Servono con urgenza politiche per l’edilizia popolare, per il contrasto alla povertà, per sostenere l’assistenza domiciliare degli anziani, mentre per rispondere alla crisi demografica se è vero che «siamo un paese in via di estinzione», è necessario agire sul fronte dell’occupazione, di un lavoro dignitoso per i giovani e allo stesso tempo accogliere i migranti favorendone l’integrazione. Sono queste alcune delle indicazioni e richieste arrivate al governo dal cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, contenute nella relazione con la quale ha preso il via la tradizionale assemblea generale dei vescovi italiani (in corso in Vaticano dal 22 al 25 maggio).

L’appuntamento è stato però aperto da un lungo incontro del papa con i vescovi, un dialogo a porte chiuse di quasi tre ore durante le quali sono stati toccati diversi temi: dalla pace alle migrazioni, dall’aumento delle povertà alle catastrofi ambientali.

Rischio irrilevanza

Ma fra i punti affrontati, ci sono state anche questioni interne alla chiesa come il calo delle vocazioni, che da anni interessa tutte le diocesi italiane e in generale quelle europee, con la conseguente necessità di accorpare i seminari; è stato toccato anche il nodo, spesso dolente, della gestione finanziaria, perché la chiesa è e deve restare «povera», avrebbe ribadito il papa.

Si tratta dunque di un’assemblea della Cei particolarmente ricca di spunti anche critici, da discutere, in gioco infatti c’è la qualità della presenza ecclesiale nel nostro paese nei prossimi anni. In effetti, rispetto a un cammino sinodale cui è stata chiamata dal papa la chiesa universale, le diocesi italiane sono apparse spesso poco partecipi, afflitte da stanchezze e resistenze che riguardano anche i preti.

In tale contesto, Zuppi ha sottolineato per la chiesa italiana, «il rischio di un ripiegamento identitario, accontentandoci di “pochi ma puri” (potrebbe essere pure la pigrizia dei “pochi ma nostri”). Rischiamo di essere irrilevanti nella vita di troppi e nella storia, nascondendo il talento per paura o pigrizia».

Giovani coppie senza casa

La parte più propriamente politica della relazione del presidente della Cei, dopo aver ribadito l’impegno per la pace promosso dalla chiesa italiana certificato dalla nomina da parte di Francesco dello stesso Zuppi come suo inviato speciale per il conflitto in corso in Ucraina, è stata dedicata alle questioni sociali che maggiormente premono ai vescovi. ù

E un’attenzione particolare è stata dedicata dal cardinale al problema abitativo. «Non c’è vita degna e non c’è famiglia – ha detto Zuppi - senza casa. Il piano della costruzione di alloggi pubblici è rimasto abbandonato da anni. Non fu così nei primi decenni del Dopoguerra.

Perché l’Italia, da anni, non si fa casa ospitale per le giovani coppie e per chi non ha casa? Può essere utile la riconversione di parte del patrimonio pubblico per l’edilizia popolare. C’è un bisogno di casa a costi accessibili.

La protesta degli studenti è una spia significativa di un più vasto disagio silenzioso. C’è un’Italia che soffre: i giovani, le famiglie, gli anziani, i senza casa, i precari, i poveri».  Quindi, sempre in riferimento alle difficoltà per tanti giovani di mettere su famiglia, l’arcivescovi di Bologna ha toccato «la problematica del lavoro povero e della precarietà».

«La Caritas domanda - ha aggiunto - politiche di contrasto alla povertà le quali richiedono interventi volti a ridurre la precarietà e il fenomeno del cosiddetto lavoro povero. Il decreto lavoro invece prevede strategie di detassazione che, seppur lodevoli, non sono configurabili come una politica dei redditi o di contrasto alla povertà». «Senza dimenticare – ha detto ancora Zuppi – che il decreto prefigura un aumento della durata e dell’applicabilità dei contratti a tempo determinato, nonché l’ampliamento dell’utilizzo dei voucher».

Spirito costituente

Importante anche il passaggio sulle riforme istituzionali, per le quali il presidente della Cei ha indicato due criteri di fondo: che si tratti di scelte condivise fra tutte le forze politiche e che venga data priorità a una nuova legge elettorale.

«Aggiornare il dettame costituzionale alle nuove esigenze del tempo – ha detto –  è un processo che seguiamo con attenzione. Decisivo è il metodo. Per cambiare la Costituzione è necessario ritrovare uno spirito costituente, come fu nel Dopoguerra, in cui tutte le parti sentirono la responsabilità comune: non era momento di lotta politica, ma possibilità di fondare la vita politica del futuro. Un primo banco di prova, come dichiarò il Consiglio permanente nel settembre scorso, è una legge elettorale adeguata e condivisa». Infine, fra quanti vedono violati nel nostro Paese i loro diritti fondamentali, il capo della Cei ha ricordato pure «quanti attendono una sentenza giusta e celere».

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