Negli ultimi tempi il segretario del Pd Enrico Letta è stato spesso criticato per certe sue affermazioni non proprio brillanti e azzeccate, come quella sulle devianze, in risposta a Giorgia Meloni. Ma la proposta di Letta sulla obbligatorietà della scuola dalle materne alle scuole superiori è in buona parte condivisibile.

Gli anni vissuti in Francia hanno permesso a Letta di conoscere l’organizzazione della scuola francese, in parte criticabile perché basata sulla meritocrazia, ma molto efficace per la formazione della classe dirigente del paese, che dopo il diploma di scuola media superiore (Bac) segue la preparazione per essere ammessa alle Grandes écoles, come l’École Polytechnique o l’École des MInes.

La famosa Ena (Scuola Nazionale di Amministrazione) è stata di recente chiusa dal presidente francese Emmanuel Macron malgrado le proteste del mondo della scuola. Il Bac si consegue dopo quattro anni di scuole medie e tre di liceo, quindi un anno prima che in Italia.

Letta ha potuto anche vedere come funziona la scuola materna (crèche) che ricorda le scuole materne di Modena e Reggio Emilia, famose in tutto il mondo negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso. A queste scuole pubbliche e gratuite si sono pian piano sostituite troppe scuole materne costose, pubbliche e private, che hanno accentuato le disuguaglianze sociali.

Sarebbe quindi auspicabile poter tornare a un sistema nazionale di scuole materne, soprattutto nel sud del paese che è rimasto arretrato rispetto al nord. Stupisce che una parlamentare intelligente come la ministra per il Mezzogiorno Mara Carfagna parli di «stile sovietico».

Il modello emiliano

Nelle famose scuole materne dell’Emilia rossa non si leggeva il Capitale di Karl Marx ma si allevavano rampolli con i più moderni sistemi pedagogici, premessa indispensabile per un curriculum di studi produttivo e di successo.

Carfagna sa bene quello che non si è fatto nel sud per le scuole materne e appartiene purtroppo a quella destra che ha sempre favorito la scuola privata, anche per raccogliere i voti del mondo cattolico.

Anche l’obbligatorietà della scuola fino al diploma di scuola media superiore può essere un passo necessario per elevare il livello di scolarità e di cultura del nostro paese, che si trova all’ultimo posto nelle statistiche dei paesi dell’Unione europea. Indici che sono ben riflessi dalla classe politica attuale.

L’esito probabile delle prossime elezioni del 25 settembre potrebbe offrirci un primo ministro neppure laureato, Giorgia Meloni, in possesso di un diploma di liceo linguistico il cui risultato di apprendimento è stato posto in dubbio dopo l’intervista alla Fox TV.

La situazione non è diversa per il caso di Matteo Salvini, segretario della Lega e probabile futuro ministro. Abbiamo ancora in carica un ministro degli Affari esteri che non è riuscito a terminare gli studi universitari e che ha confuso il Venezuela con il Cile. Sappiamo bene che una laurea da sola non è sufficiente ad elevare le qualità professionali e culturali di una persona, ma resta la dimostrazione di aver raggiunto un obiettivo scolastico elevato e un grado di cultura legato a quella laurea.

Non è un caso che per occupare molti posti della pubblica amministrazione occorra essere in possesso di un diploma di laurea. E questi laureati della pubblica amministrazione sono spesso guidati da ministri di un livello culturale inferiore.

La quarta missione del Pnrr

La quarta missione del Pnrr riguarda l’istruzione e la ricerca. Un primo obiettivo è quello di “Potenziare l’offerta di formazione a tutte le età”, quindi dalle materne all’università come dice giustamente Enrico Letta.

Il secondo è quello di innalzare il potenziale di crescita del sistema economico. E quest’ultimo lo si innalza solo con investimenti nell’istruzione e nella ricerca da cui nasce l’innovazione, quindi la crescita.

I fondi del Pnrr servono a raggiungere questi obiettivi con una scuola gratuita e obbligatoria, una scuola che va urgentemente riformata per dotarla di un corpo docente di altissimo spessore. Credo che gli investimenti in scuola e ricerca abbiano per un paese il più alto tasso di ritorno sull’investimento. Questo dovrebbe essere il primo obiettivo del governo che uscirà dalle prossime elezioni del 25 settembre.

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