Ma in quali labirinti ci trasporteranno le inchieste della Commissione parlamentare antimafia, in quali grovigli, in quali anfratti della recente storia italiana ci costringeranno a rovistare? Innanzitutto abbiamo capito che per l'Antimafia ci sono stragi e stragi, quelle da esplorare e quelle da ignorare, perché fra il 1992 e il 1993 non c'è mai stata Capaci e non ci sono mai state le bombe ai Georgofili ma solo l'attentato palermitano al procuratore Paolo Borsellino, un'autobomba solitaria per un movente speciale e non connesso né a Falcone né al massacro di Firenze, estraneo alla strategia della tensione che stava sprofondando il paese in quei mesi. Un caso a sé, un delitto eseguito per fermare il magistrato impegnato in solitudine a scoprire gli affari dell'imprenditoria collusa.

Un fantasma che torna

Come è stato ampiamente annunciato, la commissione antimafia a breve si occuperà del dossier su “Mafia e Appalti” legato all'uccisione di Borsellino e alle resistenze della magistratura palermitana dell'epoca che ne decise l'archiviazione proprio nei giorni in cui il procuratore saltava in aria. Questo rapporto è un fantasma che torna sempre, agitato da trenta e passa anni dall'ex comandante dei reparti speciali dei carabinieri Mario Mori, imputato nel processo sulla trattativa stato-mafia dal quale è uscito completamente assolto.

La presidente della commissione Chiara Colosimo ha fatto sua la “battaglia” del generale e si concentrerà sul dossier “Mafia e Appalti”, facendo sapere che non intenderà dedicarsi ad altro. Come alle indagini chieste in una settantina di pagine da Roberto Scarpinato, oggi senatore dei 5 Stelle e per lungo tempo pubblico ministero a Palermo, sui tanti misteri che hanno accompagnato l'omicidio del presidente della regione Sicilia Piersanti Mattarella, sull'organizzazione paramilitare Gladio, sui personaggi entrati al ministero della Giustizia subito dopo la morte di Falcone.

Regolamenti di conti

Niente, l'Antimafia ha solo un obiettivo: quel rapporto. Un salto all'indietro sulle molto presunte paure dei magistrati siciliani nell'affrontare le investigazioni sulla spartizione dei lavori pubblici, una visione limitata della stagione delle stragi con una destra che sembra più che altro interessata a regolare i conti con i magistrati che hanno trascinato sotto processo gli ufficiali del Ros e rilanciare una pista che - almeno a nostro avviso - non porta da nessuna parte. Non ci sono state combine e non ci sono stati insabbiamenti (come sostiene anche una parte della famiglia Borsellino) nelle indagini sugli appalti, vicenda già esaminata da più autorità giudiziarie.

Stiamo a vedere cosa succederà in commissione, intanto vale la pena di tornare sulla sua presidente. Di recente si è fatto un gran parlare delle foto pubblicate da Colosimo su Facebook sulle sue vacanze con il fidanzato. La solita fuffa.

Non una parola è stata spesa invece per ciò che Colosimo ha dichiarato qualche giorno fa al ritorno di una missione della commissione in Puglia: «Già nel 1997 con la sentenza Cartagine, sapevamo che qui si era ai livelli di Palermo: infatti sono stati dati 15 ergastoli, solo 4 in meno rispetto al maxi processo di Palermo». La mafia di Foggia paragonata a quella di Palermo, gli ergastoli come metro di pericolosità, la “società foggiana” al pari di Cosa Nostra. Colosimo sa veramente di cosa sta parlando?

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