Una volta funzionava così: ognuno aveva un profumo solo, lo usava per tutta la vita o finché non gli veniva a noia. Era una scelta importante, i profumi sono sempre costati, e indossarne uno – e uno soltanto – significava prendersi la responsabilità di essere associati a un determinato odore per un bel po’ di tempo, a volte per sempre, nel bene e nel male.

È per questo che fatichiamo a ricordarci il cognome del nostro primo fidanzatino, mentre il suo CK One spruzzato in quantità generose appesta ancora i nostri ricordi.

Le donne della mia famiglia hanno sempre usato lo Chanel N°5, fragranza storica di Marilyn Monroe, che sosteneva di usarlo al posto del pigiama, e di tutte le ricche signore in possesso di almeno un visone. Nessuna di noi corrispondeva né al primo né al secondo profilo – a parte una sottile affinità con Marilyn per un uso disinvolto delle benzodiazepine – ma questo non ci ha mai impedito di aggirarci per il mondo in una nube di benessere economico.

Profumo da ricca

Quando si è trattato di iniziare a profumarmi non avevo il minimo dubbio: dopo un rapido passaggio tra i Bon Bon Malizia, un’allucinazione collettiva che colpì tutte le femmine cresciute tra gli anni Novanta e i primi Duemila a botte di Sailor Moon e Cioè, e un Alyssa Ashley che equivaleva a strofinarti addosso un Arbre Magique gusto vaniglia, mi feci regalare il mio primo Chanel N°5, avviando il lento processo di scollamento dalla realtà che mi avrebbe portato oggi a guardare annunci di case da milioni di euro pensando “che brutta cucina, sarebbe da rifare”, mentre in concreto valuto l’impegno economico di un nuovo comò per la mia stanza, dove devo prendere le misure con extra cautela per essere sicura che i cassetti avranno lo spazio per aprirsi. Un profumo da ricca in una vita da pezzente, è quello che fa per me.

Neanche poi tanto da ricca, ho scoperto dibattendomi nell’ennesimo gorgo dell’internet, che mi ha trascinato nel mondo dei profumi di nicchia, un mondo dove è del tutto normale spendere mezzo mese di affitto per il più effimero dei piaceri, un lusso che si disperde letteralmente nell’aria.

Oud

È da un po’ di tempo che noto un’attenzione crescente per questa materia, e non capisco se è perché non sapevano più cosa venderci o noi non sapevamo più come spendere i nostri soldi, fatto sta che i profumi sono diventati sempre più interessanti, sempre più raccontabili, sempre più tutto, e ora ci sono diverse persone sui social che ne parlano con una competenza strabiliante.

Competenza vieppiù ammirevole se si considera che parlare di profumi è un po’ come danzare di architettura, avrebbe detto Frank Zappa. Cioè: tu puoi anche spiegarmi tutto delle note di testa e di cuore e di coda, ma chi è il pazzo che compra un profumo da centinaia di euro senza prima annusarlo? Sulla carta non sembra un gran business model, nei fatti ora possiedo quattro profumi oltre all’imprescindibile Chanel N°5.

Avendo io la sensibilità olfattiva pari a quella gustativa, entrambe vicinissime allo zero, nonostante le molte ore su TikTok passate ad ascoltare gente che parla di oud come fosse un concetto di dominio pubblico, non posso dire di essermi fatta una cultura spendibile, così come aver bevuto molto non mi ha reso esperta di vini. Come in enoteca, le mie doti critiche in profumeria si esprimono in giudizi succinti e dal range limitato: “buono”, “buonino” e “sa di piedi”.

 

Una fragranza ferominca

Sono quindi molto ammirata da chi sa raccontare un odore con dovizia di particolari, così ammirata che non mi importa neanche se sta mentendo (un sospetto che comunque mi viene, anche quando un cameriere sostiene di sentire l’erba tagliata in una ribolla).

La mia esperta di fragranze preferita si chiama Matilda Morri, in arte @sssinister_, quasi 250mila follower su Instagram, più di 700mila su TikTok, l’aria da principessa gotica di un film di Tim Burton e un naso più che sopraffino (oltre che un naturale talento per l’affabulazione).

«Sa di plastica, latte e polvere da sparo, l’odore che mi immagino potrebbe avere un fantasma» dice in uno dei suoi video, provocandomi l’urgenza istantanea di trovare uno spettro da annusare.

«Una fragranza feromonica dall’effetto sovrannaturale a base di franchincenso» è un’altra sua frase di cui non comprendo almeno il 50 per cento, eppure mi convince che il grado di separazione tra me e una notte d’amore con Adam Driver stia solo nella mancanza di una fragranza feromonica nella mia vita.

Old money

Il naso di Sinister coglie «note di sangue», «l’oud indonesiano che ha un risultato quasi fecale, un odore primordiale di umanità, ma molto sexy» e un profumo che sa di «pantaloni in vinile, inchiostro indelebile e un po’ di benzina».

Lei può dirti che profumo indosserebbero le cattive dei cartoni della Disney, quale fragranza sta meglio con i diversi segni zodiacali, con le stagioni, con un giro nella Terra di Mezzo. È in grado di fornire un minimo di tre consigli per qualsiasi esigenza: vuoi sapere di saponetta di una volta? Di cocco? Di sesso? Sinister sa di cosa devi spruzzarti.

Oltre a conoscere apparentemente tutto di qualsiasi odore mai esistito, Matilda Morri ha avuto il tempo anche di diplomarsi al conservatorio in pianoforte, un fatto che condivido qualora vi trovaste come me a mettere in discussione le vostre dodici visioni integrali di tutte le stagioni di Friends o la somma delle ore dei vostri pisolini pomeridiani.

Il mio Chanel N°5, secondo l’Imperatrice – ulteriore soprannome di Matilda Morri aka Sinister – cade nella categoria Old Money, che non fa una piega se sei ricca, fa pena se fai Pilotti di cognome.

Eppure ha il senso che i profumi hanno sempre avuto, quello di lasciare un segno distintivo (o mille, se sei una collezionista come lei) e presentarti al mondo senza parlare. «Sono benestante da generazioni» dice la mia scia bugiarda, mentre l’internet ancora una volta contribuisce a rendermi inesorabilmente più povera. Che odore ha la volubilità?

© Riproduzione riservata