Il Consiglio nazionale del Movimento Cinque stelle ha chiesto un nuovo incontro tra Giuseppe Conte e Mario Draghi. Ma la proposta dell’Aventino resta all’orizzonte.

E’ probabile che Conte riesca a stabilizzare il suo partito su questa posizione più moderata. Ma non si può a priori escludere l’Aventino.

Vale quindi la pena di riflettere sulla dinamica pentastellata in questa estate disastrata e sulle implicazioni di una scelta radicale. 

E’ evidente che con l’Aventino la situazione del paese non migliorerà. Anche perché la realizzazione delle proposte più salienti dei Cinque stelle – quelle legate al lavoro e alla precarietà – non si ottiene né in tempi brevi né con l’Aventino.

Le urgenze di cui si fanno oggi rappresentanti vi erano anche prima di queste ultime settimane. Eppure i Cinque stelle non erano così mobilitati.

Quei nove punti non erano dei Cinque stelle quando i Cinque stelle fecero la campagna elettorale per le elezioni del 2018 e non lo erano né quando governavano con la destra né quando governavano con la sinistra.

Il passaggio dal movimento al partito ha richiesto tempo, e giunge oggi a maturazione.

La nascita di un partito (che si prevede vicino alla sinistra) è una buona cosa.

Il fatto é che la crisi trasformativa dei Cinque stelle ha un riflesso diretto non solo sul governo, ma prima ancora sul paese che non ha alcun interesse a subire questa crisi latente.

La trasformazione dei Cinque stelle avviene in un momento in cui non si ha alcuna idea di quale sia l’entità di questo partito fuori del parlamento. L’entità la si conoscerà solo alle prossime elezioni.  

Questo spiega la radicalizzazione impressa da Conte in queste ultime settimane, la sua legittima volontà di arginare quel si paventa sarà una slavina.

 Il fatto è che mentre il mondo crolla a pezzi, come dice una canzone, gli amici dei Cinque stelle trovano il tempo per elaborare strategie nella speranza di portare a casa un voto non disastroso in un parlamento che loro per primi hanno voluto decurtato così radicalmente.

Intanto, non è che i salari da fame siano resi più equi, che la precarietà sia arginata, che la riforma del fisco vada verso una giustizia redistribuiva (per la quale a tutt’oggi nessun partito ha davvero lottato, neppure i Cinque stelle).  

Che governo sarà quello con i Cinque stelle sull’Aventino? Un appoggio esterno non avrà la capacità di migliorare l’azione del governo, ma machiavellicamente darà fiato alla narrativa della prossima campagna elettorale: i Cinque stelle potranno addossare la responsabilità di quel che funziona peggio a coloro che sono restati (e non é che loro non ci fossero quando potevano far funzionare meglio le cose!).  Una tattica che pare anche il populista Salvini si prepari a imitare.

I Cinque stelle hanno governato praticamente per l’intera legislatura, con tutte le coalizioni possibili ma potranno dire di non essere responsabili del peggio mentre si intesteranno il meno peggio (che pure vi è stato).

Visto da fuori e in un momento così drammatico, questo gioco della responsabilità non è un’immagine edificante.

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