Alla fine il Pd di Monza si è dovuto convincere. C’è voluta l’autorevole presenza del sindaco di Milano Beppe Sala e una telefonata – cordiale, viene giurato – della segretaria Elly Schlein, ma alla fine oggi a Monza alla conferenza stampa «Ambiente e democrazia, le urgenze del territorio», accanto a Marco Cappato, candidato alle suppletive del prossimo week end contro Adriano Galliani, l’amico di sempre di Silvio Berlusconi, ci sarà anche Paolo Pilotto, sindaco della città. Presenza significativa, ancorché sofferta: Pilotto è il capofila dei renitenti alla leva di Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni e da sempre in prima linee nelle battaglie per le libertà civili, apertamente contrario alla decisione di sostenerlo, arrivata dal Nazareno senza tenerezza verso i maldipancia locali, di riformisti e cattolici. Quella per sedersi sullo scranno senatoriale che fu del Cavaliere, è la classica corsa impari. Un Davide radicale contro un Golia che dà per scontata la vittoria.

Eppure in questi giorni in città circola la voce che Galliani, da un sondaggio tenuto riservato – e che non abbiamo visionato – avrebbe scoperto che se l’affluenza alle urne sarà bassa, la distanza con Cappato si accorcerebbe di molto. E alle suppletive negli ultimi giri l’affluenza è stata bassissima. Che il sondaggio esista o no, la destra, fin qui convinta di vincere a mani basse, ora un po’ ci pensa: se l’è fatto sfuggire il leghista Massimiliano Romeo ieri a Un giorno da pecora (Radio 1): «Il nostro principale avversario è l’astensione, meno persone vanno a votare e più difficoltà ci saranno per il centrodestra».

Anche perché a Monza, 123mila abitanti, lo scontro non è a due. Lunedì scorso, all’unica tribuna elettorale che Rai Lombardia ha voluto a organizzare (previa interrogazione parlamentare di +Europa sulla mancanza di informazione sul voto) mancava Galliani – assenza criticata seriosamente da Cappato, «questo è disprezzo per le regole democratiche», e invece sfottuta dal deputato Riccardo Magi, «Galliani è un assenteista professionale» – ma c’erano gli altri sei candidati senatori: Andrea Brenna (Democrazia e sussidiarietà), Giovanna Capelli (Unione popolare), Daniele Giovanardi (Democrazia sovrana popolare), Domenico Di Modugno (Partito comunista), Lillo Musso (Forza del popolo) e lo scoppiettante Cateno De Luca (Sud chiama nord), sindaco di Taormina in gita al settentrione.

Per sostenere Galliani, già successore di Berlusconi alla presidenza del Monza calcio – tutta la sua campagna elettorale gira intorno alla promozione in serie A – ieri è arrivato Antonio Tajani, il ministro degli Esteri e segretario nazionale di Forza Italia: è riuscito ad aprire un varco nella sua delicata agenda di crisi, fra un viaggio a Tel Aviv e una call con un ministro israeliano, per andare a sostenere il suo vecchio amico. Dibattito a tema fisso: «Sport, quando la passione genera economia». Poi è arrivato anche il vicepremier Matteo Salvini.

Cappato è sostenuto da Pd, radicali, rossoverdi, Psi e Azione. Il M5s non ha presentato un suo nome «per non contribuire a una frammentazione dell’area progressista». Non è proprio un fronte comune del centrosinistra, ma ci assomiglia.

A dargli una mano sono arrivati pochi big, anzi nessuno a eccezione di Sala e del dem Pierfrancesco Majorino. Non Giuseppe Conte, che ufficialmente non lo sostiene, né Elly Schlein: la segretaria Pd domani sarà a Bolzano e Trento, le due province autonome che pure vanno al voto nel week end.

Venerdì sarà invece a Foggia, l’altra scommessa elettorale del centrosinistra. Niente tappa a Monza. Ma non è detto che sia un male per Cappato: pesca anche a destra, e la presenza dei leader nazionali poteva dissuadere qualche dissidente dello schieramento opposto.

Foggia, la prova di Conte

Diversa la prova di Foggia. Qui le distanze fra le forze politiche dell’opposizione si accorciano. La sfida del capoluogo pugliese ha consigliato Conte a una tregua nelle quotidiane punzecchiature verso Schlein (alle quali lei risponde con l’ostinata formula «noi non perderemo un minuto in polemiche con le altre forze di opposizione»).

Se per una volta il risultato arrivasse, sarebbe di certo un conforto alla tigna alleanzista del Pd. Ma finirebbe per essere un gol per Conte: la città è casa sua, di Foggia sono anche l’eurodeputato Mario Furore, due deputati, Marco Pellegrini e Giorgio Lovecchio, e l’assessora regionale al Welfare, Rosa Barone. Se qui va bene sarà il vanto dell’ex premier. Se va male uno smacco vero, una sconfitta in casa.

Ma le speranze di vittoria sono fondate. Il comune è commissariato da due anni causa scioglimento per mafia, dopo che il sindaco leghista Franco Landella è stato arrestato con l’accusa di corruzione. Il candidato di FdI Raffaele di Mauro è sostenuto da solo cinque liste, contro le dieci dell’avversaria. La Lega, per comprensibili ragioni, non ha presentato il simbolo e si è nascosta nella civica Prima Foggia.

La candidata progressista, Maria Aida Episcopo, ha un profilo civico (è la dirigente dell’ufficio scolastico provinciale), è stata proposta dal M5s, è molto vicina a Conte, è sostenuta dal Pd e persino da Italia viva e Azione. Una coalizione larghissima, un unicum nazionale. Conte è stato qui lo scorso 7 ottobre (rinunciando a farsi fotografare alla manifestazione della Cgil a Roma) e tornerà domani.

Dopodomani arriverà Elly Schlein. In città si sono visti Roberto Speranza e Pier Luigi Bersani, che appoggiano in particolare il loro rampollo Gianluca Ruotolo, già segretario provinciale di Art.1. Per la sfida interna il Pd parte in svantaggio: alle ultime elezioni ha preso l’11 per cento contro il 13 dei grillini.

Ma era il 2019, un altro mondo, sostiene Ruotolo: «Questa è una città che negli ultimi sette anni è stata umiliata dalla destra, abbiamo avuto un sindaco che ha consegnato le chiavi della città a Salvini, poi si è fatto arrestare per corruzione, poi hanno sciolto il consiglio comunale per mafia. I dati economici e sociali descrivono una città in crisi. Il centrosinistra deve guidare la riscossa civica per rimettere in piedi una città a terra».

Una vittoria potrebbe essere il ramoscello di pace fra Schlein e Conte? «Una vittoria sarebbe anche un piccolo segnale per il centrosinistra nazionale»: finalmente un posto in cui il campo largo funziona. Ruotolo la racconta così: «Mercoledì scorso Bersani è venuto e ci ha detto: vincete, perché così io potrò andare in tv a dire “dobbiamo fare come Foggia”».

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