«Il futuro dei prossimi mesi per Giuseppe Conte è nell’“europeismo critico». Un’espressione che ha iniziato a utilizzare all’indomani della bocciatura del Mes e che, come nella migliore tradizione della comunicazione Cinque stelle, può significare tutto e nulla.

L’obiettivo dei grillini, che da sempre con il campo largo vivo morto o X hanno un rapporto di amore e odio, è scartare rispetto al Pd. E l’occasione, stavolta, ha il volto del Mes. Votare contro la ratifica, secondo Conte mantenendo una impossibile coerenza con il sé stesso di quattro anni fa, è il primo colpo della campagna elettorale delle europee dell’ex premier. Poco importa se a negoziare in Europa è stato lui stesso.

Privo di un evento inaugurale come Atreju o il dibattito del Pd, dopo che dell’Italia a Cinque stelle si sono perse le tracce, Conte ha scelto come calcio d’inizio della campagna elettorale l’occasione in cui avrebbe potuto mandare sotto il governo, se solo le opposizioni avessero votato insieme. Ma per l’ex premier è stato più importante marcare le distanze con un Pd da dipingere come “sdraiato” sull’Europa.

Un filoeuropeo critico

Conte vuole mostrarsi filoeuropeo, ma in maniera critica: niente più antieuropeismo selvaggio come ai tempi in cui Paola Taverna trasformava gli euro in lire negli spot M5s, ma un’ostilità sottile nei confronti dell’Europa dei falchi e delle banche.

L’approvazione del nuovo Patto di stabilità – già definito dall’ex avvocato un «cappio al collo» – e la vicenda Mes gli hanno già permesso di vestire i panni di un nuovo eroe: europeista per quanto riguarda diplomazia comune e debito condiviso con una spruzzatina di estremismo à la Gianluigi Paragone contro i nemici di sempre a Francoforte e Bruxelles.

Conte è consapevole di avere le mani libere per essere più populista di Giorgia Meloni e Matteo Salvini e di poter far leva allo stesso tempo sul fatto di aver portato a casa i 207 miliardi di Recovery fund. Il supereroe del debito comunitario dell’Europa buona, contro le forze delle tenebre, tanto presenti nei discorsi del l’ex premier, insomma.

Una strategia per capitalizzare al massimo gli effetti del voto europeo sul versante interno: Conte ha esaurito i cavalli di battaglia del programma del M5s da giocarsi, dopo che Meloni ha smontato pezzo per pezzo sia il reddito di cittadinanza sia il superbonus.

E poi sa bene che a Bruxelles continua a non avere sponde e difficilmente sarà decisivo nella definizione dei nuovi equilibri. A legarlo al Pd restava il salario minimo, ma dopo che la destra ha affondato anche quello i due si possono ormai definire separati in casa.

La strada verso il voto

In un contesto simile non sembra neanche più così spontanea la critica senza filtri alla comunicazione di Elly Schlein da parte di Rocco Casalino, da sempre guru della comunicazione grillina, smentita con grandissima calma il giorno successivo.

Per il resto la strada che porta a giugno è segnata: per Conte il programma prevede, oltre al famigerato europeismo “critico”, una linea di rottura – filopalestinese in medio oriente e non punitiva nei confronti di Vladimir Putin in Ucraina – che può essere interessante per una fetta non piccola dell’elettorato di centrosinistra, ma anche per una parte della destra.

Anche perché Conte vuole convincere l’elettorato che lui, a differenza dei suoi competitor, non è un mero esecutore delle volontà di Bruxelles o di Washington. Lo dimostra l’accusa che emerge in un’altra piega dell’ultimo intervento dell’ex premier: Mario Draghi e Meloni, dice, avrebbero potuto trattare meglio con l’Europa sul Patto di stabilità.

Se oggi il Mes rimane ancora insostenibile e il nuovo Patto di stabilità è tutt’altro che vantaggioso per l’Italia – è il ragionamento – non è colpa di Conte. Probabile che nei prossimi mesi riemerga anche la questione dei migranti.

Conte non può che sperarlo, visto che è un altro tema su cui può sparigliare: sarebbe alternativo a Schlein, ma potendosi permettere una polemica molto più forte con Bruxelles rispetto a Meloni e Salvini, che hanno bisogno di mantenere un canale aperto con i vertici della Ue.

Le basi della corsa sono gettate, l’importante per Conte è riuscire a essere diretto come la destra senza sembrare di destra ed evitare gli arzigogolati ragionamenti in cui rischia di avvitarsi il Pd. L’avvocato del popolo si prepara a diventare avvocato dei popoli europei.

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