Un gruppo di hacker collegati alla Cina ha avuto accesso all’account email dell’ambasciatore degli Stai Uniti in Cina, Nicholas Burns, e di altri funzionari del governo americano. Fra questi anche Daniel Kritenbrink, assistente segretario di Stato per l’Asia orientale.

Gli hacker sarebbero riusciti ad accedere a centinaia di mail servendosi di una falla del sistema di archiviazione cloud di Microsoft. È stata direttamente l’azienda a spiegare la dinamica dei fatti e a indicare come responsabile un gruppo di hacker collegati all’intelligence di Pechino.

Da quanto è stato riportato da Microsoft sembra che il problema che ha permesso l’hackeraggio sia stato risolto ma non si sa quali e quante informazioni i pirati informatici siano riusciti a prendere possesso.

L’attacco non si è limitato a soli due account ma ha una portata molto più vasta: l’attività dei pirati informatici cinesi va avanti da quasi due mesi e solo il 16 maggio gli Stati Uniti si sono resi conto di essere vittime di queste violazioni informatiche.

Oltre agli account mail dei due diplomatici è stato hackerato anche quello della segretaria del Commercio, Gina Raimondo, la cui agenzia ha imposto rigidi controlli sulle esportazioni di tecnologie cinesi che Pechino ha denunciato come un tentativo doloso di ostacolare le sue società.

Relazioni complesse

Le violazioni informatiche si sono verificate nello stesso periodo in cui gli Stati Uniti hanno organizzato incontri bilaterali con Pechino: un coincidenza temporale particolare che alimenta i sospetti secondo cui i pirati informatici abbiano preso possesso di informazioni riservate relative proprio ai rapporti fra le due superpotenze. 

Gli Stati Uniti, comprendendo quanto sia necessario avere dei rapporti quantomeno cordiali con la Cina, hanno tentato trovare dei punti comuni su cui collaborare nonostante le due superpotenze vengano da anni di relazioni complesse.

Già dall’amministrazione Trump, infatti, i rapporti con la Cina sono diventati molto tesi a causa dei dazi imposti sulle importazioni dalla Cina.

Gli attriti sono proseguiti anche con il presidente in carica, Joe Biden, che ha sostanzialmente proseguito sulla stessa linea del suo predecessore.

A complicare i rapporti sono state numerose questioni, prima fra tutte la guerra in Ucraina, in cui la Cina non ha voluto prende una posizione di condanna nei confronti della Russia. Le relazioni economiche sono però le più complicate: Biden ha posto importanti limiti alle esportazioni di chip verso la Cina, questa decisione ha causato l’ira del presidente cinese, Xi Jinping, in quanto i chip sono componenti fondamentali per le nuove tecnologie, in particolare per l’intelligenza artificiale.

La Cina ha risposto vietando le esportazioni di gallio e germanio, due elementi fondamentali per la costruzione di semiconduttori e quindi per l’intero settore tecnologico.

Sul piano delle operazioni di spionaggio, invece, si sono registrate ulteriori ostilità quando, a febbraio, gli Usa hanno rilevato la presenza di palloni spia cinesi incolpando Pechino di compiere operazioni di spionaggio sul territorio americano.

Gli attriti riguardano anche questioni geopolitiche come l’annosa vicenda di Taiwan. Lo scorso anno la speaker della Camera dei rappresentati, Nancy Pelosi, si era detta molto preoccupata per l’aggressività con cui la Cina stava gestendo i suoi rapporti con Taiwan. 

Tentativi di disgelo

Negli ultimi tempi gli Stati Uniti stanno tentando un’operazione di riavvicinamento a Pechino, consci dell’impossibilità di continuare a mostrare la loro reciproca ostilità.

Infatti l’amministrazione Biden ha organizzato tre importanti colloqui fra alti dirigenti americani e cinesi.

La prima visita ufficiale è stata compiuta dal segretario di Stato, Antony Blinken, che si è recato in Cina con lo scopo di porre le basi per un dialogo costruttivo in vista degli incontri successivi di Janet Yellen, segretaria al Tesoro, e John Kerry, inviato speciale per il Clima.

Nessuno di questi tre incontri si è però rivelato fruttuoso.

Blinken è arrivato a Pechino in un clima molto teso: pochi giorni prima la Cina si era lamentata del fatto che gli Usa pretendessero di dialogare da una «posizione di forza».

Al termine degli incontri Blinken ha riferito di aver detto alla sua controparte che la diplomazia deve essere la strada per affrontate le tensioni e evitare che «la competizione degeneri in conflitto».

Il tentativo successivo lo ha compiuto Janet Yellen con lo scopo di affrontare le numerose questioni economiche che legano le due superpotenze.

La segretaria al Tesoro ha valutato positivamente gli incontri svolti a Pechino dicendo che hanno contribuito a far progredire il rapporto tra Stati Uniti e Cina dandogli «basi più solide».

Ma queste affermazioni sono in contrasto con quanto accaduto nel successivo incontro con John Kerry.

L’inviato speciale al Clima ha svolto una visita di quattro giorni per cercare di persuadere la Cina a collaborare nella lotta al cambiamento climatico.

Cina e Usa sono, infatti, rispettivamente la prima e la seconda nazione per emissioni di anidride carbonica, motivo per cui la loro cooperazione è di fondamentale importanza.

Kerry è tornato negli Usa dicendosi fiducioso sul fatto Cina e Stati Uniti possono lavorare assieme per la limitazione del riscaldamento globale.

Ma a Pechino non sembrano altrettanto convinti, infatti le parole del presidente Xi Jinping rimarcano l’insofferenza verso l’approccio americano: «Gli impegni della Cina sono incrollabili, ma il percorso verso gli obiettivi, nonché il modo, il ritmo e l’intensità degli sforzi per raggiungerli saranno determinati dalla Cina stessa, e non influenzati da altri».

Dunque, i tentativi di disgelo compiuti dagli Stati Uniti sembrano essere serviti a poco.

Cauti con le parole ma duri nei fatti

Nonostante gli Usa si stiano impegnando a tenere toni più distesi e concilianti nei confronti della Cina i fatti smentiscono del tutto le parole dei funzionari americani, che hanno mostrato soddisfazione per gli incontri svolti.

Dunque, la questione degli attacchi hacker, presumibilmente svolti dall’intelligence cinese, è l’ennesimo esempio concreto di quanto le relazioni Usa-Cina siano e continuino ad essere ai minimi storici e potrebbe rappresentare un ulteriore ostacolo ai tentativi di pacificazione promossi da Biden.

Nel frattempo l’amministrazione americana continua a essere allarmata dalle relazioni economiche con la Cina e sta prendendo in considerazione di imporre nuovi limiti al commercio con la rivale. 

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