Mentre discute della possibilità di uscire gradualmente dal lockdown nel quale il paese si trova dalla metà di dicembre, la politica tedesca è attraversata in questi giorni dallo scandalo già battezzato Maskenaffäre, il dossier mascherine. Non bastavano le polemiche sul presunto ritardo nella somministrazione dei vaccini e il caos sui test rapidi, evocati dal ministro della Salute Jens Spahn come un passo importante per uscire finalmente dalle restrizioni obbligate dalla pandemia ma la cui distribuzione resta ancora un enorme punto interrogativo, il paese deve ora fare i conti con uno scandalo di dimensioni rilevanti per gli standard tedeschi.

Nei mesi scorsi due parlamentari, uno della Cdu, il trentaquattrenne Nikolas Löbel, e uno della Csu (il partito gemello bavarese), Georg Nüsslein, poco più di cinquant’anni, sarebbero intervenuti con le loro società negli appalti per la fornitura di mascherine ad alcune aziende nazionali, anche tramite contatti con aziende cinesi. Il primo ha tentato inizialmente di difendersi, perché l’attività di mediazione rientrerebbe tra i compiti della sua società e nulla avrebbe a che fare con il suo mandato di parlamentare.

I fatti

Proprio nei primi mesi della pandemia, ad aprile dello scorso anno, Löbel avrebbe realizzato una serie di contratti a vantaggio di società tedesche per acquistare maschere ffp2, che in quelle settimane erano difficili da reperire. La sua società, come ricostruisce lo Spiegel, avrebbe permesso a imprese tedesche di acquistare maschere di protezione in Cina, riservandosi una percentuale per ogni singola maschera venduta. Risultato: 250mila euro sul conto dell’azienda di Löbel, per il quale tutto si è svolto con grande trasparenza e, soprattutto, tenendo presente i prezzi di mercato. Una autodifesa sorprendente, ben presto diventata un autogol. Più opaca, e almeno per ora più grave, sembra essere la posizione di Nüßlein, in parlamento da quasi vent’anni e addirittura vicecapogruppo al Bundestag, che avrebbe incassato oltre 600mila euro per attività di mediazione. La procura generale di Monaco, che ha già effettuato controlli in Germania e all’estero, sta indagando nel suo caso anche sull’ipotesi di corruzione (il deputato si sarebbe attivato direttamente e a diversi livelli per gli appalti) e di evasione fiscale. Accuse che per ora il parlamentare respinge, mentre la posizione di Löbel rischia di peggiorare nei prossimi giorni.

I due deputati hanno provato inizialmente a difendere la loro attività, parlando di semplici consulenze e mediazioni, realizzate senza nessun danno per l’attività da parlamentare e con essa perfettamente compatibili.

Le conseguenze

In pochi giorni, man mano che venivano alla luce ulteriori dettagli, la polemica è montata e ai vertici di Cdu e Csu hanno capito abbastanza presto come la vicenda si trasformasse in una valanga di indignazione che rischia di travolgere i conservatori alle prossime elezioni locali, in programma per questo fine settimana in Baden-Württemberg e Renania Palatinato. Da qui la richiesta immediata di contromisure.

Löbel ha temporeggiato per qualche giorno, promettendo di dimettersi nei prossimi mesi – una pezza quasi peggiore del buco – ma alla fine non ha più retto alle pressioni, si è dimesso dal Bundestag e ha anche lasciato il suo partito.

Non poteva fare altrimenti vista la richiesta esplicita formulata dal presidente del partito Armin Laschet appena pochi giorni fa («chi si comporta così, non può più essere un rappresentante del popolo»). Del resto, Löbel è originario di Mannheim, in Baden-Württemberg e questo scandalo potrebbe danneggiare, e non di poco, la Cdu nel voto di domenica.

Anche Nüßlein ha confermato il suo addio alla Csu e ha detto di non volersi ricandidare, ma per ora non ha rimesso il mandato da parlamentare: è un politico di lungo corso e sa affrontare meglio del giovane Löbel la pressione. La cosa, però, sta facendo infuriare Markus Söder, capo della Csu e governatore della Baviera, che ha chiesto al deputato di dimettersi senza esitazione e persino di devolvere il denaro guadagnato con questi affari in beneficenza. Serve una pulizia anche «morale» di questa vicenda, secondo Söder, ma la realtà è un’altra.

Il rischio è infatti che lo scandalo possa rivelare dimensioni ben più ampie. Sempre lo Spiegel riferisce di attività di altri parlamentari che, sempre nei mesi più caldi della pandemia, si sarebbero attivati sia per aiutare le imprese a trovare le mascherine, sia perché il ministero della Salute onorasse i contratti conclusi per procurarle.

Insomma, parlamentari che più che occuparsi di come gestire la pandemia avrebbero aiutato, nel migliore dei casi, le imprese a risolvere difficoltà con l’amministrazione. Una zona grigia che coinvolge l’intermediazione dei deputati sulla scena nazionale e locale ha fatto esplodere la discussione politica. Lo stesso capogruppo dell’Unione (l’alleanza di Cdu e Csu) al Bundestag, Ralph Brinkhaus, ha confermato di non poter escludere che possano esserci altri casi tra i parlamentari conservatori. I partner di governo della Spd e l’opposizione chiedono chiarimenti immediati, tra cui una commissione d’inchiesta per verificare anche cosa sia successo non solo tra le file dei parlamentari ma anche nei ministeri. Il rischio è che la vicenda possa arrivare sino al governo, toccando la già precaria posizione del ministro Spahn. Cdu e Csu stanno provando a salvare la situazione mettendo mano a contromisure più radicali: un registro per l’attività di lobbying, codici interni di comportamento: l’impressione, però, è che si tratti di pura improvvisazione e che il caos regni sovrano. Privi di una guida unitaria, divisi su chi dovrà raccogliere l’eredità di Angela Merkel, travolti da uno scandalo che vede i loro parlamentari fare affari paralleli, i conservatori leggono con preoccupazione i sondaggi che per la prima volta da oltre un anno li danno sotto la soglia del 30 per cento. E alle elezioni mancano appena sei mesi.

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