di minori sanzioni, parziali depenalizzazioni, minori tassi di interesse, differimenti incondizionati fino a dieci anni dei pagamenti dovuti, depotenziamento di alcuni strumenti di accertamento e sdoganamento strutturale delle definizioni agevolate (condoni, in italiano corrente) nel campo del contenzioso che rischiano di determinare una convenienza economica a non pagare.

Sull’evasione

Slogan 2: Occorre prevenire l’evasione piuttosto che combatterla. Finalità condivisibile.  Peccato che lo strumento principe per perseguirla sia, secondo il governo, quello di piegare l’utilizzo delle banche dati, non già a favorire la correttezza del comportamento dichiarativo del contribuente, ad esempio tramite dichiarazioni precompilate, o a verificare l’effettiva sussistenza di una sua difficoltà a pagare, ma a contrattare con lui le tasse dovute nei due anni successivi.

Un “concordato preventivo”, che, proprio in quanto volontario, verrà apprezzato dal contribuente solo se gli permetterà di pagare meno o comunque non di più di quanto normalmente pagherebbe, rischiando quindi di cristallizzare la situazione attuale, caratterizzata, come si è detto, da un tasso di evasione del 67 per cento. L’evasione non viene prevenuta, viene legalizzata.

Slogan 3: Se un contribuente dichiara tutto correttamente e poi non paga non va sanzionato: non è un evasore, è un contribuente in difficoltà.  

I numeri del Rapporto sull’evasione parlano chiaro: dei 32 miliardi di evasione relativi all’Iva, nel 2018 e quindi in epoca pre-pandemica, ben 9,5 riguardano Iva dichiarata ma non versata.

Un fenomeno molto grave secondo la Corte dei Conti «divenuto da tempo una impropria modalità di finanziamento e in non pochi casi una modalità di arricchimento illecito, attraverso condotte preordinate all’insolvenza».

Agevolazioni senza controllo

Esistono indubbiamente molti casi di contribuenti che davvero sono in difficoltà a versare le imposte. A questi va prestata la massima attenzione.

Dovrebbero dichiarare correttamente le imposte e chiedere e ottenere contestualmente adeguati processi di rateizzazione.

Ma non si deve invece accettare e premiare chi dichiara, non versa, e solo se e quando viene scoperto chiede una rateizzazione, né che questa rateizzazione venga concessa senza adeguato controllo sulla vera situazione di difficoltà economica e permetta di accedere a pagamenti lunghissimi, spesso interrotti da processi di rottamazione delle cartelle o di rimessa in bonis in caso di inadempienza.

Se si vogliono davvero aiutare le persone in difficoltà e non fare un regalo a chi non vuole, pur potendo, versare le imposte, perché non si è accettato il mio emendamento alla legge di bilancio, e neppure l’ordine del giorno che avevo presentato, per chiedere che la definizione agevolata prevista fosse condizionata alla verifica della vera condizione economica del contribuente, per cui già esiste una procedura nel nostro ordinamento?

La risposta è che la linea del governo va nella direzione opposta. Nella delega, in particolare, la «sopraggiunta oggettiva impossibilità di pagare» diventa fattore di depenalizzazione per reati fiscali, senza attenzione al fatto che questa oggettiva impossibilità sia sopraggiunta molto dopo rispetto al momento in cui l’obbligazione tributaria andava assolta.

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