«Che cos’è un club?», si domandava Sir Bobby Robson: «Non sono gli edifici o i direttori o le persone che sono pagate per rappresentarlo. Non sono i contratti per i diritti tv, le clausole, gli uffici marketing o le executive box. È invece il rumore, la passione, il sentimento di appartenenza, l'orgoglio della tua città. È un ragazzino che si arrampica sui gradini dello stadio per la prima volta, stringendo la mano di suo padre, fissando a bocca aperta quel sacro tratto di terreno sotto di lui e, senza poterci fare nulla, innamorarsi».

Eppure, quel «rumore» di cui Robson, anima pura e leggenda immortale del calcio, aveva parlato nel suo libro del 2008, Newcastle: My Kind of Toon, quell’inconfondibile brusio che abbraccia lo stadio fin dal primo minuto di gioco, il boato che accompagna azioni e goals e che si fonde con i cori e con le musiche rendendo il calcio un’esperienza totale, non tutti i tifosi hanno la fortuna di sentirlo, di viverlo. Le persone affette da sordità, per esempio, pur coltivando uno smisurato amore per il football e una devozione incrollabile per la propria squadra, non lo conoscono. O, perlomeno, non lo conoscevano fino a poche settimane fa.

Il 13 aprile scorso, infatti, al St. James’s Park di Newcastle-Upon-Tyne, la casa del Newcastle United, una specialissima T-shirt indossata in occasione del match di Premier League contro il Tottenham Hotspur (vinto, tra l’altro, per 4 a 0) ha permesso a una quindicina di spettatori non udenti o ipoudenti di sentire, per la prima volta nella vita, il «ruggito dello stadio».

«Il calcio è tutto per noi, è ossa, è vita. Quando andiamo a vedere la partita, osserviamo la passione della gente, cerchiamo di cogliere con gli occhi l’energia incredibile di quella atmosfera, di quel tifo che non abbiamo mai sentito». Due giovani fans delle “gazze”, i migliori amici Ryan e David, nati e cresciuti a Newcastle-Upon-Tyne, hanno raccontato in un emozionante video, visibile su YouTube, la loro esperienza straordinaria, resa possibile da una tecnologia innovativa mutuata dai videogames: la tecnologia aptica, che converte il rumore in vibrazioni percepite sul corpo.

Le T-shirts a strisce bianche e nere indossate da Ryan, David, dagli altri fans ipoudenti e dagli stessi calciatori – tra cui il “local” Dan Burn, difensore del Newcastle United, che dopo il primo gol di Alexander Isak ha festeggiato rivolgendosi ai tifosi geordies con la lingua dei segni – sono fornite di microfoni e appositi sensori in grado di captare i suoni che arrivano dagli spalti e di trasformarli in tempo reale in una sensazione tattile (che varia in base all’intensità del “ruggito”) grazie ad un software.

La campagna

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Ciò che è avvenuto nella partita contro il Tottenham e che si è ripetuto qualche sabato dopo, sempre al St. James’s Park, contro lo Sheffield United (vinta ancora dai padroni di casa per 5 a 1), sono le prime fasi di una grande campagna promossa dal club insieme al suo sponsor, il saudita Sela, e alla RNID, la charity che offre sostegno a 12 milioni di britannici con problemi di sordità, allo scopo di rendere il calcio un’esperienza davvero accessibile a tutti.

In attesa di vederla scendere in campo «al più presto, in tutte le partite in casa del Newcastle United e di poter coinvolgere anche le altre squadre della Premier League», come ha auspicato il vicepresidente di Sela, e al netto delle accuse da parte di alcuni osservatori di essere l’ennesima operazione di sportswashing del governo di Riyadh, la maglietta sincronizzata con le dinamiche del gioco ha conquistato il favore dei tifosi.

«L’idea è assolutamente geniale», ha spiegato Paul Jones, professore di Architettura alla Northumbria University di Newcastle: «Sentire il rumore di più di 50 mila persone che tifano insieme per un goal è un’esperienza da pelle d’oca, ed è emozionante sapere che simili eventi possono essere vissuti anche da chi ha problemi di udito. Il feedback dei supporters che hanno provato questa tecnologia tattile conferma, infatti, che essa aggiunge un livello nuovo, più coinvolgente, al loro godimento del gioco. Il Newcastle è un club che da sempre coltiva un senso di comunità e anche oggi, con questa iniziativa, si impegna a garantire che ciascuno possa sentirsi pienamente coinvolto».

«We are United», «Noi siamo Uniti», ripetono i tifosi del club più inclusivo della Gran Bretagna, che vedono in questo progetto che utilizza le nuove tecnologie, un’occasione per rendere ancora più indimenticabile l’esperienza dello stadio. Ma non solo.

«Sono un sostenitore assoluto di tutte le forme di diversità e inclusività», ha affermato Paul Chapman, ex paramedico del Servizio Sanitario Nazionale in pensione da un paio d’anni. «Mi piace l’idea che questa maglia renda tutte le persone uguali: chi la indossa non si distingue tra la folla e ciò non può che avere effetti positivi sul fronte dell’inclusività. Spero che una volta che il prodotto sarà perfezionato, il suo utilizzo venga esteso a tutti gli sport in cui il pubblico e il loro “ruggito” fanno la differenza».

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