Alle sei e mezza del pomeriggio, a Bari, mezz’ora prima del comizio di chiusura della campagna per le primarie del candidato Michele Laforgia, è Giuseppe Conte a far saltare il banco.

Convoca i cronisti e annuncia: «Non ci sono più le condizioni per svolgere seriamente le primarie (previste per domenica, ndr), riteniamo che le ragioni che ci hanno spinto a sostenere il candidato Laforgia permangano immutate, anzi si rafforzano».

Da ore l’ex premier è al telefono con il Nazareno, dove è riunito il gabinetto di guerra. Si tratta per fermare le primarie, ma per trovare un candidato unitario, con un passo indietro dell’avvocato Laforgia, l’autoproclamato paladino della legalità, e di Vito Leccese, l’uomo di Antonio Decaro e Michele Emiliano. Che venerdì doveva salire sul palco con i due grandi elettori e con Elly Schlein (e con Angelo Bonelli – nelle grandi divisioni della sinistra barese c’è anche la piccola divisione dei rossoverdi, Nicola Fratoianni sosteneva Laforgia).

Conte non ci sta, chiede che il Pd alzi bandiera bianca e converga su Laforgia. Nel frattempo dal Nazareno per ore viene negata l’evidenza: a Bari è caduto un fulmine e ha spezzato quello straccio di unità che si era trovata a sinistra. Da quando in mattinata le agenzie hanno battuto che «nell’ennesima inchiesta su un presunto voto di scambio sono state arrestate otto persone, tra queste il sindaco di Triggiano, Antonio Donatelli, e Sandro Cataldo, marito dell’assessora regionale ai Trasporti, Anita Maurodinoia.  Quest’ultima è indagata e stamattina (giovedì 4 aprile, ndr) si è dimessa, lasciando anche ogni incarico all’interno del Pd pugliese». La procura contesta «associazione finalizzata alla corruzione elettorale».

A Roma il Pd ci mette un’infinità di tempo a realizzare il disastro. In mattinata, nel Transatlantico di Montecitorio, fra i capannelli dei dem si parla d’altro, in attesa che si consumi il voto di sfiducia contro la ministra Daniela Santanchè (mozione battuta, si sapeva). Del caso Salis, delle liste per le europee. Arriva Elly Schlein, sorrisi e saluti, il suo portavoce Flavio Alivernini tiene a distanza i cronisti: «Oggi non dichiaro».

Si unisce a loro Marco Furfaro, Piero De Luca per una stretta di mano, Stefano Graziano per una battuta. Poi gli smartphone piano piano ipnotizzano i deputati. Non è un fulmine a ciel sereno: è un’altra caduta nella via crucis delle indagini su presunto voto di scambio che già ha portato agli arresti più di cento persone, e due ex consigliere comunali di Bari.

Per il Pd è un film dell’orrore: la destra ha chiesto e ottenuto una commissione per lo scioglimento per mafia dell’amministrazione, Decaro è andato in piazza con mezza Bari, lì Emiliano ha raccontato il famigerato aneddoto sulla sorella del boss Capriati, è scoppiato un putiferio, i due hanno litigato male.

L’altra sera, nel rione Torre A Mare, hanno sparato a Lello Capriati, nipote proprio di quel boss. E domenica si dovrebbero aprire i gazebo?

Cinque ore di silenzio

Da lì il Pd ha uno dei suoi più brutti risvegli dell’anno, la primavera pugliese, la stagione dell’antimafia, tutto sembra finire. L’assessora Maurodinoia, moglie dell’arrestato, non è una qualsiasi: è «miss preferenze». Da Bari alla regione e su su fino al parlamento: è la prima dei non eletti della Puglia, per un pugno di voti (comprati, secondo gli inquirenti, fino a 50 euro l’uno). Nel Pd cala un silenzio mortale. Solo Andrea Orlando, poco prima di mezzogiorno, twitta: «Il Pd non può né deve avere a che fare con chi compra voti». Spariti i parlamentari pugliesi. La chat della segreteria resta muta.

In realtà si tratta, si tratta con Conte, che chiede a Schlein di mollare Leccese e convergere su Laforgia. L’avvocato da giorni ormai sfida Leccese, come uno che la sa lunga. «A Bari i voti si comprano e per questo non si dovrebbero fare le primarie», accusa il primo. «Sono contrario a questa visione dove c’è un candidato che è il paladino della legalità e l’altro che ha fatto parte in qualche modo dell’amministrazione», si difende l’altro.

La segretaria però ci mette cinque ore a scalpellare un comunicato. Che alla fine dice che la vicenda è «gravissima», se le accuse saranno confermate. «La linea del Pd è molto chiara: non accettiamo voti sporchi. Non tolleriamo voti comprati. Chi pensa che la politica sia un taxi per assecondare ambizioni personali senza farsi alcuno scrupolo, non può trovare alcuno spazio nel partito che stiamo ricostruendo, qui deve trovare porte chiuse e sigillate».

Un anno fa, nel suo primo discorso da segretaria, aveva avvisato: «Non vogliamo più vedere capibastone e cacicchi vari, su questo non cedo di un millimetro». Di fronte all’eventualità che qualcuno nel Pd ci sia ricascato, e all’essere andata a un passo dal mettere la sua faccia su primarie potenzialmente opache, sta ancora lì: «Ci siamo presi l’impegno a cambiare il Pd. Sulla legalità non indietreggeremo di un millimetro».

Si appella alla vigilanza democratica: «A tutti i nostri militanti e amministratori chiedo di essere le nostre antenne sul territorio, di difendere i principi della buona politica, di alzare la guardia e denunciare ogni irregolarità. Riempite i circoli, fate sentire la vostra voce, facciamolo insieme».

Riecco i cacicchi

Schlein sa che nelle polemiche di questi giorni sulle liste c’è anche, non solo ma anche, il ruolo dei «capibastone e cacicchi vari». Non ce l’ha mai avuta con Decaro, «uno dei migliori sindaci d’Italia», che anzi ha voluto secondo in lista al Sud dopo Lucia Annunziata. Ma ora i magistrati ipotizzano intorno al Pd barese un intreccio complicato – districabile? – fra voto di popolo e voto di scambio. Meglio fermare le primarie: la minima irregolarità manderebbe tutto in vacca. Ma il Pd è all’angolo.

Nichi Vendola, sostenitore di Laforgia ci prova: «Lavoro fino all’ultimo perché non si vada divisi». Intanto la destra, che già aveva attaccato Decaro alzo zero, ora spara accuse pesantissime. Decaro si difende: il voto di scambio non lo sorprende, dice, «per primo, durante le ultime elezioni, ho fatto delle denunce circostanziate, ne ho fatte tre e due di quelle denunce erano persone che votavano per me».

Emiliano tuona: «Ogni volta che in questi anni sono venuto a conoscenza direttamente o indirettamente di notizie di reato ho provveduto a segnalare tutto in procura. E ho sempre invitato tutti a fare la stessa cosa».

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