Le spinte populiste rallentano in Italia, mentre crescono in altri paesi europei come Germania e Svezia. I fattori che compongono la sindrome populista stanno subendo processi trasformativi nei diversi paesi occidentali, con traiettorie differenti da paese a paese.

Il quadro emerge dalla ricerca che Ipsos global advisor ha realizzato in 28 nazioni dal 2016 a oggi e che permette il confronto longitudinale delle pulsioni populiste. Un primo fattore da osservare è la spinta al leader forte. In Italia, nel 2016, il bisogno di un punto di riferimento risolutore e tenace coinvolgeva il 68 per cento dell’opinione pubblica. Oggi siamo scesi al 43 per cento, con una sfrenata di 25 punti.

Un rallentamento ancor più deciso si registra in Francia, dove il leader che risolve tutto è passato dall’80 per cento del 2016 al 43 di oggi. Le pulsioni leaderistiche sono in decelerazione anche in Polonia (dal 60 al 39 per cento), mentre negli Usa permane stabile nel tempo (40 oggi come nel 2016).

Il leader forte

La ricerca del leader forte cresce, invece, in Germania (dal 21 al 27 per cento), Svezia (dal 23 al 37 per cento), Ungheria (dal 42 al 45 per cento), Olanda (dal 38 al 46 per cento), Gran Bretagna (dal 50 al 53 per cento) e India (dal 65 al 73 per cento).

Un altro fattore cogente della sindrome populista è la frattura popolo-élite. Anche in questo caso in Italia registriamo un calo delle pulsioni: dal 73 per cento del 2021 al 66 di oggi. Su questa faglia le dinamiche nei paesi sono differenti rispetto al leaderismo. In Francia la percezione di distanza con le élite è altissima ed è ulteriormente cresciuta passando dal 75 al 77 per cento. Analoga dinamica in Ungheria (dal 77 all’80 per cento).

Più o meno stabile è il livello di frattura in Gran Bretagna (da 62 a 63 per cento). In calo, invece, negli Usa (da 68 a 60 per cento), in Olanda (da 57 a 53 per cento), in Belgio (da 68 a 59 per cento), in Polonia (dal 79 al 67 per cento) e in Germania (da 64 a 58 per cento). Terza dimensione della sindrome populista è quella legata al giudizio sui partiti tradizionali, avvertiti come scarsamente interessati alle esigenze dei cittadini.

Questo aspetto, come gli altri, mostra una contrazione significativa in Italia, scendendo dal 72 al 64 per cento tra il 2016 e oggi. Il dato è in discesa in Francia (dal 76 al 71 per cento), in Spagna (dal 75 al 64 per cento), in Polonia (dal 70 al 63 per cento) e in Belgio (dal 63 al 58 per cento). Il distacco dai partiti tradizionali sta lievitando, invece, in Svezia (dal 42 al 51 per cento), in Gran Bretagna (dal 58 al 66 per cento) e in Giappone (dal 48 al 62 per cento), mentre resta stabile e ad alti livelli in Ungheria (73 per cento) e negli Usa (dal 66 per cento del 2016 al 65 di oggi).

Una sensibilità che cambia

Ultimo fattore, tra i vettori della sindrome populista, è quello legato alla richiesta di blocco totale dei flussi migratori. Un aspetto che è in crescita quasi ovunque, tranne in Italia, Belgio e Usa. Nel nostro paese lo stop ai migranti scende dal 46 al 39 per cento tra il 2016 e oggi.

Negli States il calo è dal 38 al 33 per cento, mentre in Belgio passa dal 47 al 44 per cento. In Ungheria e Olanda il dato è, invece, in netta crescita, passando, rispettivamente, dal 41 e 44 per cento del 2021, al 51 e 52 per cento di oggi. In Svezia si registra il salto più alto, transitando dal 27 per cento del 2016 al 48 di oggi. Il tema lievita in Polonia (dal 31 al 39 per cento), in Gran Bretagna (dal 31 al 34 per cento) e in Spagna (dal 28 al 32 per cento).

Il racconto populista, come quello nazionalista, si fonda sul bisogno di trasmettere un senso di protezione e si presenta, per dirla con le parole del filosofo tedesco di origini coreane Byung-Chul Han «come un’offerta a buon mercato di senso e identità».

Un modello narrativo che dà forma al bisogno di ordine, protezione e stabilità sospinto dalla globalizzazione e dalle dinamiche di instabilità esistenziale, lavorativa e di collocazione sociale generato dalla contemporaneità. La narrazione populista, pur rispondendo a pulsioni ataviche, ha in sé elementi di incostanza e riesce a generare forme di adesione forti ma momentanee e fluide.

I dati di calo in Italia, pur essendo ben lontani da segnalare una completa inversione di tendenza, mostrano che è in atto un’evoluzione nella sensibilità politica di una parte dell’opinione pubblica. La sfida sta lentamente spostandosi su un nuovo terreno di gioco: passando dalla dimensione della chiusura difensiva a quella della prospettiva di futuro, del paese che vogliamo essere. Un campo di gioco su cui le forze politiche nostrane non sembrano saper navigare e in cui appaiono, per ora, come dei pesci fuor d’acqua.

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