Ma come è possibile che ancora non ci sia una motivazione ufficiale da parte delle autorità amministrative israeliane dei Territori Occupati che il 31 agosto scorso hanno arrestato il ricercatore italo-palestinese Khaled El Qaisi?  

Khaled è a tutti gli effetti un cittadino italiano, oltre ad essere traduttore e impegnato nel Centro di Documentazione Palestinese, di cui è uno dei fondatori, e studente del corso di laurea triennale in Lingue e civiltà orientali dell’Università La Sapienza di Roma.

Ha fra l’altro curato insieme a sua moglie la traduzione di testi fondamentali palestinesi come La rivolta del 1936-1939 in Palestina del grandissimo scrittore palestinese Ghassan Kanafani, assassinato dal Mossad a trentasei anni, e di cui bisognerebbe far leggere nelle scuole almeno Ritorno a Haifa – un racconto folgorante per capacità empatica di penetrazione delle ragioni e dei sentimenti di entrambe le parti coinvolte: la donna reduce dei campi di sterminio che ora abita a Haifa e la famiglia palestinese degli antichi proprietari dell’appartamento che la visita.

Le ragioni dell’arresto

Ma anche se El Qaisi fosse “solo” palestinese, come è possibile che ancora non si sappia perché è stato arrestato dalla guarda di frontiera israeliana, al ponte di Allenby tra Cisgiordania e Giordania, mentre era al controllo dei bagagli assieme alla moglie e al figlio di quattro anni? Scrive Ugo Tramballi su Il sole-24 ore (8 settembre), “Gli israeliani hanno tutto il diritto di sospettarlo e fermarlo, circostanziando però le ragioni.

Normalmente è così che si fa in un paese democratico. Se poi ne provano le colpe hanno il diritto di condannarlo. E’ però intollerabile che un cittadino italiano venga arrestato senza apparente motivo”. Ora “tutto il diritto” è frase irricevibile se si pensa che in Cisgiordania Israele opera in regime (illegale) di occupazione militare, con poteri di arresto e detenzione limitati, di cui abusa spesso e gravemente. Ma sulla conclusione non si può che concordare.

Fino a prova contraria, Khaled El Qaisi è un cittadino italiano innocente, che ha trascorso con la famiglia parte delle sue vacanze presso i suoi partenti e amici in Cisgiordania, dov’è nato. Costretto fra l’altro per questo motivo dalla legge militare israeliana a passare dall’aeroporto giordano di Amman invece che dal più vicino aeroporto di Tel Aviv, se vuole visitare il suo paese.

Ma niente: la corte del Tribunale di Rishon Lezion, non lontano da Tel Aviv, si è limitata a confermare e prolungare l’arresto fino al 14 settembre, mentre le ragioni del medesimo restano ignote.

L’avvocato che lo assiste ed è (a differenza dell’accusato) cittadino arabo israeliano (i palestinesi dei Territori Occupati non lo sono, essendo ancora sotto la legge militare di occupazione) ha fatto sapere che per ordine dei giudici non può rivelare alcun particolare del procedimento in corso.

La Farnesina dopo l’udienza ha diffuso un comunicato in cui descrive El Qaisi come un «detenuto in attesa di giudizio».

Non è un caso isolato

Eppure “il caso di Khaled non è purtroppo un incidente isolato. Israele detiene in flagrante violazione del diritto internazionale e del giusto processo 5000 palestinesi, di cui oltre 1200 senza accusa né processo. Serve una risposta forte a livello internazionale” (Amnesty International Italia).

L’intero nuovo Rapporto della Relatrice Speciale all’ONU per i diritti umani nei Territori Occupati della Palestina verte su “Privazione arbitraria della libertà nel territorio palestinese occupato”: e la lettura di queste pagine fitte di dati e numeri lascia semplicemente a pezzi cuore e mente.

Oggi si viene a sapere che una maggioranza di parlamentari si è opposta a una sua audizione al parlamento italiano perché sarebbe “di parte”. Di parte il rapporto ufficiale di un funzionario dell’Onu, un “funzionario dell’umanità” (direbbe Husserl)? Ma dove ci sta portando questa folle deriva della politica italiana? Dov’è l’Europa?

Numerose sono ad oggi le prese di posizioni di associazioni, partiti e loro singoli esponenti. Su tutte vorrei citare la dichiarazione di SeSaMo, la Società per gli Studi sul Medio Oriente, che, nel nome del suo Comitato per la libertà accademica “condanna l’arresto di El Qaisi nel quadro della più ampia repressione attuata da Israele nei confronti di studenti/esse, giornalisti/e, ricercatori/trici e accademici/che che, nei loro studi, ricerche e interventi, esprimono critiche alle politiche governative”.

Pare che occorra tornare a Voltaire. A questo siamo ridotti.

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