In vista delle elezioni di settembre i vari partiti cercano di delineare strategie e mandare messaggi politici ad alleati e avversari. Domani alle 9 si riunirà la direzione nazionale del Partito democratico. Nella giornata di ieri il segretario, Enrico Letta, ha annunciato il nome della lista “Democratici e progressisti” e si è proposto come leader per contrastare nei sondaggi il crescente consenso che consegnerebbe Palazzo Chigi al centrodestra.

Sarà «una lista aperta, espansiva, ovviamente a partire dal Pd» e di cui «ho già parlato con Roberto Speranza, con i Socialisti, con i cattolici di Demos, con altri», ha detto ieri Letta intervenendo a Mezz’ora in più. Il segretario dem avrebbe già incassato l’assenso del Partito socialista, Articolo 1 (il partito di Speranza) e Demos, il movimento che gira intorno ad Andrea Riccardi e alla Comunità di Sant’Egidio. Secondo il quotidiano Repubblica l’annuncio dell’intesa raggiunta con Speranza sarà ufficializzata in un annuncio il prossimo mercoledì. Ma non tutti per ora sembrano trovare uno spazio. Matteo Renzi, il leader di Italia viva, ha detto in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera che è intenzionato a correre da solo, anzi «al momento questa è l’ipotesi più probabile», ha detto.

«Se prevale l’intelligenza politica e si costruisce una coalizione vera, ci siamo. Ma se ciascuno vuole tenere le sue bandierine e pensa di poterci abbindolare con due seggi o tenerci fuori con un veto, beh, non ci conoscono», ha aggiunto il senatore fiorentino annunciando che i candidati di Italia viva saranno annunciati per inizio agosto. «Abbiamo già vinto sfide controvento come quella per Draghi del 2021 o quella contro Salvini del Papeete. Facciamo politica seguendo l’appello di Sturzo ai liberi e forti. Liberi e forti. I deboli e ricattati sono altri». 

Renzi spera che non ci sia alcun veto da parte del Partito democratico per far entrare Italia viva in una larga coalizione che rischia di abbracciare tutti: da Fratoianni a Toti passando per Brunetta, Gelmini e Orlando. «Qualcuno mette veti su di noi? Per cosa? Forse perché siamo stati gli unici a proporre Draghi mentre loro inneggiavano a Conte creandone il mito di fortissimo riferimento progressista? Se invece il veto è legato all’astio di Letta per le vicende del 2014, non possiamo farci niente: per noi conta la politica non i rancori personali».

All’interno del Pd già si fanno sentire i vari leader. In un’intervista rilasciata a La Stampa Bonaccini ha detto che «per aggregare un nuovo fronte riformista è necessario ridiscutere e rimescolare tutto, altrimenti rimarremo vittime di noi stessi: dei veti incrociati sulle alleanze». «Non possiamo – continua il governatore dell’Emilia-Romagna – richiamare il pericolo della vittoria di una destra populista e antieuropeista, antiscientifica e filo Putin e poi rimanere inchiodati a uno schema interno e di alleanze che non regge più.

Il patto repubblicano

«Le sante alleanze fatte contro qualcuno non mi sono mai piaciute. Vede, battere nelle urne lo schieramento sovranista e reazionario degli amici di Orban e di Putin è il mio obiettivo, ma non basterà la semplice logica del 'sennò vincono loro' a sconfiggerli», ha detto in un’intervista a Repubblica la leader di +Europa Emma Bonino. 

«Se metti tutto insieme con il solo scopo di prevalere sugli altri, poi la gente non capisce bene cosa vuoi fare e pensa che, ancora una volta, ci sarebbe una coalizione che se vince si sfalda un minuto dopo e si torna daccapo». La Bonino ha anche annunciato che oggi +Europa e Azione (Calenda), presenteranno un patto repubblicano «su cui far convergere forze politiche ed energie – ha detto – a partire da questo, se sarà possibile, siamo pronti velocemente ad aprire un confronto. Siamo in contatto anche noi con ministri di Forza Italia che hanno lasciato Berlusconi dopo che il Cav ha scelto di diventare ruota di scorta dei leader più sovranisti e meno liberali d’Europa».

Nel nuovo governo Bonino chiede di continuare con l’agenda Draghi, tra europeismo e atlantismo, portando avanti riforme che che non troveranno spazio oramai in questo governo dimissionario.

«Su una base comune di valori e programmi, riassumibili nell’agenda Draghi, è possibile costruire con il Pd un'alleanza elettorale di un fronte largo per battere le destre. E se vinciamo, indichiamo Draghi premier. Ma vanno chiarite prima alcune cose», rilancia Carlo Calenda con un’intervista rilasciata a La Stampa.

Per il leader di Azione la coalizione «dovrebbe essere un polo europeista e democratico, con un’area liberal e una socialdemocratica. Non un listone unico», e si è detto pronto ad accogliere Gelmini e Carfagna all’interno delle fila del suo partito.

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