Qualcosa si muove nelle difficili trattative per liberare gli ostaggi a Gaza. Hamas sarebbe pronto ad accettare il rilascio di 3mila detenuti palestinesi in cambio degli ostaggi israeliani. Lo ha riferito il Wall Street Journal, che cita fonti egiziane. Tuttavia Hamas chiederebbe ancora il rilascio dei detenuti in Israele condannati a lunghe pene e che la discussione di un cessate il fuoco permanente cominci all’inizio di una tregua di 6 settimane. In questo caso – se le trattative andranno avanti – continuerà il rilascio di tutti gli ostaggi.

Come in un gioco delle parti il ministro degli Esteri di Tel Aviv, Israel Katz ha ribadito la linea della fermezza: «Il modo più efficace per portare avanti un accordo per il rilascio è continuare la pressione militare». Intanto un commando palestinese composto da due uomini, poi uccisi dalle forze di polizia israeliane, ha sparato sulle auto in Cisgiordania a un check point con un bilancio di un morto e otto feriti.

«È importante smantellare i restanti battaglioni di Hamas nel centro e nel sud della Striscia», ha detto il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, incontrando a Tel Aviv l’inviato della Casa Bianca Brett McGurk proveniente dall’Egitto, che ha poi incontrato anche il premier Benjamin Netanyahu.

Nell’incontro – ha fatto sapere il ministero – si è discusso degli sforzi per liberare gli oltre 130 ostaggi israeliani, degli sviluppi operativi nelle roccaforti di Hamas nel centro e nel sud di Gaza e degli aiuti umanitari alla Striscia. L’inviato di Biden ha ribadito l’interesse americano a non estendere il conflitto nella regione. Le elezioni primarie del Michigan saranno infatti il primo test in cui verrà pesato il malcontento democratico per la posizione del presidente Biden su Israele. Questo mentre c’è stato un accordo generale alla riunione dei ministri degli Esteri al G20 di Rio sulla necessità di trovare una soluzione a due Stati per risolvere la questione palestinese.

La sospensione dei fondi

L’Unrwa, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi, non ha «un piano B» dopo marzo nel caso in cui la sospensione dei fondi venga confermata dai paesi donatori. È l’avvertimento lanciato dalla responsabile in Libano dell’agenzia Onu per i palestinesi, Dorothee Klaus. Alla fine di gennaio, Israele ha accusato 12 operatori dell’Unrwa a Gaza di aver «partecipato attivamente» all’attacco di Hamas del 7 ottobre.

Oltre a questi, lo Stato ebraico ha sostenuto di avere informazioni d’intelligence significative secondo le quali oltre 30 operatori hanno facilitato la presa di ostaggi, saccheggiato e rubato nelle comunità israeliane. Infine, sempre secondo Israele, dei 13.000 dipendenti dell’agenzia Onu a Gaza, almeno il 12 per cento sono affiliati ai gruppi terroristici di Hamas e Jihad islamica palestinese (Pij).

In seguito a queste accuse, l’agenzia ha immediatamente licenziato 12 dipendenti e ha lanciato un’indagine interna, mentre sedici paesi hanno sospeso i finanziamenti, in attesa dei risultati dell’inchiesta. «Ci auguriamo che il maggior numero di donatori faccia sapere all’agenzia che sta riconsiderando il congelamento dei finanziamenti e che i fondi verranno ripristinati, si spera in modo tale da non avere problemi di flusso di cassa e che i servizi continuino ininterrotti», ha affermato Klaus, sottolineando che, sebbene l’Unrwa abbia affrontato crisi di liquidità in passato, questa sospensione collettiva ha provocato una crisi senza precedenti.

I ribelli Houthi dello Yemen hanno annunciato che le navi interamente o parzialmente di proprietà di individui o entità israeliane e le navi battenti bandiera israeliana sono “bandite” dal mar Rosso, dal golfo di Aden e dal mar Arabico. Lo riporta Al Jazeera.

Il Centro di coordinamento delle operazioni umanitarie degli Houthi, agenzia controllata dal gruppo, ha inviato una dichiarazione agli assicuratori marittimi e alle aziende che operano nella regione. Sono vietate anche le navi di proprietà di individui o entità statunitensi o britannici, o che navigano sotto la loro bandiera. Una cattiva notizia che porterà a nuovi raid in difesa della libertà di navigazione.

© Riproduzione riservata