Il partito repubblicano americano ha deciso di alzare il livello dello scontro con l’amministrazione Biden, usando ancora una volta la questione migratoria: ha votato nella commissione per la Sicurezza nazionale della Camera dei rappresentanti due articoli per l’impeachment del segretario per la Sicurezza nazionale Alejandro Mayorkas.

Quest’ultimo, un background da procuratore distrettuale in California ai tempi di Clinton e di alto funzionario all’epoca di Obama, sempre nell’ambito della gestione dei flussi migratori, è da sempre un bersaglio delle polemiche dei conservatori, per varie ragioni, tra cui quella non secondaria che Mayorkas è nato a Cuba; quindi, essendo un cittadino naturalizzato, sarebbe favorevole a un maggiore afflusso di migranti irregolari.

Negli articoli votati da 18 deputati su 33, tutti repubblicani, l’esponente dem è stato accusato di aver “violato la fiducia” e “violazione e sistematico rifiuto di rispettare la legge”, un riferimento velato al sostegno dato dalla Casa Bianca alle “città santuario”, quelle amministrazioni locali che non fermano i migranti irregolari in nome della loro autonomia. La prossima settimana ci sarà il voto dell’intero emiciclo congressuale dove i repubblicani, attualmente, possono contare solo su 219 deputati su un totale di 435. Quindi il margine d’errore è minimo.

Oltre alla prevedibile opposizione dei dem, che in un report di 29 pagine scritto a difesa di Mayorkas hanno definito l’impeachment repubblicano “un processo farsa”, non è chiaro se ci saranno defezioni. Tra questi c’è il deputato del Colorado Ken Buck, un ex ultraconservatore diventato feroce critico di Donald Trump.

Forzare la mano

Il presidente della commissione, il deputato Mark Green del Tennessee, ha detto che la situazione ha “forzato loro la mano”. Portando il gruppo al secondo impeachment della storia americana destinato a un membro dell’amministrazione anziché al presidente: nel 1876, alla fine dell’amministrazione dell’ex generale Ulysses Grant era toccato al segretario alla guerra William Belknap, accusato di essere coinvolto in un grosso scandalo di corruzione.

Nessuna accusa del genere invece è arrivata a Mayorkas. Per questo si sono alzate due voci contro questo processo, entrambe insospettabili: da un lato l’avvocato Alan Dershowitz, arruolato dalla difesa di Donald Trump nel suo primo processo d’impeachment, ha scritto un commento sul portale The Hill dove afferma che siccome l’accusato «non ha commesso reati di corruzione, di tradimento o di nessun altro tipo» le ragioni dell’impeachment sono «totalmente faziose e sono il risultato di un doppio standard».

Anche il Wall Street Journal in un editoriale non firmato ha ricordato che in questo modo «non cambieranno le politiche migratorie» e si apre «un brutto precedente» per futuri impeachment di matrice politica. Quali sono le ragioni profonde di questa scelta?

Prendersela con Mayorkas

Sicuramente c’è quella di sviare l’attenzione da altre tematiche, come quella economica. L’inflazione si è quasi fermata e quindi a buon diritto l’amministrazione Biden potrebbe vantare il buon risultato, se non ci fossero i negoziati in corso sul maxipacchetto da 106 miliardi di dollari composto di aiuti da destinare all’Ucraina, a Israele e a Taiwan e alla sicurezza del confine con il Messico.

Se si prendono in esame i dati degli exit poll repubblicani del New Hampshire, dove si è votato lo scorso 23 gennaio, l’unico tema su cui Trump è fortissimo è proprio l’immigrazione. Quindi non è un caso che l’impeachment colpisca proprio Mayorkas, il responsabile delle politiche migratorie dell’amministrazione in carica.

Così facendo, si rafforza l’immagine dell’ex presidente Donald Trump, che è sostenuto dall’intera leadership del gruppo della Camera. Questo fa intuire altri due elementi: il primo, più immediato, è che ormai sono ridotte al lumicino le possibilità che l’accordo che si sta preparando al Senato passi mai il vaglio dell’altro ramo dell’assemblea.

L’altro dato è che ormai non si parla più di mettere in stato di accusa lo stesso presidente per aver commesso non precisati “reati” nel periodo in cui era vice di Barack Obama e sarebbe stato socio d’affari occulto del figlio Hunter, all’epoca lobbista con affari all’estero sia in Cina che in Ucraina.

L’obiettivo è dunque cambiato: l’amministrazione viene bersagliata nella persona del meno conosciuto Mayorkas e può fornire un argomento prezioso ai trumpiani: l’amministrazione Biden ha favorito “un’invasione” di migranti irregolari, per di più in modo fraudolento. Un tema su cui l’ex presidente vuole costruire la sua campagna di riconquista della Casa Bianca il prossimo novembre.

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