Se ne dovrà occupare il ministero dell’Istruzione con il ministero della Famiglia. Il Pnrr prevede 230 mila posti in più tra nidi e scuole dell’infanzia. Un report di Con i bambini e Open polis certifica che l’Italia è attualmente sotto la media europea con forti divari Nord-Sud e centro-periferia e il target ne dovrà tener conto perché sia un intervento efficace
- Il Piano asili dipenderà dal ministero dell’Istruzione, dal dipartimento per la Famiglia e dai Comuni. Il Pnrr prevede 230 mila posti in più tra asili e scuole dell’infanzia, ma ancora non è stato definito come verranno raggiunti.
- Per il governo i nidi sono fondamentali per abbattere le disuguaglianze e rilanciare l’occupazione femminile. Un report di Con i bambini e Open polis certifica che l’Italia è attualmente sotto la media europea con forti divari Nord-Sud e centro periferia.
- Il comunicato che accompagna il report avverte: «Se il target verrà raggiunto potenziando solamente le aree del paese già più "infrastrutturate" le risorse europee, nonostante il conseguimento dell'obiettivo nazionale, non saranno servite per abbattere le distanze esistenti».
Donne, Mezzogiorno e infanzia: non è strano che per parlare di questi tre elementi una delle promesse del discorso di Mario Draghi per presentare il Piano nazionale di ripresa e resilienza, sia stato stato il «Piano asili nido», delineato come uno degli elementi imprescindibili per mettere insieme il rilancio dell’occupazione femminile e la lotta alle disuguaglianze, ma questo piano, che prevede un incremento di 230 mila posti tra asili e scuole per l’infanzia, non esiste ancora.
Uno studio promosso da Con i bambini e Open Polis intanto certifica ampi divari, non solo Nord-Sud, ma anche centri urbani – aree interne.
Missioni e piani
La cifra l’ha resa nota lo stesso Draghi: «4,6 miliardi sono dedicati a costruire nuovi asili nido, scuole materne e servizi di educazione e cura per la prima infanzia». Il premier ha ribadito che il Piano di ripresa si baserà su varie missioni. La Missione 4, Istruzione, ha un focus per i bambini in età prescolare, ovvero 0-3 e 3-5.
Del Piano per gli asili nido si sa che mira a innalzare il tasso di presa in carico degli asili, che nel 2018, si legge, era pari ad appena il 14,1 per cento. Si prevedono, inoltre, il potenziamento dei servizi educativi dell’infanzia (3-6 anni) e l’estensione del tempo pieno a scuola, «per fornire sostegno alle madri con figli piccoli e contribuire così all’occupazione femminile». Inoltre è prevista la concessione di contributi che possono coprire anche l'intero importo delle rette degli asili nido, dei micro-nidi, delle sezioni primavera e delle scuole dell'infanzia, e in aggiunta l'attivazione di servizi di supporto a domicilio per le famiglie con figli di età inferiore a 6 anni.
Le finalità sono esplicitate e ripetute con lo stesso slancio usato dal premier in Parlamento: «Con questo progetto si persegue la costruzione, riqualificazione e messa in sicurezza degli asili e delle scuole materne al fine di migliorare l’offerta educativa sin dalla prima infanzia e offrire un concreto aiuto alle famiglie, incoraggiando la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e la conciliazione tra vita familiare e professionale». La misura dovrebbe consentire la creazione di circa 230.000 posti, «stima prudenziale», ha detto il premier nel corso della replica alla Camera.
Ma ancora non è chiaro come. L’intervento, si legge, verrà gestito dal ministero dell’Istruzione, retto per il momento dal ministro tecnico Patrizio Bianchi, in collaborazione con il Dipartimento delle Politiche per la Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ovvero della ministra Elena Bonetti, e verrà realizzato mediante il coinvolgimento diretto dei comuni che accederanno alle procedure selettive e condurranno la fase della realizzazione e gestione delle opere.
I dati
In attesa del piano è arrivata la fotografia della realtà. L’Italia in generale, si legge nel report Con i bambini-Open Polis, è sotto l’obiettivo europeo, cioè 33 posti ogni 100 bambini con meno di tre anni. La media italiana copre il 25,5 per cento dei bambini 0-2 ma è sul territorio che la sfida si complica ulteriormente. Il Centro-Nord, infatti, con 32 posti ogni 100 bambini ha quasi raggiunto l'obiettivo, e in media due comuni su tre offrono il servizio.
Nel Mezzogiorno le cose cambiano: i posti ogni 100 bambini sono solo 13,5 e il servizio è garantito in meno della metà dei comuni (47,6 per cento). La differenza tra le due aree è di 18,5 punti. Così ad esempio a Bolzano ci sono quasi 7 posti ogni 10 bambini, mentre a Catania e Crotone quasi 5 «non su 10 ma su 100 bambini» si legge. Forte anche la differenza tra comuni polo e quelli periferici e ultraperiferici (13,8 punti).
C’è una correlazione tra carenza di posti nido e l’occupazione femminile: il servizio è più carente proprio lì dove il tasso di occupazione femminile e più basso. Accade soprattutto al sud: in Sicilia ci sono dieci posti autorizzati ogni 100 bambini 0-2 anni, con un tasso di occupazione femminile delle donne tra i 25 e i 34 anni al 29,50 per cento. Per capire la differenza, in Valle d’Aosta viene coperto il 45,5 per cento dei bambini a fronte di un tasso di occupazione femminile al 70,4 per cento.
Se il target di Draghi «verrà raggiunto potenziando solamente le aree del paese già più “infrastrutturate” significa che le risorse europee, nonostante il conseguimento dell'obiettivo nazionale, non saranno servite per abbattere le distanze esistenti», è il commento di Con i bambini.
© Riproduzione riservata