Alla vigilia dall’inizio del mondiale di calcio in Qatar, il presidente della Fifa Gianni Infantino si presenta in conferenza stampa per difendere l’assegnazione decretata nel 2010 e per cercare di sedare le polemiche delle ultime settimane. «Oggi mi sento del Qatar. Oggi mi sento arabo, oggi mi sento africano, oggi mi sento gay, oggi mi sento disabile, oggi mi sento un lavoratore migrante», ha detto Infantino davanti ai giornalisti.

Cercando di giustificare la scelta della Fifa, Infantino ha tirato in ballo la sua storia personale: «Oggi ho belle sensazioni. Sono un figlio di lavoratori migranti. I miei genitori hanno lavorato molto duramente e in difficili condizioni. Ricordo come gli immigrati venivano trattati alle frontiere, quando volevano le cure mediche. Quando sono diventato presidente della Fifa ho voluto vedere qui le sistemazioni dei lavoratori stranieri e sono tornato alla mia infanzia. Ma come la Svizzera a poco a poco è diventata un esempio di integrazione, così sarà per il Qatar». È veramente così?

Migranti e lavoratori sfruttati

«Sono venuto qui sei anni fa e ho iniziato a occuparmi dei problemi dei lavoratori, a partire dallo stanziamento delle compensazioni per gli incidenti sul lavoro», dice il capo della Fifa. Dalle sue parole «i problemi dei lavoratori» sembrano declassati a mere situazioni infortunistiche, ma la questione è ben più complicata e ampia.

Decine di inchieste giornalistiche e report di associazioni a difesa dei diritti umani hanno dimostrato – spesso con perizie mediche alla mano – che migliaia di lavoratori sono morti di stenti, suicidi e infortuni, durante la costruzione dei sette stadi che ospiteranno le 64 partite della coppa del mondo.

Dal 2010 a oggi sarebbero morti più di 6.500 lavoratori provenienti da India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka. Uomini deceduti nei cantieri e sui quali si sa veramente poco, dato che in Qatar ci sono seri limiti alla libertà di stampa e di espressione.,

Entrare nei residence costruiti in mezzo al deserto dalle autorità qatariote dove sono ammassati in condizioni igieniche precarie migliaia di lavoratori, è quasi impossibile se non si è accompagnati dai servizi di sicurezza. Ma ai decessi e alla situazione di sfruttamento si aggiungono i bassi compensi percepiti.

Proprio in queste ore il Guardian ha pubblicato un’inchiesta sui salari ottenuti dai migranti impiegati come guardie di sicurezza ad Al Bidda Park, un’area che sarà al centro dei festeggiamenti dei tifosi durante il mondiale. I migranti vengono pagati circa 1.330 rial al mese – circa 366 euro – per 348 ore di servizio (più di 12 ore giornaliere). A sei anni di distanza dalla visita di Infantino in Qatar, sembra non ci siano stati miglioramenti nelle condizioni dei lavoratori. L’unica differenza è che, ora, i famigliari delle vittime chiedono compensazioni economiche alla Fifa.

Il paragone con l’Europa

«Se facciamo due passi indietro, il Qatar offre possibilità a centinaia di migliaia di immigrati e lo fa in maniera legale. Noi in Europa chiudiamo le frontiere, creiamo stranieri illegali: quante persone muoiono cercando di entrare in Europa? Dovremmo fare come il Qatar, creare condizioni legali per i lavoratori stranieri», ha detto Infantino attaccando Bruxelles. «Certo, le riforme hanno bisogno di tempo, di anni e anni. Ma chi è qui in Qatar, da lavoratore straniero, lo è in maniera legale e ha tutta l’assistenza, anche sanitaria», ha aggiunto.

Prendendo per buono che tutti i lavoratori stranieri abbiano effettivo accesso all’assistenza sanitaria e tenendo da parte le denunce di lavoratori a cui sono stati sequestrati passaporti e documenti per impedire loro di lasciare il paese e scappare dallo sfruttamento lavorativo, c’è un’altra importante considerazione da fare.

Il Qatar, più di altri paesi in Europa, ha urgente bisogno di manodopera straniera. Basta guardare ai dati demografici. I qatarioti rappresentano meno del 15 per cento della popolazione totale del paese, un dato singolare che non ha eguali in Europa dove nei 27 stati membri la popolazione locale è la stragrande maggioranza in ogni stato.

La nazionalità più rappresentata in Qatar è infatti quella indiana con il 24 per cento dei cittadini, seguita dal 16 per cento di nepalesi, il 13 per cento di altri cittadini arabi, 11 per cento filippini e poi bangladesi e srilankesi (5 per cento a testa). Di fronte a questi numeri, l’esigenza di lavoratori stranieri non è un atto di benevolenza o inclusione, ma è di vitale importanza per evitare il collasso economico del Qatar. Non è una scelta, ma è un obbligo che negli anni ha contribuito indubbiamente alla ricchezza del paese.

La questione Lgbt

«Qui ognuno è benvenuto di qualunque religione, di qualunque orientamento sessuale sia», dice Infantino. La cronaca recente, però, racconta continui episodi discriminatori a danno di persone omosessuali. In un paese in cui è molto complicato denunciare a causa delle possibili ritorsioni, Human Rights Watch è riuscita a documentare sei casi di percosse gravi e ripetute e cinque casi di molestie sessuali in custodia di polizia tra il 2019 e il 2022. Secondo gli attivisti, le forze di sicurezza hanno arrestato persone in luoghi pubblici solo in base alla loro espressione di genere e hanno perquisito illegalmente i loro telefoni.

A cercare di salvare le apparenze è arrivato il coming out di Bryan Swanson, responsabile delle relazioni con i media della Fifa. Al termine della conferenza Swanson ha preso il microfono e ha detto: «Vorrei dire qualcosa approfittando di questa occasione. Sono qui in Qatar in una posizione privilegiata, di fronte a tutto il mondo, come uomo gay. Ho riflettuto a lungo se condividere o meno il mio orientamento sessuale. Alla Fifa ci prendiamo cura di tutti. Siamo un’organizzazione inclusiva. Ho diversi colleghi gay. Sono pienamente consapevole del dibattito e rispetto pienamente il diritto degli altri a pensarla diversamente. Capisco. Ma so anche per cosa stiamo combattendo».

Inutile sottolineare il gesto lodevole di Swanson. Ma il responsabile media della Fifa parla da una posizione privilegiata, e sa che non subirà episodi discriminatori di alcun tipo, a differenza di cittadini qatarioti o stranieri che sono costretti a nascondersi per evitare repressioni o gogna mediatica. Infantino si dice «orgoglioso della Fifa» e del mondiale «che sarà un bellissimo evento, il più bello che ci sia mai stato», ma in molti hanno dubbi.

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