La sentenza è storica e arriva dopo cinque anni di trafile giudiziarie. Il tribunale greco riconosce che Alba dorata ha operato come una “organizzazione criminale”. Il partito neonazista eruppe durante la crisi finanziaria e arrivò a conquistare nel 2012 quasi il sette percento dei voti. Entrò così in parlamento con ben diciotto seggi: un precedente che mise in allarme l’Europa, visto il carattere xenofobo e violento di questa formazione politica. 

La violenza di Alba dorata non si limita alle parole, ma ha preso di mira militanti di sinistra e migranti. Ha provocato nel 2013 la morte a coltellate di un rapper antifascista, Pavlos Fyssas, che moribondo riuscì a indicare il colpevole, cioè un membro del partito, Giorgios Roupakias. Oggi la corte riconosce la colpevolezza di Roupakias.

Nello stesso periodo, Alba dorata si è scagliata contro attivisti di sinistra, sindacalisti, e ha tentato di uccidere un pescatore egiziano. Il verdetto odierno stabilisce che sette di quei diciotto ormai ex parlamentari, tra i quali il leader stesso del partito, sono da ritenersi colpevoli di guidare una «organizzazione criminale», e passeranno in carcere tra i cinque e i quindici anni. Gli altri undici sono colpevoli di prendervi parte (per loro, fino a dieci anni di prigione). I membri del partito si sono dichiarati «vittime di persecuzione politica».

Ad aspettare il verdetto si sono radunate ad Atene migliaia di persone, circa quindicimila, che hanno accolto con entusiasmo la sentenza. La polizia ha utilizzato lacrimogeni per disperdere la folla.

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