Vi capita di fare quiet quitting? Di avere un attacco di rage applying? O di iniziare la settimana con un bare minimum Monday? È il nuovo slang del lavoro che si sta diffondendo tra i più giovani anche in Italia. Lo conferma TikTok dove l'hashtag #quietquitting conta più di 806 milioni di visualizzazioni. Millennial e Gen Z, più determinati rispetto alle generazioni precedenti a rifiutare ambienti di lavoro tossici, condividono con i loro followers consigli e trucchi per gestire il lavoro, nella ricerca di un migliore equilibrio tra vita professionale e personale.

Perciò sui social sono diventati virali neologismi emersi dopo la pandemia come risposta a quella che negli Stati Uniti viene chiamata “hustle culture”, ossia la cultura dello stacanovismo.

Workamajig è un software di gestione dei progetti. Ha identificato le tendenze lavorative più popolari su TikTok quest'anno, in base al numero di visualizzazioni, come riportato da Business Insider. Noi abbiamo aggiornato i numeri a oggi.

Nel frattempo anglicismi e neologismi hanno già preso posto nell’italiano di LinkedIn. «Le lingue sono come amebe, in costante cambiamento», afferma la linguista Claudia Peverini che ama scattare istantanee del lessico per definire la società in cui viviamo. «La lingua è uno specchio ma anche una sfera di cristallo, perché rivela macro e microtendenze in atto, ancor prima che i neologismi vengano resi ufficiali dai vocabolari».

L’abbandono silenzioso

Il quiet quitting domina allora la classifica dei trend lavorativi più diffusi su TikTok, con oltre 806 milioni di visualizzazioni. Coniata nel 2022 da Zaid Khan, un giovane ingegnere statunitense, sull’onda delle Grandi Dimissioni, l’espressione si può tradurre come abbandono silenzioso.

Si riferisce all’idea di fare lo stretto indispensabile. Niente più dedizione illimitata, reperibilità costante e reattività alle urgenze. Si fa il minimo per evitare il burn-out e dedicare più tempo a sé stessi, a famiglia e amici.

Detto in altro modo: act your wage (qui siamo a oltre 483 milioni di visualizzazioni su TikTok). Il trend è simile, ma ha una connotazione più positiva. Non si prendono le distanze dalle proprie mansioni, ma ci si impegna a svolgere un lavoro commisurato allo stipendio. Chi invece soffre le aspettative del rientro al lavoro dopo il weekend, decide di fare lo stretto necessario il lunedì. I bare minimum Mondays (3 milioni di visualizzazioni su TikTok) permettono di iniziare la settimana con calma secondo Marisa Jo Mayes, che ha reso popolare questa espressione.

Il quiet quitting ha portato con sé il quiet firing (20 milioni di visualizzazioni su TikTok), ovvero il licenziamento silenzioso. L'influencer americano DeAndre Brown è stato uno dei primi a menzionarlo, in un video su TikTok, come modo in cui i datori di lavoro allontanano i dipendenti senza licenziarli effettivamente e quindi senza dover pagare la liquidazione. Consiste nel rendere ai dipendenti il lavoro sgradevole, nel tentativo di convincerli ad andarsene. Un’altra pratica sleale è il quiet hiring (6 milioni di visualizzazioni su TikTok), l'assunzione silenziosa con cui si colmano le esigenze o le lacune senza assumere nuove persone. In genere si tratta di chiedere ai dipendenti esistenti di fare più lavoro a parità di stipendio, o spostare i lavoratori in ruoli diversi all'interno dell'azienda, generando stress e risentimento.

Perciò i lavoratori che si sentono trascurati, sottopagati o non apprezzati inviano con rabbia candidature in massa per altri posti. È il fenomeno del rage applying (6 milioni di visualizzazioni su TikTok). Oppure c’è chi si vuole far trovare pronto da un’eventuale recessione o licenziamento con il career cushioning (664mila visualizzazioni su TikTok), una sorta di ammortizzazione di carriera. È un termine derivato dal mondo del dating, in cui si intende il guardarsi all’orizzonte mentre si è ancora impegnati in una relazione. In ambito professionale, si riferisce al fatto di crearsi delle opportunità per "ammortizzare l'atterraggio" in caso di imprevisti.

Quando infine si cambia lavoro ma questo non risponde poi alle aspettative si prova lo shift shock (15mila visualizzazioni su TikTok). Così può capitare di tornare dal precedente datore, diventando allora un boomerang employee (44,5mila visualizzazioni su TikTok). Ma quando il mercato del lavoro è incerto e le alternative scarseggiano, molti cedono al resenteeism (31mila visualizzazioni su TikTok), ovvero il risentimento per il fatto di rimanere in un posto di lavoro in cui si è infelici perché non ci si può permettere di licenziarsi. Il termine coniato dal fornitore di software per la gestione del personale, RotaCloud, è già diventato un successore del quiet quitting.

Un nuovo lessico per nuove tendenze

«Questi neologismi rivelano un ritratto della società in cui non si è più disposti a barattare il proprio tempo per lavori insoddisfacenti o sottopagati», spiega la linguista Claudia Peverini. «Queste tendenze erano già in atto, ma con la pandemia si è arrivati alla consapevolezza che altri modi di lavorare sono possibili». Tuttavia, se siamo universalmente d’accordo sul liquid business, come Peverini definisce il lavoro nella società liquida per dirla alla Bauman, bisogna tener presente della diversità dei mercati del lavoro. «L’Italia adotta tardivamente anglicismi ed espressioni molto diffuse nel mondo anglosassone a causa dell’anomalia del suo mercato del lavoro, ingessato e poco dinamico, con un notevole tasso di disoccupazione e di giovani NEET, rispetto agli altri Paesi europei e occidentali. Nonostante ciò, queste nuove tendenze si diffondono comunque anche in Italia, spesso con dimensioni e caratteristiche specifiche». A ogni latitudine, dunque, le giovani generazioni hanno capito che il lavoro non definisce più l’identità e che è tempo di riprendersi la vita.

«Siamo stati educati a credere che se avessimo lavorato duramente avremmo potuto vincere il sistema – del capitalismo americano e della meritocrazia – o almeno vivere comodamente al suo interno. Ma alla fine del 2010 è successo qualcosa. Abbiamo alzato lo sguardo e ci siamo resi conto che non si può vincere il sistema quando il sistema stesso è rotto», spiega Anne Helen Petersen nel suo libro Can't Even: How Millennials Became the Burnout Generation (Mariner Books, 2020). Perciò, scrive Francesca Coin nel saggio Le Grandi Dimissioni (Einaudi, maggio 2023), «in questo contesto chi abbandona il lavoro non lo fa perché può permetterselo. Lo fa per sopravvivere».

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