Si parla molto della milizia Wagner anche se probabilmente è giunta alla fine del suo percorso. Fondata nel 2015 in Siria per affiancare boots on the ground l’aeronautica militare russa a sostegno del regime di Bashar al Assad, ha avuto subito un micidiale battesimo del fuoco: molte decine (qualcuno dice un centinaio) dei suoi uomini sono stati spazzati via da un attacco aereo americano nei dintorni di Palmira, che avevano contribuito a liberare dall’Isis.

In quell’occasione non ci fu nessuna protesta russa. Il fatto di usare contractors serve proprio a questo: non dover giustificare le perdite e per lo più nasconderle. Il modello è stato iniziato dagli Stati Uniti durante le guerre del Golfo: contractors privati in appoggio ai militari regolari, a cui affidare la sicurezza di certe zone “liberate” ma ancora pericolose.

Agenti a contratto appunto: ex militari la cui bara non occorre rivestire della bandiera in caso di morte. La vecchia figura fosca e fuori moda del mercenario viene ammodernata e inserita nel mercato globale della sicurezza: uno dei modelli della privatizzazione della guerra sempre più diffusa.

In cerca di ricchezze

AP

È un modo dei governi per prendersi meno responsabilità ed esternalizzare alcune funzioni militari. La Wagner è la (prima) copia russa di ciò che già esisteva, peraltro vietata dalla legge russa: per aprire uffici a San Pietroburgo Evgenij Prigožin ha dovuto attendere la fase attuale della guerra in Ucraina (dal reclutamento pubblico) ed è probabile che ora tali norme saranno utilizzate contro di lui e i suoi, per metterli definitivamente fuori legge.

In Siria Prigožin comprende subito che non conviene limitarsi a fare da suppletivo all’esercito: trasforma la sua milizia privata in un volano per accrescere le sue – e altrui – ricchezze. Qui nasce l’avventura africana di Wagner: offrire a paesi fragili o in crisi un supporto militare in cambio di pagamento in natura (pozzi, miniere e così via).

In Africa ci sono governi e regimi in difficoltà con gli occidentali: in cambio del loro aiuto costoro impongono sempre molti condizionamenti (sui diritti umani, la democrazia e soprattutto la governance, leggi l’anticorruzione). Dal canto loro i cinesi non si occupano (ancora) di sicurezza. I turchi sono disponibili ma l’Africa è grande: si tratta di un’ottima opportunità per la Wagner che non ha molte pretese.

L’allargamento

È il caso del Centrafrica il cui governo ha bisogno di supporto militare contro i ribelli interni, ma non dispone di esercito (dissoltosi dopo varie vicissitudini) ed è sottoposto a sanzioni sulle armi. Wagner si offre in cambio della possibilità di sfruttare alcune miniere di oro e diamanti e viene subito accolta a Bangui.

Su questo poi si creerà il mito antifrancese ma si tratta innanzi tutto di affari. Il paradosso è che ciò avviene ufficialmente: al consiglio di sicurezza delle Nazioni unite sono gli stessi occidentali ad indicare tale soluzione “semplificata” ai centrafricani.

Messo un piede nel paese, ovviamente la Wagner si allarga: Prigožin la guida nel settore dei traffici e degli affari, adattandosi perfettamente ad un ambiente in cui già operano reti di trafficanti e criminali di vario genere.

Interessi

AP

La differenza è che Wagner è anche una milizia armata, ben formata e che sa addestrare. In Africa occorre fare una distinzione tra la Wagner militare e quella affaristica, che Prigožin cela sotto altri nomi (e che probabilmente sopravvivrà al fallimento del colpo di Mosca).

Un conto è intervenire militarmente, come la Wagner ha fatto in Centrafrica contro i ribelli, salvando la vita e il posto al presidente Faustin Archange Touadera. Altro è inserirsi negli affari del continente, sfruttando in particolare il lato informale e criminale dei traffici, come Prigožin ha fatto in altri paesi.

Miliziani armati ci sono per ora soltanto in Repubblica centrafricana, Libia e Mali (circa mille tra Cirenaica e Fezzan, un po’ meno a Bangui e un po’ di più in Mali). Negli altri paesi di cui si parla possono essere in corso contatti, più o meno avanzati, soprattutto nel campo degli affari e dello sfruttamento. L’obiettivo di Prigožin è sempre rimasto prima di tutto quello di arricchirsi.

Si dice che fosse in contatto ad esempio con Hemedti, l’ex vice presidente sudanese ora in guerra con il presidente al Burhan a Khartoum. Ciò che si sa è che i due hanno operato una joint venture su alcune miniere d’oro in Centrafrica e nel paese, senza utilizzo di uomini armati (di cui il Sudan non sente davvero il bisogno…).

L’indipendenza

Piuttosto in Sudan l’attenzione è da porsi sui contatti che il presidente al Burhan ha con la Mosca ufficiale: stava rinegoziando il vecchio accordo per una base navale. L’altro luogo di presenza militare accertata è la Libia, anche se l’alleanza stretta con il generale Khalifa Haftar non ha portato bene alla Wagner, forse ora limitata al traffico di armi.

Un caso di fallimento assodato è il Mozambico: spedita su invito di Maputo a sedare la ribellione jihadista nel nord (Cabo Delgado), la Wagner ha subìto gravi perdite e si è ritirata. È invece presente con i suoi uomini in Mali a combattere l’Isis locale e la ribellione islamo-tuareg.

Prova a mettere un piede anche in Burkina, con cui però non c’è ancora accordo. In altri paesi africani gli uomini Wagner sono andati a cercare agganci e possibilità di sfruttamento delle risorse, senza presenza militare. Non va dunque esagerata la potenza armata della milizia nel continente nero, anche se occorre seguirne i movimenti.

Nondimeno l’Africa ha inciso profondamente sul carattere della Wagner: la rottura avvenuta con Vladimir Putin è dipesa dal rifiuto di Prigožin di essere inquadrato nell’esercito di Sergei Shoigu e Valery Gerassimov. In quelle concitate ore è stata usata molta retorica patriottica da una parte e dall’altra, ma la questione era molto più concreta.

Prigožin ci teneva a restare totalmente indipendente perché consegnarsi ai militari regolari gli avrebbe fatto perdere il controllo dei lucrosi affari messi su nel continente. Resta da vedere chi ora li erediterà. 

© Riproduzione riservata