È la scommessa finale di Matteo Renzi per provare a essere decisivo in Italia, facendo pesare i voti per un’alleanza futura con la destra, e addirittura nell’Unione europea, dove vuole ridare vita alla maggioranza Ursula. Un rilancio che lo rende un po’ Rieccolo di fanfaniana memoria con una spruzzata craxiana di Ghino di Tacco degli anni Duemila.

Renzi compie la mossa rischiatutto: sarà candidato alle Europee a Milano, nella circoscrizione nord ovest, con la lista il Centro, il nuovo progetto pensato per garantirsi la sopravvivenza nelle istituzioni. Italia viva resisterà per qualche tempo, il congresso è stato confermato. Ma solo in attesa di capire la direzione del Centro.

La Milano di Berlusconi

Il leader di Iv vuole fare da traino a una lista che mira a condizionare gli equilibri, diventando centrale e riprendendo proprio un concetto che ha portato Bettino Craxi a palazzo Chigi. Solo che sceglie una collocazione che rievoca più i dorotei che i socialisti. Tant’è. «Sarà decisivo per dare le carte», ha ammesso l’ex premier nella conferenza stampa in cui ha annunciato la candidatura.

Conta avere una manciata di eletti per influenzare le scelte. Il leader che sognava di diventare il sindaco d’Italia con il 41 per cento delle Europee 2014 sembra aver ormai accantonato i sogni di gloria. «Non importa prendere il 41 per cento per essere decisivi. Basta molto meno e possiamo farlo», ha sottolineato. Se non ci riuscirà sarà la fine della sua parabola politica.

L’ex premier ci crede, però: è un esperto di azzardi. L’annuncio è avvenuto in un luogo simbolico, a Milano, la città che ha segnato le fortune di Silvio Berlusconi. Renzi vuole raccogliere quell’eredità e non ne ha fatto mistero. «Uno di Forza Italia, uno che ha votato Berlusconi, può votare “Adolf Urss” (storpiatura del nome del ministro delle Imprese, Adolfo Urso ndr) che vuole fare la guerra alle multinazionali?», ha chiesto.

Certo, nel mirino c’è sempre il suo ex partito, il Pd. O meglio i centristi democratici in agitazione per la linea della segretaria Elly Schlein: «Uno del Pd vota al centro o vota chi cancella il Jobs act?». L’obiettivo prioritario resta quello di svuotare il serbatoio dei forzisti in evidente affanno dopo la morte di Berlusconi. In quella Lombardia roccaforte dei dissidenti azzurri guidati dalla capogruppo di FI al Senato, Licia Ronzulli.

In privato Renzi confida di poter compiere il sorpasso, prevedendo una Forza Italia in bilico sulla soglia del 4 per cento e immaginando che il suo Centro possa agevolmente andare oltre quello sbarramento. L’ambizione è quella di avere in Europa «la maggioranza Ursula, la stessa di adesso».

Da Toti a Mastella

Al momento Renzi non si preoccupa di una corsa solitaria, qualcuno lo seguirà. Gli eventuali alleati, come ha spiegato, «li vedremo solo vivendo». Per ora in molti sono alla finestra. C’è l’interlocuzione con l’ex candidata alla presidenza della regione Lombardia, Letizia Moratti.

La pesca miracolosa può essere possibile anche nell’alveo moderato già presente in parlamento, a cominciare dal presidente della regione Liguria, Giovanni Toti. Per Renzi sarebbe l’aggancio perfetto al centrodestra per ripulire l’immagine da quel passato di “leader di sinistra”, ossia nel Pd, che gli elettori berlusconiani vedono come un peccato originale.

Al sud il progetto suona gradevole alle orecchie di Clemente Mastella, che non chiude la porta. «Renzi lancia un’iniziativa giusta, quella di tornare a un’anima di centro. Ma, se non vuole restare da solo, bisogna portare avanti un’azione collegiale sui territori, perché alle Europee si vota con le preferenze in un sistema proporzionale», dice a Domani l’ex ministro della Giustizia.

Insomma, Mastella attende una chiamata, un coinvolgimento, per partire insieme. Più complicata, invece, l’ipotesi di confronto con Maurizio Lupi, che con Noi Moderati ha lasciato intendere di voler restare ancorato al centrodestra. Il timore è quello di fare i portatori d’acqua, alias di voti, a Renzi, venendo poi bollati come traditori da Giorgia Meloni. Il percorso del Centro renziano è insomma in divenire.

Tra i dem pronti a sposare il progetto circolano i nomi del sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, e dell'assessore al comune di Milano, Pierfrancesco Maran. «Sono legato a un rapporto di stima nei confronti di chi nel Pd ha condiviso tante cose insieme a noi. Tra questi ci sono Gori e Maran», è stata la sviolinata Renzi.

Di sicuro non ci sarà Carlo Calenda. «In bocca al lupo per la candidatura e buona strada a il Centro qualunque cosa sia», ha commentato il leader e senatore di Azione, liquidando l’iniziativa dell’ormai ex sodale. Il via libera alla guerra senza quartiere per affondare politicamente Renzi, pronto all’ultima sfida.

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