Matteo Salvini è già isolato nel governo, con l’asse Meloni-Tajani a farla da padrone. Ma il leader della Lega rischia un accerchiamento anche alle prossime Europee con una concorrenza inedita. E dalle conseguenze imprevedibili.

La gara sarà a chi urla più forte contro l’Unione europea, con gli strali verso la politica che non ascolta i cittadini, nel segno del politically incorrect, che sfocia nella trivialità. Con un po’ di populismo e una spruzzata di sovranismo, la ricetta non è nuova. Cambia però cucina la pietanza anti-sistema: spesso personaggi che si affacciano sul proscenio nazionale per la prima volta.

L’offerta si presenta ampia: si va dalla tentazione della corsa in solitaria di Roberto Vannacci e si finisce a Libertà, la lista lanciata dal sindaco di Taormina, Cateno De Luca. L’esito è lo stesso: il segretario della Lega può perdere pezzi di classe dirigente. Ma soprattutto può lasciare per strada altre percentuali di voti.

Il generale e Scateno

L’incubo numero uno è l’eventuale lancio di un progetto di Vannacci. Salvini sta portando avanti un corteggiamento serrato, mettendo a disposizione del generale il ruolo di front runner come capolista. Al prezzo di scontentare molti eurodeputati uscenti. Insomma, il militare, trasformato in una star mediatica dopo il libro dai contenuti omofobi, “Il mondo al contrario”, potrebbe diventare da potenziale grande alleato a peggior nemico di Salvini.

Dai vertici del partito, comunque, si fa professione di ottimismo: Vannacci alza solo la posta, perché ha poco tempo per strutturare e lanciare un’iniziativa politica tutta sua. E alla fine potrebbe cedere alle lusinghe di un posto, da indipendente, sotto le insegne leghiste. Testando la capacità di raggranellare preferenze. Poi si vedrà.

Su un altro binario viaggia invece spedito Cateno De Luca, il fondatore di Sud chiama Nord, in arte “Scateno” per i suoi modi quantomeno sbrigativi e sopra le righe. Intanto, si è messo all’opera per tagliare i rami su cui siede il già fragile consenso salviniano. «Matteo Verdini», lo definisce l’ex candidato presidente della regione Sicilia per il rapporto con l’ex braccio destro di Silvio Berlusconi.

L’ambizione di De Luca è di scippare Umberto Bossi, o meglio il Bossi-pensiero di tutta la classe dirigente legata al vecchio Carroccio, alla prima Lega Nord, ormai stufa della gestione salviniana. «Stiamo lavorando a un incontro con Bossi», ha fatto sapere De Luca, che ha affidato la parte delle trattative politiche a una vecchia conoscenza del Movimento 5 Stelle, Laura Castelli, ex sottosegretaria al Mef in quota Di Maio.

Difficile che Bossi, da anziano padre nobile leghista, possa abbandonare la sua nave. Ma la migrazione di dirigenti e amministratori locali verso Libertà è un’opzione concreta. In nome di un progetto politico tutto anti-sistema, iper critico verso l’Europa, a partire sui dossier di balneari e ambulanti. Temi che mettono in affanno il governo Meloni, costretto a dare risposte a Bruxelles.

Una concorrenza sfrenata per Salvini. Anche perché la lista Libertà sta facendo razzia in Italexit, il partito abbandonato da Gianluigi Paragone e possibile preda della Lega. L’obiettivo di De Luca è di mettere insieme un po’ tutti, pescando dall’estrema destra all’estrema sinistra. Esempi? È in corso l’interlocuzione sia con il comunista Marco Rizzo che con il sovranista, ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, portatori di un voto di opinione, seppure da zero virgola.

Da Terni a Bruxelles

Un “dream team” di profili estremi, tenuti insieme unicamente dall’essere o almeno dal sentirsi antisistema. «Dentro, comunque, ci sono anche amministratori», spiegano i fautori della lista per attribuirle un profilo più istituzionale. De Luca ha dalla sua parte un grande vantaggio: non deve raccogliere le firme per partecipare alle elezioni di giugno. L’esenzione è arrivata grazie all’elezione di due parlamentari, anche se poi la senatrice Dafne Musolino è passata con Italia viva.
Un altro competitor della Lega salviniana è Stefano Bandecchi, che ha rassegnato e poi ritirato le dimissioni da sindaco di Terni. Un’operazione che per qualche ora gli ha garantito ancora la luce della ribalta, che aveva già preso con un repertorio di affermazioni sessiste.

Visto così, sarebbe un perfetto partner politico di Vannacci, se non fosse che i rispettivi ego farebbero fatica a stare nella stessa stanza. Ancora di meno in una lista comune. Poco male. Bandecchi è intenzionato a presentarsi con la sua Alternativa popolare, partito fondato da Angelino Alfano e finito nelle mani dell’imprenditore-sindaco. Le parole d’ordine, manco a dirlo, sono le stesse che suonano come una musica lieta all’elettorato più a destra. Che fino a qualche tempo fa avrebbe trovato un riparo sicuro sotto il tetto della Lega di Salvini. Ma le cose sono cambiate. Il messaggio leghista ha perso l’appeal anti-sistema.

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