Gli americani si apprestano a votare alle elezioni di midterm principalmente animati da alcune preoccupazioni che considerano prioritarie e perciò decisive nella scelta dei candidati.

Fra queste ci sono l’andamento dell’economia, il mercato del lavoro, il costo della vita in vertiginoso aumento, il prezzo della benzina, l’immigrazione e la generale tenuta del sistema democratico.

Quest’ultima è una questione tutt’altro che peregrina, considerata la presenza massiccia di candidati repubblicani che, rifacendosi al verbo di Donald Trump, dubitano con vari gradi d’intensità della legittimità del voto del 2020 e non vedono perché dovrebbero accettare pacificamente i risultati di martedì, se saranno a loro sgraditi.

È utile però anche considerare quale tema non è al centro delle preoccupazioni dell’elettorato e perciò non sarà decisivo: l’aborto. E, per estensione, i diritti sociali, civili e tutte le questioni etiche che stanno sotto l’ombrello della culture war.

Tutti i sondaggi convergono nella constatazione che solo per una piccola fetta dell’elettorato l’interruzione di gravidanza – che dopo la sconvolgente sentenza Dobbs v. Jackson di giugno non è più un diritto garantito per via costituzionale – è una faccenda dirimente, mentre per la stragrande maggioranza degli americani non è davvero rilevante per scegliere chi votare.

Un recente sondaggio della Nbc, ad esempio, mette l’aborto soltanto al quinto posto nella classifica degli interessi dell’elettorato, dalle parti del crimine (questione molto sentita in alcune zone urbane, ma irrilevante in altre aree) e dei cambiamenti climatici (che sono una priorità elettorale solo per una minoranza istruita e benestante). 

Un altro indicatore della scarsa importanza del tema alle urne viene dalle elezioni dello scorso anno per il governatore della Virginia, stato in bilico che contiene un ampio spettro di sensibilità politiche. Soltanto l’8 per cento degli elettori indicava l’aborto come una questione decisiva per la scelta.

Certo, la Corte suprema non aveva ancora infiammato il dibattito con il rovesciamento della Roe v. Wade, ma è altrettanto vero che anche la questione economica e l’inflazione non erano pressanti come lo sono oggi.

L’illusione

La quasi totale irrilevanza dell’aborto alle elezioni di midterm è importante perché è in netto contrasto con la strategia dei democratici. Il partito del presidente è fisiologicamente in svantaggio nelle elezioni di metà mandato e la popolarità di Joe Biden, assediato da crisi su tutti i fronti, è crollata nell’ultimo anno.

Ma i democratici hanno visto nella sentenza contro l’aborto della Corte a supermaggioranza conservatrice l’occasione per ricompattare il partito e mobilitare l’elettorato di sinistra, operazione che è stata costruita scrupolosamente e con un certo vantaggio temporale, visto che una bozza della sentenza è filtrata dalla Corte suprema due mesi prima del pronunciamento.

I democratici hanno fatto investimenti senza precedenti sul tema in campagna elettorale. Secondi i dati di AdImpact, un’organizzazione che monitora i messaggi elettorali, i democratici hanno speso nel corso dell’anno 124 milioni di dollari per spot televisivi sull’aborto (73 milioni solo nel mese di settembre), una cifra di venti volte superiore all’investimento fatto sull’aborto al midterm del 2018. 

È di gran lunga la questione su cui il partito ha speso di più, ma il rischio è che a questa offerta esorbitante corrisponda una domanda di molto inferiore.

L’effetto sui sondaggi

Queste considerazioni inducono alcuni analisti a pensare che martedì i democratici non subiranno soltanto una sconfitta – i sondaggi dicono che il passaggio della Camera ai repubblicani è scontato, al Senato la questione è più complicata – ma saranno sepolti da una valanga repubblicana. 

Potrebbe essere l’effetto di una sovra-rappresentazione della forza democratica a cui ha contribuito anche la questione dell’aborto.

Il New Yorker ha intervistato diversi sondaggisti repubblicani, garantendo loro l’anonimato perché parlassero liberamente, che sono concordi nell’osservazione del fenomeno: l’aborto ha intensificato la mobilitazione di elettori democratici già molto motivati, cosa che ha amplificato uno sforzo elettorale che però è rimasto nell’ambito di chi in ogni caso avrebbe votato per il partito di Biden.

Il risultato è un’illusione ottica: apparentemente la mobilitazione funziona, produce entusiasmo e rafforza gli attivisti, ma in realtà gli elettori indecisi e davvero contendibili hanno altri problemi e preoccupazioni, e perciò altri criteri per scegliere chi votare in un’elezione che darà la misura della debolezza di Biden e della forza di Trump.

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