Questo è probabilmente l’ultimo libro che scrivo» spiega lo stesso Angela nella prefazione firmata poco prima della sua scomparsa, avvenuta il 13 agosto 2022. «Non pensavo di farlo, ma poi ho riflettuto che forse ne valeva la pena. È un libro che voglio scrivere anche per me stesso, oltre che per i lettori».

E La meraviglia del tutto è una lunga e appassionante conversazione, un dialogo alla maniera degli antichi filosofi, per affrontare le grandi domande dell’uomo: da dove veniamo, chi siamo, che cos’è l’universo, che cos’è la vita, che cosa sono il pensiero, l’amore, che cosa ci attende… il tutto interpretato alla luce della scienza

. Leggere questo libro è stata una grande emozione anche per i suoi figli: «Per noi è stata una sorpresa incredibile vedere come, nonostante tutti gli impegni che aveva nell’ultima fase della sua vita, sia riuscito a portare a termine anche questo progetto» dicono Christine e Alberto Angela. «E leggendo il pensiero di nostro padre che, in questo libro, è ritornato come lo conoscevamo, vivo ed esaltante, si ritrova la meraviglia del tutto. E la sua meraviglia».

Dunque, Piero, qual è per te il miglior investimento? Sono le azioni in banca, i fondi di investimento, i BOT? Oppure il mattone, un appartamento, o magari i dollari, lo yen, l’oro o le opere d’arte?
Personalmente credo che la risposta giusta sia: l’educazione. Questo è il miglior investimento: mettere i soldi nel cervello, il proprio magari, ma soprattutto quello dei nostri figli, contribuire allo sviluppo della loro intelligenza, della loro capacità di essere creativi, competenti, adatti al mondo nuovo che si sta aprendo. Anche perché in questo modo loro stessi saranno in grado di comprarsi, se lo vorranno, delle azioni, una casa o un dipinto d’autore. Ed effettivamente le famiglie oggi investono molto di più, rispetto a un tempo, nell’educazione dei figli. Anche con Margherita abbiamo sempre messo l’istruzione dei nostri figli davanti a qualunque altra esigenza. Risparmiavamo su altro, magari, ma non su quello.

Anche se, bisogna dire, i ragazzi non partono tutti dallo stesso livello o dallo stesso tipo di contesto. Se intorno a te non solo non hai un ambiente che ti stimola e ti mette in condizione di studiare, ma banalmente la tua famiglia non può permettersi di mandarti a scuola, sarà molto più difficile farsi strada negli studi.
È vero, purtroppo, ma non è una regola. Ci sono genitori benestanti che si disinteressano di coltivare i talenti dei figli, e ci sono genitori poveri, o con capacità economiche modeste, che però riescono a incentivarli molto meglio. C’è un episodio che mi ha davvero emozionato, e che ricordo sempre con affetto quando ci penso. Tu sai che io non ho mai scritto i miei libri, o i testi dei miei programmi televisivi, a macchina, e tantomeno al computer. Ho sempre usato carta e penna, e poi portavo i miei testi a una copisteria in viale Angelico, a due passi dalla RAI, dove una simpatica dattilografa li trascriveva. Poiché la copisteria era in un viale alberato, pieno di platani, in autunno incrociavo spesso uno spazzino che con il suo carretto raccoglieva le foglie e ripuliva la strada. Ebbene, un giorno la signora che scriveva a macchina mi raccontò che quello stesso spazzino era andato da loro, tutto orgoglioso, con un plico di fogli: era la tesi di laurea della figlia! Ecco, mi commuove già solo il pensiero di quest’uomo che, a furia di sacrifici, riesce a pagare gli studi alla figlia e a regalarle ciò che riteneva fosse più importante di qualunque altra cosa: l’istruzione.

E, dunque, molto spesso non è solo un problema di quattrini, ma anche di atteggiamento, dell’importanza che si desidera dare all’educazione. Si è visto, per esempio, che se i genitori, e le madri in particolare, riescono a stimolare il bambino spiegandogli le cose anziché imponendole, lo aiutano a sviluppare maggiormente le sue capacità di ragionamento.

La mamma può sopperire agli svantaggi dell’ambiente?
Sì, su questo ci sono esperimenti molto interessanti. Ricordo che, quando mi documentavo per il mio libro Da zero a tre anni, ebbi modo di parlarne con il professor Rick Heber, dell’Università del Wisconsin. Lui e i suoi collaboratori individuarono un quartiere particolarmente disagiato di Milwaukee, caratterizzato dall’alta percentuale di bambini con problemi di apprendimento, e si accorsero che a rendere così elevata la media era un numero relativamente ristretto di famiglie. Ebbene, la caratteristica più tipica di queste famiglie era la scarsa capacità mentale delle madri.

Avevano tutte alcuni tratti tipici: erano indifferenti, non badavano molto alla casa, spesso erano separate dal marito o avevano comunque un rapporto burrascoso col partner. Alcune non sembravano avere alcuna nozione del futuro, né per sé né per i propri figli, e se formulavano qualche aspirazione mancava di qualsiasi senso di realtà. Ma, soprattutto, tutte dedicavano pochissimo tempo alla conversazione e al rapporto con il bambino. Heber scelse trenta di questi bambini “candidati” al sottosviluppo mentale e, d’accordo con le famiglie, li fece portare quotidianamente al suo centro, dove erano affidati alle cure di personale specializzato sin dai primi anni di vita.

Che cosa facevano di particolare?
Nulla. È questa la cosa interessante. I bambini ricevevano semplicemente quegli stimoli che ogni buona madre può dare al suo bambino, se è in grado di capirne le necessità.

Ma il risultato fu eccezionale: alcuni anni dopo, al momento dell’ingresso a scuola, i bambini che erano rimasti nel loro ambiente familiare estremamente arretrato dimostravano di possedere in media un quoziente d’intelligenza di soli 80-85 punti. I bambini che avevano frequentato il centro del professor Heber raggiungevano circa 125 punti! E non c’era stato bisogno di nessuna manipolazione biologica, di pillole o psicofarmaci, di elettrodi o di chissà che altro: erano state sufficienti persone che cercassero di risvegliare e stimolare in questi bambini la curiosità, l’attenzione, l’interesse a imparare e anche a esplorare.

Mi viene in mente il metodo di apprendimento ideato da una pioniera dell’educazione, la nostra Maria Montessori.
La mai troppo lodata Maria Montessori! Una donna veramente straordinaria, che ha inventato un modo nuovo per guardare il bambino e per insegnargli, che incoraggia la sua curiosità e la tendenza naturale a toccare, scoprire ed esplorare. Tutti gli studi scientifici che si sono accumulati nell’ultimo secolo, compresi quelli del dottor Heber, non fanno altro che confermare le intuizioni di Montessori, poiché dimostrano in maniera chiarissima l’importanza dei primi anni di vita del bambino. Un periodo in cui il cervello è ancora una creta plasmabile, in cui si manifestano esigenze che devono essere incoraggiate, come quella di esplorare l’ambiente fisico e sociale, partendo da motivazioni e da interessi che sono quelli del bambino, e che non vengano imposti dall’esterno; l’esigenza di esprimersi con tutti i mezzi possibili, specialmente con il linguaggio verbale; l’esigenza di comunicare con il prossimo, in particolare con i propri coetanei. Ebbene, la scuola così come la conosciamo trascura e inibisce ancora il soddisfacimento di queste esigenze, nonostante da tempo psicologi e pedagogisti si battano perché si aprano le finestre alle nuove idee che circolano e le si facciano entrare nelle aule.

Perché succede, secondo te?
Ti risponderò con un episodio ironico, ma anche amaro, che riguarda proprio Maria Montessori. Un giorno presentò alla licenza elementare dei bambini con livelli diversi di deficit cognitivo, che era riuscita a recuperare grazie a corsi speciali, preparandoli all’esame. I bambini ottennero il certificato, tra l’ammirazione generale.

A proposito del loro successo, Montessori disse: «Mentre tutti ammiravano i progressi dei miei bambini, io mi chiedevo i motivi per cui bambini così pieni di salute, così felici come quelli delle normali scuole elementari venivano istruiti in modo talmente misero da renderli uguali, nelle prove di intelligenza, ai miei bambini!». Non credo servano altri commenti.


Questo testa è tratto da La meraviglia del tutto. Conversazione con Massimo Polidoro, Mondadori, 2024.

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