In questa sede vogliamo parlare del dramma di una generazione. Dite che “dramma” è un parolone? E “generazione” non è una definizione piuttosto vaga? Tutto vero, ma come si può definire altrimenti una situazione in cui uno dei traguardi più importanti della vita, quello di lasciare ai propri figli un mondo migliore, potrebbe non concretizzarsi più?

Oppure il momento in cui gli strumenti che hanno portato al proprio successo, la moderazione e la capacità di svelenire i pensieri altrui o la critica alle ideologie, improvvisamente rischiano di diventare origine di un fallimento collettivo? Dunque, care coetanee e cari coetanei. Partiamo dall’origine.

L’invidia per i sessantottini

Quando eravamo nella culla, vegliava su di noi l’invidia per i sessantottini, che quantomeno avevano dato vita a una rivolta, che avevano avuto la fortuna di sentire dal vivo i Beatles e di inventare (insomma) l’amore libero. I baby boomer, invece, sono la seconda ondata della rivoluzione, troppo giovani per il ’68, troppo vecchi per la digitalizzazione.

D’altra parte, di culle che ospitavano boomer ce ne sono state davvero tante. I tedeschi non hanno mai più avuto tanti figli come tra la metà degli anni Cinquanta e la svolta della pillola, a partire dal 1965. Queste circa dieci milioni di persone sono ancora alla ricerca di un gruppo paragonabile per importanza sociale, economica, culturale e politica.

Inizialmente, quando i baby boomer inciampavano gli uni sugli altri nelle aule scolastiche e universitarie sovraffollate, non si sarebbe detto. Ma quando poi si passò a parlare di impieghi, di dirigenze dei partiti e dei media, di sale professori e agenzie pubblicitarie, il sovraffollamento d’incanto si trasformò in abbondanza di potere.

Boomer al potere

Quest’influenza sproporzionata che dura fino ad oggi è il motivo per cui è ora che qualcuno si occupi di loro in maniera molto seria. Resteranno al potere per altri dieci anni, un decennio in cui decideranno più aspetti del futuro di quanti possano aver mai desiderato controllare: sono in gioco l’occidente, la crescita, la sostenibilità ecologica e forse addirittura la democrazia liberale.

Appare perciò disinvolta l’aria con cui i giovani dicono: «Ok boomer, tra poco vi levate di torno», ma il «tra poco» si trascinerà decisamente troppo rispetto a quanto sia tollerabile, considerato l’attuale stato del mondo. Quindi scusateci, ma resteremo in circolazione ancora un altro po’.

Boomer e futuro

A oggi il rapporto tra boomer e futuro non sembra molto buono. La generazione che all’inizio aveva rinunciato alla rivoluzione ha ora grosse difficoltà a gestire le rivoluzioni che, nel bene e nel male, stanno avendo luogo.

È per questo motivo che l’ultima generazione politicamente attiva del Ventesimo secolo ha enormi problemi con la prima generazione politica del Ventunesimo. Per loro, troppe ammonizioni e raccomandazioni, ma anche troppi abbracci e pacche sulle spalle. Questi ultimi servono a mascherare il conflitto d’interesse tra i boomer e i loro figli. Eppure, nel bilancio ecologico ogni mese sprecato conta poco per i boomer, mentre per i giovani rappresenta un anno di emergenza ambientale in più da affrontare. Non c’è abbraccio che possa cancellare questo fatto.

Anni difficili

Per i boomer, pronostichiamo, l’ultimo decennio del loro potere sarà il più difficile. Affronteranno la storia? Arriveranno a fare un po’ di rivoluzione appena prima della pensione? Una rivoluzione che tra l’altro non dipende dal fatto che qualcuno la desideri ardentemente (come accadde per i sessantottini), ma dal fatto che i boomer abbiano rimandato certi problemi per troppo tempo.

Le loro difficoltà nel rapporto con il futuro si spiegano con i loro successi del passato. Perché i baby boomer si sono dovuti affermare nei confronti della generazione della guerra e anche rispetto a quella dei Sessantottini, due peer group che erano in perenne lotta tra loro in tanti campi diversi: ideologia e controideologia, colpevolezza e accusa, revisionismo ed estremismo. Per evitare malintesi: la maggior parte dei boomer era parte di questo scontro e prese le parti dei Sessantottini, ma era allo stesso tempo consapevole delle loro debolezze: l’aspetto ideologico, l’atteggiamento missionario, la saccenteria, il dito puntato.

Ritrovandosi tra veleno e antidoto, i boomer decisero di dedicarsi a un progetto di disintossicazione. Approfondirono le ideologie degli altri, non più per utilizzarle ma per svilirle. Il loro armamentario ideologico serviva a questo. Tutto quel che era troppo rumoroso, troppo emozionale, troppo intenso, o ancora troppo convinto appariva e appare sospettoso agli occhi dei boomer. Moderare invece che agitare: era questa la forma logica più adatta al programma di detossificazione.

I boomer hanno problemi anche con la diversità

Anche il fatto che una generazione sulla cui adolescenza aveva inciso La piccola differenza di Alice Schwarzer (un saggio femminista di grande impatto pubblicato nel 1975, ndt) si sarebbe comportata in maniera meno machista sembrava cosa fatta. I boomer si sono rivelati anche particolarmente sensibili a un tema lontanissimo dalle grandi ideologie del ventesimo secolo: l’ecologia.

Moderata, moderante, verdeggiante, liberale, emancipata: così questa generazione ha reso la repubblica migliore e più civile. Poi, quando negli anni 2000 raggiunsero il picco del loro potere, ai boomer occidentali fu donata una cancelliera dell’est, Angela Merkel, che elevò la moderazione ad arte di governo e che era avversa a qualsiasi ideologia, persino a quella del suo stesso partito. Impossibile credere a tanta fortuna.

L’alleanza fra boomer e Merkel

Troppo bello per essere vero. Per questo poi andò tutt’altro che bene. L’alleanza tra boomer e cancelliera comprendeva infatti anche un accordo secondario segretissimo: l’asticella morale poteva rimanere alta grazie a rendimenti solidi, la coscienza verde andava di pari passo con un impatto ambientale unico nel suo genere, immenso. Insomma, molti vantaggi al prezzo di poche imposizioni.

Il consenso si spezzò in due occasioni: quando Merkel nel settembre del 2015 decise di tenere aperte le frontiere tedesche per i migranti fu chiaro che l’asticella morale alta alla fine avrebbe forse davvero comportato alcune imposizioni. E quando poi, dal 2018, i giovani di Fridays for Future iniziarono a far notare a gran voce che la generazione che si reputava la più verde e la loro presunta cancelliera del clima avrebbero disatteso gli accordi di Parigi insieme ai suoi vice, i boomer occidentali della Spd, a quel punto il boom si era esaurito.

Da quel momento, le debolezze di questa generazione sono evidenti a tutti. Per esempio, il fatto che avanzi pretese su tutto: sul premio materiale e sul benefit morale, o che non riesca a gestire il fatto che il premio stesso possa essere immorale, proprio perché è materiale e consuma l’ambiente.

Problemi con la diversità

Oppure, la questione del femminismo: gli uomini boomer in media sono sicuramente più emancipati rispetto alle generazioni che li hanno preceduti. Nonostante ciò, anche i boomer sono una coorte dominata dagli uomini, semplicemente perché le donne hanno raggiunto posizioni decisive molto più raramente. Questo fatto comporta delle conseguenze.

Molti uomini nati in quegli anni ritengono la critica sociale e le richieste delle femministe più giovani imposizioni, o, in ogni caso, ampiamente esagerate. […] I boomer hanno qualche problema anche con la diversità, semplicemente perché per decenni hanno incontrato soltanto un numero molto esiguo di migranti.

Affrontare le crisi

Quel che i boomer hanno però più difficoltà a gestire sono tutti gli sconvolgimenti che stanno accadendo o che si stanno rendendo necessari, combinati con il ritmo sostenuto con cui si realizzano.

Appena chiusa una crisi si apre la prossima e (la maggior parte dei) i boomer non riesce ad anticiparne l’impatto, men che meno a livello mentale. Il loro obiettivo era quello di riformare il sistema e di stabilizzarlo, il programma non prevedeva una crisi di sistema.

Per affrontare la nuova realtà utilizzano due strategie di opposizione. Una è la trasformazione del nuovo in noto.

Quando sentono “crisi di sistema” pensano: «Ah, ma la conosciamo, dev’essere una specie di socialismo». Quando leggono che le foreste stanno morendo dicono: «Come no, già ci è successo negli anni Ottanta, l’abbiamo sistemato». Ma le foreste muoiono davvero e nessun catalizzatore riuscirà a salvarle, stavolta. Oggi ci sarebbe bisogno di molto, molto di più.

Anche i minuti contati non dipendono da un capriccio, ma dalla fisica, dalla biologia e dalla virologia. A proposito di virologia: la crisi del Coronavirus ha dato il colpo di grazia al paradigma della gradualità dei boomer.

Di colpo ha reso evidente un fatto: “un passo alla volta” non è il segreto industriale della democrazia, ma soltanto la strategia politica privilegiata in un periodo di crisi moderate (contrapposte a un impiego smisurato di materie prime), un periodo che tra l’altro è stato anche il più felice per i boomer.

La critica delle ideologie non frena l’estinzione delle specie.

I problemi visti dai boomer

La seconda strategia di opposizione è la trasformazione di problemi materiali in ideologici. Se si tiene in mano un martello, tutti i problemi diventano chiodi. E se la critica delle ideologie è lo strumento prediletto, tutti i problemi diventano ideologici.

Quando si dice: «Gli obiettivi per il clima di Parigi non si possono raggiungere senza cambiamenti profondi e che avvengano in fretta (per i vecchi canoni della repubblica federale)», i boomer rispondono: «E’ antidemocratico, volete una dittatura ecologista». Anche questa è un’opinione che si può sostenere, ma le foreste non ne guariranno. La critica delle ideologie non frena l’estinzione delle specie e nemmeno guarisce le malattie al sistema respiratorio di chi abita in città.

La massima retorica non detta dei boomer (e della loro repubblica) era che fin tanto che non venisse detto nulla di estremo non potesse neanche accadere nulla di estremo. Quest’affermazione è razionale finché i pericoli più grandi dipendono da aberrazioni ideologiche. Se però i pericoli emergono dalla normalità perché sono di natura materiale e perché qua e là accrescono la loro portata in maniera esponenziale, allora questa massima rimane soltanto un pensiero magico.

Il rappresentante più determinato di questo modo di pensare è il sociologo Armin Nassehi (classe 1960). Si profila come una sorta di Weltgeist dell’“avanti-così”, paragona volentieri il movimento Fridays for Future a gruppi estremisti perché mette in discussione il sistema. In realtà non sono i Fff a farlo, il sistema si mette in discussione da solo. La posizione di Nassehi sull’ecologia non può che essere dunque rassegnata: “In realtà la politica democratica non è in grado quasi in nessuna maniera di affrontare i pericoli ecologici perché coloro che dovrebbero mutare il proprio comportamento sono anche coloro che votano”. Preferisce abbracciare il pericolo che mettere in dubbio il modo di pensare dei boomer (bisogna dargli atto che sosteneva questa tesi prima del Coronavirus).

L'approccio anti ideologico

Ora, l’approccio anti ideologico non è diventato di colpo sbagliato, ma il suo ambito di validità si è ristretto drasticamente. Potrebbe essere proprio compito dei boomer superare la propria paura degli sconvolgimenti e incoraggiare loro stessi i cambiamenti necessari, assicurandosi anche del fatto che nella propria lotta contro il riscaldamento globale non abbiano luogo surriscaldamenti ideologici. E potrebbero anche (per favore, davvero) distrarsi meno nella ricerca di esagerazioni vere o presunte delle femministe.

Alcune politiche e politici tra i boomer sembrano davvero muoversi in una nuova direzione. Ursula von der Leyen, per esempio, da presidente della Commissione europea ha contribuito a capovolgere in breve tempo il divieto di creare debito comune in vigore fin dalla fondazione dell’Unione.

Ha anche spinto per l’autodeterminazione dell’Europa e ha spianato la strada a un Green Deal che offre per lo meno una possibilità di salvare il clima. Perfino il ministro dell’Economia, Peter Altmaier, in realtà è un animo sveglio, agile, che però ultimamente era diventato prigioniero dei propri successi, ha recentemente confessato di aver commesso molti errori in fatto di politiche ecologiche e promette che entro l’anno la decarbonizzazione della Germania diventerà “irreversibile”. Già sento urlare Nassehi: “Irreversibile è antidemocratico!” Ma Altmaier è pur sempre stato eletto.

I boomer, che hanno sempre fatto volentieri a meno dei drammi ora ne devono davvero fronteggiare uno, il loro. Hanno ancora la possibilità di farne buon uso, forse potrebbe addirittura portargli gioia, sicuramente però ne soffrirebbero anche. Ma è giusto così.

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