Appare chiara la conseguenza nei delicati rapporti tra Washington e Tel Aviv dell’intesa mediata dallo sceicco Tamim bin Hamad al Thani del Qatar sugli ostaggi: l’accordo, provvisorio e fragile, dimostra innanzitutto che il presidente americano, Joe Biden, è deciso a farsi rispettare dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, quando esprime delle linee rosse di comportamento da non superare, come nel caso della tutela della vita dei civili nella Striscia di Gaza, in uno scontro armato in territorio urbano costato finora, secondo fonti del ministero della Sanità di Hamas, 12mila vittime palestinesi. La Casa Bianca ha manifestato numerose volte la sua forte contrarietà per il numero crescente di morti civili, tra cui minori. Un episodio può rendere più evidente questa diversa valutazione tra i due alleati: l’amministrazione Biden ha fornito da settimane a Israele la posizione dei gruppi umanitari a Gaza per prevenire attacchi contro le loro strutture. Ma l’esecutivo di Israele ha continuato a colpire questi siti. Le informazioni, trasmesse al governo israeliano da almeno un mese, includevano le coordinate Gps di una serie di strutture mediche e informazioni sui movimenti dei gruppi umanitari nella Striscia, secondo tre fonti che hanno parlato con Politico protette dall’anonimato.

Nonostante questo scambio di informazioni, Israele avrebbe lanciato tuttavia operazioni contro Hamas all’interno o in prossimità dei siti umanitari, compresi gli ospedali, provocando forti reazioni internazionali e portando alla distruzione di edifici e al blocco del carburante e di altre forniture critiche per la sopravvivenza dei civili. Non è chiaro, precisa sempre Politico, se gli Stati Uniti abbiano compilato una lista formale di “no strike”, o se stiano fornendo indicazioni occasionalmente. Ma i dirigenti americani hanno trasmesso le coordinate dei gruppi che forniscono cibo e assistenza medica a Gaza e operano negli ospedali, in uffici più piccoli e vivono in guest house.

La solidarietà di Biden

Biden è corso subito a Tel Aviv all’indomani del terribile atto terroristico perpetrato da Hamas il 7 ottobre, che ha provocato 1.200 morti israeliani e la cattura di 240 ostaggi, per mostrare tutta la solidarietà necessaria all’alleato colpito così duramente. L’inquilino della Casa Bianca inoltre è stato pronto a sostenere Israele, chiedendo 14 miliardi di dollari di aiuti supplementari al Congresso e aumentando la presenza della flotta nel Mediterraneo in chiave di deterrenza nei confronti di Iran e alleati, per evitare la tentazione di estendere il conflitto, ma non vuol fare la parte dell’“utile idiota” del premier israeliano. Biden, che guarda con apprensione agli ultimi sondaggi per le prossime presidenziali del 2024 che lo danno in svantaggio in alcuni stati chiave, ha reso esplicito che gli Usa non sosterranno a qualunque condizione Israele. Sono molte le perplessità e le prese di posizione polemiche nel partito democratico, soprattutto tra i sostenitori più giovani, sollevate per il modo in cui Netanyahu sta conducendo la guerra nella Striscia di Gaza.

Israele dipende dagli Usa

Il premier israeliano è ovviamente consapevole che l’attacco subito da Hamas ha reso Israele più dipendente di prima dall’aiuto americano. Prima dell’attacco, Israele si proponeva ai paesi interessati agli accordi di Abramo come uno Stato che avrebbe potuto garantire la stabilità dell’area e dei suoi alleati in funzione anti iraniana. Oggi appare chiaro, invece, come sia essenziale l’ombrello americano per la protezione di Israele dai suoi nemici. Netanyahu, dopo qualche schermaglia iniziale e qualche strappo in avanti, ha dovuto cedere alle richieste di Washington perché si arrivasse a un’intesa sugli ostaggi su cui la Casa Bianca è stata irremovibile. Una scelta difficile, sofferta per Netanyahu, che ha dovuto prendere atto che il suo governo si è spaccato, con il ministro Ben Gvir furioso insieme alla destra più intransigente. Biden invece ha rilasciato una dichiarazione in cui accoglie favorevolmente l’accordo per la pausa nei combattimenti a Gaza e lo scambio di ostaggi e prigionieri tra Hamas e Israele. Nella nota, Biden ringrazia «lo sceicco del Qatar e il presidente Abdel Fattah al Sisi dell’Egitto per la loro collaborazione nel raggiungimento di questo accordo», e si dice «straordinariamente gratificato» al pensiero della imminente liberazione degli ostaggi. Silenzio sul ruolo di Netanyahu.

La permanenza nella Striscia

Un altro aspetto che divide profondamente Washington da Tel Aviv è la permanenza dell’esercito di Israele nella Striscia una volta sconfitta Hamas e terminata la campagna militare.

Biden e il suo segretario di Stato, Antony Blinken, non hanno fatto mistero di voler vedere l’Autorità nazionale palestinese guidata da Abu Mazen tornare a gestire le sorti della Striscia, ipotesi che Netanyahu non gradisce affatto, preferendo restare a tempo indeterminato a Gaza e magari ridurla ulteriormente costruendo un’area cuscinetto a nord. Anche su questo terreno a breve vedremo chi vincerà il braccio di ferro tra i due alleati.

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