Nella capitale ucraina Kiev, nel luogo dove sono sepolti leggendari eroi vichinghi ed eroi della prima guerra d’indipendenza ucraina, la tomba che riceve più attenzioni, sottoforma di fiori e messaggi di affetto, è quella di “Juice”, pilota di caccia ed eroe di guerra morto in un incidente aereo lo scorso agosto.

“Juice”, il cui vero nome era Andrii Pilshchykov, è stato un’instancabile avvocato della consegna al suo paese dei famigerati caccia americani F16 e il suo viaggio negli Stati Uniti, in compagnia dell’attore Sean Penn, è stato tra i fattori che hanno contribuito al via libera del Pentagono alla fornitura dei jet. 

Quasi un anno dopo, i famigerati F16 si stanno finalmente avvicinando all’Ucraina. Oggi, però, nessuo sembra più credere che questi velivoli siano da soli in grado di rovesciare le sorti di una guerra che per l’Ucraina sembra andare sempre peggio.

Una spericolata pattuglia

Secondo il New York Times, i primi dodici F16 e relativi piloti ucraini, addestrati in Danimarca, potrebbero iniziare a volare nei cieli ucraini già il prossimo luglio. Sono rinforzi preziosi per l’affaticata aviazione ucraina, che, dopo due anni di guerra, può contare soltanto su qualche decina di vecchi jet da combattimento sovietici, inferiori da ogni punto di vista ai moderni velivoli impiegati dalla Russia.

L’Ucraina dovrebbe ricevere in tutto 45 aerei, donati da Danimarca, Norvegia, Belgio e Paesi Bassi. Ma non dagli Stati Uniti, nonostante gli americani stiano sostituendo la loro enorme flotta di F16 con i più moderni F35. Non è un segreto, infatti, che il Pentangono è scettico sull’importanza di questi aerei nel conflitto in corso. L’Ucraina, sostengono, ha bisogno di munizioni di artiglieria, missili antiaerei e veicoli blindati. Gli aerei da combattimento, che richiedono mesi di addestramento per essere impiegati ed enormi infrastrutture logistiche per restare operativi, sono in fondo a questa lista.

Per i generali americani, il dibattito sugli F16, che aveva raggiunto l’acme nella scorsa primavera, è stato una distrazione dalle necessità più basilari, ma più importanti, che le forze armate di Kiev avevano in vista della controffensiva estiva. Ma, rispondono gli altri sostenitori dell’Ucraina, Kiev sarà costretta prima o poi a passare da un’aviazione basata su aerei sovietici a una di aerei Nato. Meglio iniziare il passaggio prima che dopo.

Un impatto modesto

Saranno gli storici militari del futuro a stabilire chi aveva ragione. Nel frattempo, i primi aerei si preparano ad arrivare in Ucraina e gli esperti hanno già iniziato a gettare acqua sul fuoco dell’entusiasmo riguardo l’impatto che avranno sul conflitto.

Intanto, si tratta di pochi aerei: una dozzina di velivoli in un conflitto che ne vede coinvolti, da entrambe le parti, probabilmente qualche centinaio (inizialmente gli ucraini avevano chiesto agli alleati la fornitura di 200 aerei). Gli F16, inoltre, non rappresentano una tecnologia mai vista nel conflitto in corso. Anzi, hanno prestazioni paragonabili, forse persino inferiori in acuni campi, rispetto ai principali jet impiegati dai russi, i Su35.

Ci sono poi le ben note limitazioni specifiche degli F16. In particolare il fatto che, a differenza dei modelli sovietici utilizzati dagli ucraini, piuttosto spartani e adatti a operare in condizioni anche piuttosto precarie, gli F16 sono oggetti piuttosto delicati. La dozzina di aerei che arriverà in Ucraina richiederà un team manutenzione/logistica di 250 persone (50 soldati ucraini hanno ricevuto l’addestramento necessario, il resto saranno probabilmente contractor civili di paesi Nato).

Gli F16, inoltre, avranno bisogno di piste di decollo pulite e regolari, mentre ad oggi l’aviazione ucraina opera spesso da strade di campagna e piste di cemento improvvisate. Questo significa che le basi da cui potranno operare gli F16 diventeranno un bersaglio prioritario per l’aviazione russa.

C’è infine un’ultima considerazione che spinge alla cautela. E ciò che il conflitto in corso ha dimostrato che per qualsiasi aviazione è molto pericoloso operare contro moderne difese antiaeree. Come i russi, con i loro moderni caccia, non possono permettersi di avventurarsi impunemente nei cieli dell’Ucraina, così gli ucraini dovranno stare molto attenti a far volare i loro aerei nei cieli difesi dai missili russi, soprattutto se si tratterà dei preziosi F16.

Le altre armi

I jet da combattimento non viaggiano più impunemente nei cieli, come ai tempi degli interventi Nato in Kosovo e Libia. Anche per questo il clamore per gli F16 negli ultimi mesi si è spostato sempre più sui missili a lungo raggio, più piccoli (e meno costosi) di un aereo e quindi molto più adatti a colpire all’interno di un territorio ben difeso.

Da mesi, ormai, l’oggetto del desiderio di Kiev sono i missili Taurus di fabbricazione tedesca, considerati l’arma ideale per distruggere il ponte che collega la penisola di Crimea con la terraferma russa. Ma il governo tedesco non vuole saperne. I Taurus sarebbero troppo potenti e con un raggio troppo ampio e il cancelliere Olaf Scholz ha fatto capire che non si fida della promessa ucraina di utilizzarli solo contro bersagli sul loro  territorio nazionale.

Sono arrivate invece novità positive sul fronte delle munizioni di artiglieria, probabilmente l’arma più noiosa, ma anche la più rilevante nell’attuale conflitto. La Repubblica Ceca ha annunciato questa settimana di aver raccolto sufficienti risorse dai paesi alleati per acquistare 300mila proiettili identificati in un non meglio precisato paese al di fuori dell’Unione Europea.

Il via libera all’acquisto è arrivato pochi giorni fa, quando la Francia ha tolto il veto che aveva messo all’utilizzo di fondi europei per acquistare armi al di fuori dell’Unione. In tutto, il governo di Praga dice di aver identificato 800mila proiettili pronti all’acquisto, ma non avrebbe ancora raccolto fondi sufficienti ad acquistarli tutti.

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