«Un pactum sceleris» tra Gianluca Pini, un tempo vicinissimo al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ed ex parlamentare leghista, e l’ex direttore generale dell’Agenzia delle dogane Marcello Minenna, oggi assessore in Calabria. Questa l’ipotesi dei pm di Forlì che ha portato alla richiesta di arresto dei due uomini con l’accusa di corruzione per l’importazione di mascherine durante il Covid-19.

Pini, si legge nell’ordinanza del tribunale di Forlì, prometteva a Minenna di accreditarlo all'interno della Lega e la riconferma della nomina a direttore generale dell'Agenzia delle Dogane.

Minenna dal canto suo, consapevole del ruolo di primo piano nella Lega dell’ex parlamentare diventato imprenditore (e importatore di mascherine), faceva di tutto per andare incontro ai suoi interessi: «Interveniva in prima persona con gli uffici territoriali per risolvere i problemi di Pini», oppure «chiedeva ai suoi collaboratori di mettersi a disposizione».

Nell’ordinanza del tribunale di Forlì i messaggi di “Gianluca” a “Marcello”: «Ciao Marcello, scusa il disturbo ma stanno lentamente arrivando le mascherine per gli ospedali», il riferimento per sbloccare il lotto più velocemente, e «grazie mille».

Le conoscenze di Pini erano di alto livello. Le comunicazioni acquisite dagli investigatori hanno ribadito l'esistenza dei legami dell'ex parlamentare con esponenti politici di rilievo nazionale. «È emerso che l’indagato Pini conversa con persone che nel corso delle indagini risultavano svolgere l'incarico di parlamentari della Repubblica italiana, come l’onorevole Giancarlo Giorgetti, l’onorevole Jacopo Morrone e altri ancora».

Dal Mef ricordano a Domani che i rapporti tra Pini e il ministro dell’Economia si sono però interrotti da tempo, e che il leghista nulla sa degli affari dell’imprenditore di Forlì sulle mascherine, tantomeno dei suoi rapporti con l’economista ex Consob.

Anche Minenna, quanto a contatti importanti, non è da meno. Dopo che non era stato ritenuto necessario in un primo momento, adesso il tribunale ha disposto gli arresti domiciliari, anche a fronte del fatto che nel 2021, prima ancora che gli venisse notificata un’altra indagine della procura di Roma, si era mosso con il parlamentare del Pd Luciano D’Alfonso per capire come difendersi al meglio dalle accuse dei magistrati.

Pini, Giorgetti e Vespa

LaPresse

Domani aveva raccontato in esclusiva l’intricata vicenda che vede protagonisti Pini e Minenna. Il primo, ex onorevole di lungo corso della Lega e per anni vicinissimo al ministro dell’Economia e in passato anche suo socio in affari in una società informatica di cui il ministro ha ceduto tempo fa le quote, è finito sotto la lente della procura e dell’ufficio antiriciclaggio della Banca d’Italia perché proprietario di una piccola srl di Fusignano (a 30 chilometri da Ravenna), la Codice, nata durante la pandemia per commerciare bevande. E pure mascherine da vendere alla Ausl emiliana. Un’indagine che ha portato gli inquirenti a ipotizzare reati gravi come la corruzione, la frode, il falso ideologico e la turbativa d’asta.

A scoperchiare il “pactum” è stata inizialmente un’inchiesta parallela sul narcotraffico. Un imprenditore forlivese con precedenti penali secondo gli inquirenti avrebbe fatto parte di un giro internazionale di spaccio. Con le intercettazioni telefoniche e ambientali è emerso un consolidato rapporto personale e d’affari tra lui e Pini.

Gli investigatori hanno scoperto che quest’ultimo, intercettato a sua volta, sfruttando conoscenze di alto livello maturate grazie all'incarico istituzionale in parlamento nel tempo è riuscito a garantirsi la collaborazione in istituzioni pubbliche, locali e nazionali. La rete di rapporti gli ha permesso appunto di ottenere anche un appalto milionario dall'Ausl Romagna per la fornitura di dispositivi medici, «attività rispetto alla quale non sussisteva alcuna specifica attitudine aziendale», segnala il documento del tribunale, arrivando a lucrare sulla crisi pandemica del 2020. Interpellato da Domani alla fine del 2021 rispondeva: «Non sapevo nemmeno come fosse fatta una mascherina».

Il lockdown per frenare il Covid-19 era stato proclamato il 9 marzo una settimana dopo, la società di Pini si aggiudicava un appalto pubblico per la fornitura di mascherine per oltre tre milioni di euro. Un’attività che secondo l’inchiesta sarà supportata da «comprovati rapporti corruttivi tra l'ex parlamentare, alcune persone appartenenti Forze di Polizia, e i vertici dell'Agenzia delle Dogane». In tutto sono stati emessi 34 provvedimenti cautelari.

Le conversazioni

Nelle conversazioni presentate dai pm, Minenna sapeva che Pini aveva legami politici di primo piano. Quelli che, sembra, gli interessavano davvero. Aveva spiegato ad Alessandro Canali, ex dirigente poi licenziato in tronco dal grillino (la vicenda è finita in tribunale), l'importanza di Pini perché «braccio destro di Giorgetti». Una sponda per accreditarsi presso il centrodestra nella prospettiva di una progressione di carriera all'interno delle istituzioni. Si fa riferimento a ipotesi di ruoli ministeriali o nella Consob.

Minenna si sarebbe offerto a Pini dicendogli che avrebbe in seguito saputo a chi «essere grato». Qualche giorno prima del 31 gennaio 2020, data nella quale era nominato direttore dell'agenzia delle dogane dei monopoli, faceva capire a Pini che insieme avrebbero lavorato come una squadra.

Attaccato dall’ex deputato Paolo Tiramani, Minenna chiedeva a Pini di fargli giustizia. Pini chiamava Morrone per difenderlo visto che lo «abbiamo messo io e Giancarlo (Giorgetti, ndr)». Una millanteria, secondo l’entourage del ministro.

Frequenti, certamente, da parte di Minenna le richieste di intercessione presso Giorgetti. Nel 2020 Giorgetti contattava Minenna nel tardo pomeriggio del 10 aprile 2020, dopo che Pini aveva inviato a Minenna il seguente messaggio: «Ti chiamerà Giancarlo».

Minenna cercava anche contatti pubblici. Dopo diversi eventi a cui Giorgetti tornato ministro si era negato, alla fine, racconta Canali, «ricordo che Minenna si era rivolto a Pini per far venire Giorgetti all'evento della “Casa dell'anticontraffazione”», nel 2021. Fu «rilevante, anche perché venne Bruno Vespa e si organizzò una tavola rotonda con personaggi di spicco, tra cui il ministro Giorgetti. So che la presenza di Giorgetti avvenne grazie all'intervento di Pini».

Minenna si era convinto che era la svolta leghista che desiderava. L’indagine ha rilevato che Pini aveva raggiunto un grado di «monopolio conseguito in ambienti istituzionali di sicuro spessore» e «l’eccezionale rete di conoscenze» costruita negli anni grazie alla sua pregressa attività di deputato, grazie alla quale avrebbe ottenuto «la compiacenza spesso servile nei suoi confronti da parte di uomini delle pubbliche istituzioni».

Il ruolo di Minenna

Minenna, editorialista del Sole 24 Ore, assessore all'Ambiente della Regione Calabria, ex direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli ed ex assessore del Comune di Roma, negli anni ha navigato tra le forze politiche trovando sempre un porto sicuro. Difeso dal Movimento 5 stelle che ne ha favorito l’ascesa, vicino a Massimo D’Alema e Goffredo Bettini, infine salvato dalla destra calabrese di Roberto Occhiuto, amico di giudici, magistrati e giornalisti, al netto delle indagini penali si è rivelato un dirigente spregiudicato. Nemmeno le indagini alla procura di Roma e alla Corte dei conti per la gestione delle Dogane hanno scalfito le sue amicizie, come dimostrano i suggerimenti di D’Alfonso.

Da ieri è agli arresti domiciliari, ma il suo ruolo politico è solo sospeso. Il presidente della Regione Calabria, Occhiuto, prenderà le se deleghe e ha specificato che la sospensione è obbligata dalla legge. «In questi mesi in Calabria ha svolto molto bene il proprio lavoro, in modo particolare per quanto riguarda i fondi comunitari.

I fatti che gli vengono contestati dalla procura di Forlì riguardano il periodo nel quale Minenna è stato direttore dell’Agenzia delle Dogane: sono certo che dimostrerà la sua estraneità», spiega. Mentre per la procura il suo ruolo in Regione era un ulteriore rischio per l’inquinamento delle prove, visto che avrebbe continuato a «esprimere l'autorevolezza necessaria per influire sulla condotta dei funzionari operanti all'interno dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli».

Non solo, il giudice nell’ordinanza di applicazione della misura cautelare afferma che dall'atto dei pm della Capitale emerge che a Minenna sono contestati i reati di violenza, minaccia e calunnia. «Espressione chiara della personalità criminale dell'indagato». I legali di Minenna, Gianluca Tognozzi e Roberto d'Atri, rispondono che nell’indagine emiliana gli «viene contestato un solo episodio nel marzo 2020». Si difenderà «nelle sedi proprie». Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro ed esponente della Lega, spera che possa «dimostrare di essere innocente».

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