Carlo Calenda spiega che la sua lista per le europee, Azione-Siamo europei, avrà anche il simbolo di Renew Europe, autorizzato ieri. E che la sua non è la “casa delle libertà” come la lista Stati uniti d’Europa: «Tutti i soggetti politici hanno sottoscritto un decalogo, si iscriveranno a Renew, e dopo il voto apriranno un processo costituente per il “Partito della Repubblica”. Di là c’è chi andrà nel gruppo socialista e chi con i popolari, come i candidati di Mastella e Cuffaro».

Calenda, Riccardo Magi dice che Cuffaro non è nelle loro liste.

E allora Magi parli con Cuffaro, che racconta cose diverse. Il punto comunque è che non condivido una lista di cui Emma Bonino dice che dal giorno dopo ognuno andrà per conto suo. Gianfranco Librandi, per esempio, è contro le armi all’Ucraina, e sostiene che in Arabia «non c’è l’obbligo del velo». Cosa c’entra uno come Librandi con Bonino? L’unica cosa che li tiene insieme è la paura di non passare il quorum da soli.

Invece lei fa una corsa solitaria.

Non è solitaria, è con otto movimenti, dal Partito repubblicano ai socialisti liberali. E con le migliori competenze: dal generale Camporini al professore Zollino, esperto di nucleare, a Mario Raffaelli, che ha fatto la pace in Mozambico, ad Alessio D’Amato che ha fatto la migliore campagna vaccinale, a Lara Bisin, ex presidente di Confindustria a Vicenza. A Federico Pizzarotti.

Dal grillismo ci si può emendare?

Pizzarotti si è emendato dal grillismo prima di tutti, quando è diventato sindaco di Parma ha detto «col cavolo che chiudo il termovalorizzatore». È un pragmatico, ha dato vita a un’area di civismo poi confluita in +Europa, e ora con noi. Come l’unico consigliere campano di +Europa. Vengono da noi tutti quelli che non capiscono la lista con Matteo Renzi. Secondo un sondaggio loro, il 93 per cento dei loro elettori non volevano andare con Renzi.

È Renzi il problema?

È tutto il progetto politico. La lista Renzi-Bonino non ha alcun progetto. E il terzo polo è naufragato il primo giorno, quando Renzi ha fatto votare ai suoi Ignazio La Russa presidente del Senato.

Siamo europei esisterà dopo il voto?

Non solo. Faremo un congresso rifondativo, spero anche con l’area del Pd che avrà difficoltà a rimanere nel partito. In conferenza stampa ho citato Alcide De Gasperi che ricordava le grandi tradizioni popolari, repubblicane e socialista riformista. Noi siamo lì. Elly Schlein, con la nuova tessera dedicata a Enrico Berlinguer, ha ricondotto la storia del Pd a quella del Pci. Una gloriosa storia, ma il Partito della Repubblica rappresenterà le tradizioni liberale, repubblicana, popolare e socialista riformista. Dal Pd già alcuni sono arrivati, molti amministratori, da Daniele Nahum a Cristina Lodi. Altri arriveranno. Li annunceremo presto. E sarà un processo benefico anche per il Pd, che non può tenere insieme la linea di Schlein e quella di Guerini.

Ma poi con il Pd farete l’alleanza?

La situazione internazionale rimescolerà tutto: il governo non starà in piedi per la crisi della Lega che la porterà a staccarsi dal sostegno all’Ucraina, che nella nostra lista invece rappresenta un impegno degli eletti. La frattura fra Pd e M5s aumenterà perché Giuseppe Conte ha un solo desiderio: sottomettere il Pd. E il Pd purtroppo si sta sottomettendo.

Se il Pd rompesse con Conte, vi alleereste con Schlein?

Bisogna capire che Pd uscirà dalle europee. E quanto debole sarà il governo. Che non sta facendo niente. Il ministro Adolfo Urso canta vittoria perché Stellantis cambia il nome della macchina che produce in Polonia. Non c’è un piano industriale, sull’ex Fiat non sappiamo niente.

Schlein è sotto attacco di Conte sulla questione morale.

L’etica non va lasciata al giustizialismo dei Cinque stelle. Nella politica serve rettitudine e assenza di conflitti di interessi. Ma fra Conte e Schlein c’è un gioco delle parti. Il Pd non può pensare di risolverla con i codici etici, un espediente gattopardesco.

Schlein ha chiesto l’azzeramento della giunta Emiliano.

Il Pd dovrebbe allontanarsi da Conte e anche dai cacicchi che ha in giro per l’Italia. Ma non lo farà, risolve la questione mettendo Berlinguer sulla tessera.

Allontanarsi da Emiliano? Anche voi siete in maggioranza con lui.

Non abbiamo sostenuto Emiliano alle elezioni, poi sono entrati in Azione tre consiglieri della maggioranza, ma la loro linea è sempre stata molto critica.

Con il Pd c’è una distanza anche su Draghi. Non è il loro candidato presidente.

È un errore. Mario Draghi, l’europeo italiano più autorevole, è fondamentale. L’Europa si sta polverizzando. Per diventare una grande potenza, anziché il condominio litigioso che siamo, ci vuole un’auctoritas come lui. Ha già salvato l’Europa una volta. Su lui dovrebbero unirsi tutti gli italiani.

Invece nel 2022 gli italiani hanno premiato FdI, l’unico partito all’opposizione di Draghi.

È il paradosso italiano. Quando Draghi è uscito da palazzo Chigi aveva il 70 per cento di apprezzamento. Due mesi dopo il 70 per cento ha votato la destra, fra chi l’aveva sfiduciato e chi non l’aveva appoggiato. Gli italiani votano come al Grande fratello, l’influencer del momento, poi però ci servono Draghi e Paolo Gentiloni. Matteo Salvini, Conte, Meloni: votiamo chi incarna la nostra rabbia, poi ci stanchiamo perché non ha la postura autorevole che serve. Questo ci rende un paese sempre infelice delle scelte fatte.

Meloni è in calo di consensi?

Per apprezzamento come premier, sì. Sui voti vedremo.

Resta che mezzo Pd, segretaria in testa, non sostiene Draghi.

Si divideranno: sul sostegno all’Ucraina, sul green, sul Superbonus, sul nucleare. Sul gas: vai a dire a Stefano Bonaccini di chiudere il gas nell’Adriatico, come fa Schlein. Il Pd che Schlein manderà in Europa sarà quello di Dario Nardella ma anche dell’ex direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, di Cecilia Strada ma anche di Giorgio Gori. Uno che vota Pd cosa vota? La situazione internazionale renderà impossibile il “ma anche”. Il chiarimento sarà ineludibile. Lo dicono loro stessi.

E se non supererete il quorum?

Andremo sopra. In ogni caso andremo avanti.

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