Sondaggi ed exit poll sono stati smentiti: alle elezioni danesi il blocco rosso, formato dai partiti della sinistra, ha ottenuto la maggioranza per un seggio: 90 su 179. I Socialdemocratici, la formazione principale dell’alleanza, hanno ottenuto il 27 per cento dei voti e il miglior risultato degli ultimi 20 anni.

Ma nonostante la vittoria a sorpresa, che consentirebbe alla prima ministra uscente Mette Frederiksen di proseguire con il suo governo, la leader socialdemocratica ha confermato le sue dimissioni, annunciando che intende formare un nuovo governo di grande coalizione che guardi a centristi e liberali.

Sinistra divisa?

La decisione di Frederiksen non è una sorpresa visto che le elezioni anticipate di ieri sono state indette proprio su pressione dei suoi alleati di sinistra, che avevano minacciato di toglierle l’appoggio esterno necessario affinché il suo monocolore socialdemocratico mantenesse la maggioranza.

Convocando le elezioni anticipate lo scorso 5 ottobre, Frederiksen aveva annunciato la sua intenzione di formare un governo di grande coalizione, il primo dal 1978. Il motivo ufficiale, ha spiegato, era che la crisi del Covid e la guerra in Ucraina avevano mostrato un crescente bisogno di un governo unitario, con tutte le forze moderate.

Ma la ragione sospettata da molti è che Frederiksen, che su diritti e immigrazione ha spostato molto a destra i socialdemocratici, si troverebbe più a suo agio a governare con centristi e conservatori che con i verdi e la sinistra.

I risultati

Se i socialdemocratici hanno fatto un risultato storico, i loro rivali sono a pezzi. I liberali di Venstre hanno quasi dimezzato i loro voti, passando da 43 a 23 seggi, prosciugati dai Moderati di Lars Rasmussen, ex leader liberali di recente fuoriuscito, la cui speranza di diventare il kingmaker della formazione del governo è stata delusa dall’ottimo risultato della sua avversaria Frederiksen. Sono andati male anche i tre principali partiti a sinistra dei socialdemocratici, ma il calo dei voti è stato compensato dalla leggera crescita dei socialdemocratici. 

Ha invece rischiato di scomparire la storica destra radicale del Partito del popolo danese, che ha superato di un soffio la soglia di sbarramento. Ma i suoi voti sono andati a due formazioni altrettanto populiste: la Nuova destra, arrivata a più di 3 punti percentuali, e i nuovi Danesi democratici, balzati da zero a 8 punti e diventati così il quinto partito del paese.

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