Si chiamerà Democratici e progressisti. Il segretario del Pd Enrico Letta ha accelerato sulla campagna elettorale annunciando il nome della lista e proponendosi come leader della forza “O noi o Meloni”, come recitava il titolo di un’intervista a Repubblica. Il noi e il programma però sono ancora in costruzione.

Sarà «una lista aperta, espansiva, ovviamente a partire dal Pd» e di cui «ho già parlato con Roberto Speranza, con i Socialisti, con i cattolici di Demos, con altri».

Letta è pronto a parlarne con «chiunque sarà disponibile», ha detto intervenendo a Mezz’ora in più. Il simbolo sarà quello del Pd, più una scritta “Italia 27” o “Italia 2027”, la data della fine della prossima legislatura. Il Partito socialista di Enzo Maraio ha accolto con entusiasmo l’apparentamento, Articolo 1 (il partito di Speranza) è dato per certo, così come Demos, il movimento che gira intorno ad Andrea Riccardi e alla Comunità di Sant’Egidio. Tra gli interlocutori ci sono anche il Partito radicale e il Partito repubblicano.

L’addio a Conte

Enrico Letta e sullo sfondo Giuseppe Connte (Foto Roberto Monaldo / LaPresse 22-06-2022)

Chiede spirito costruttivo e nessuna logica dei veti il segretario: «Se c’è qualcuno che ha voglia di discutere con questa logica costruttiva credo che possiamo essere ancora più espansivi», osserva ancora Letta. Una stoccata che sembra rivolta a Carlo Calenda, che lunedì si prepara a presentare il suo programma: «Non ho nessuna preclusione verso il Pd, ma solo per il Movimento», replica lui, «ma adesso bisogna cercare dei perimetri di coalizione che abbiano un senso», ha detto ricordando che la sua polemica con “le frattaglie a sinistra” (ovvero Europa verde e Sinistra italiana) ma «quello che presentiamo non è un aut aut». Intanto Letta non ha chiuso la porta né a Matteo Renzi, né ai furiusciti di Forza Italia o al ministro ex pentastellato Luigi Di Maio.

Durante la direzione del Pd di martedì si voterà la relazione del segretario che toccherà sicuramente più punti riferiscono dal partito: le regole delle candidature e le alleanze. In questa occasione dovrebbe essere ufficializzato l’addio a Giuseppe Conte. Il no inequivocabile del segretario è arrivato domenica mattina proprio il giorno dopo in cui le primarie in Sicilia che hanno unito Pd, M5s e movimento Cento passi (in rappresentanza della Sinistra). Tuttavia, forze come Sinistra italiana e i Verdi europei, “l’alleanza del Cocomero”, ancora ci sperano.

Il programma

Il programma assicurano dal Pd, è a buon punto, anche se si sta confrontando con le limature interne e dovrà tenere conto delle forze che saranno accolte nella nuova lista. Potrebbe perciò diventare definitivo ad agosto inoltrato. Se ne sta occupando Michele Bellini, a capo dello staff di Letta, e ha alle spalle anche gli 11 mesi di Agorà democratiche e le 850 proposte emerse. Tre saranno i grandi assi lavoro: giustizia sociale, diritti civili e sviluppo, e sostenibilità sia ambientale sia produttiva, ovvero la transizione ecologica.

Su tutto ci sarà la cornice di un «europeismo radicale nella sua fermezza e l’accento sul nesso euroatlantico». Il Pd insomma si schiererà ancora una volta con l’Ucraina ma soprattutto a fianco degli Stati Uniti e per la strategia di contenimento a est, con un rilancio del ruolo del Mediterraneo e il rafforzamento degli strumenti del multilateralismo del G7.

Salvini e Meloni

Foto AGF

I sondaggi di agosto mentre gli italiani sono in ferie rischiano di essere meno attendibili e le stesse società solitamente li sconsigliano. I partiti lavoreranno in parte al buio senza conoscere il loro gradimento, per arrivare al voto. Letta intanto si prepara alle feste dell’Unità e questa settimana sarà in Toscana, la sua regione d’origine e anche il territorio dove sceglierà il suo collegio.

Mercoledì sarà a San Miniato e giovedì a Siena. L’intenzione è essere il più presente possibile, non a caso ha selezionato anche Silvia Roggiani, segretaria metropolitana di Milano, per coordinare i centomila volontari che si occuperanno della campagna elettorale.

Con Giorgia Meloni, ha detto Letta, saranno «il sole e la luna, bisogna marcare la distanza, il bivio, rendere evidente che parliamo di due Italie profondamente diverse», a partire dal rapporto con le fonti fossili e ieri ha fatto partire anche una campagna social su questo. Invece non farà leva sul rischio fascismo: «Non farò campagna sugli -ismi»

Intanto, il centrodestra prima ancora che si arrivi al voto ha cominciato a parlare di poltrone. Un altro segnale che dà per certa la vittoria: «Sono consapevoli dell'imminente sconfitta e useranno ogni mezzo per tentare di fermarci», ha scritto Meloni su Facebook. Silvio Berlusconi accarezza il sogno di diventare presidente del Senato, mentre Matteo Salvini vorrebbe tornare al Viminale per assumere l’incarico da ministro dell’Interno.

Sull’argomento immigrazione, tra ius scholae e accoglienza, sarebbero d’accordo tutti i potenziali alleati del Pd: da Calenda a Fratoianni. Eppure in questi giorni il segretario non lo ha mai menzionato.

Il Mediterraneo lo ha riportato nella stretta attualità: Lampedusa si ritrova a dover gestire un numero di arrivi di migranti superiori alle sue capacità, ieri cinque persone sono morte in un naufragio nella zona Sar italiana, al largo della Libia. Salvini ha fatto un post per ribadire la sua linea contraria agli sbarchi.

«Meloni e Salvini hanno cominciato la campagna elettorale coi soliti post su sicurezza e immigrazione, aggressivi e violenti nella loro migliore tradizione. Non inseguiamoli su questo terreno come abbiamo fatto in passato», ha scritto sui social l’ex presidente del Pd e deputato Matteo Orfini.

Poco dopo essere diventato segretario, Letta aveva indossato la felpa della ong Open Arms pubblicando una foto con il capitano Oscar Camps, per ora non si è esposto: «Lui è sempre stato sensibile su questo punto – risponde Orfini – sono sicuro che lo farà».

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