«Mangerei volentieri un kebab», dice il soldato sdraiato in barella. «Cosa ha detto?», domanda l’anestesista seduta accanto all’autista dell’ambulanza. «Che vuole un kebab», risponde la paramedica. Tutti scoppiano a ridere. C’è un clima stranamente rilassato nell’ambulanza che dal punto di stabilizzazione vicino al fronte sta correndo verso l’ospedale di Druzhkivka, sul fronte ucraino del Donbass.

Ai due soldati a bordo è andata bene. Stanno lasciando la zona di combattimento con ferite tutto sommato leggere: un bacino fratturato e un femore rotto. Sono rimasti entrambi coinvolti nell’esplosione di una bomba-aliante russa, un’arma rudimentale, costituita da una bomba da mezza tonnellata di esplosivo che grazie a un paio di ali può viaggiare per decine di chilometri prima di colpire il suo obiettivo.

Nella notte ne sono esplose almeno cinque e il loro boato si è sentito fino a Pokrovsk, a più di venti chilometri dalla prima linea. I due soldati erano abbastanza lontani dal punto di impatto e hanno subito soltanto le conseguenze dell’onda d’urto. Ora li attendono qualche mese di convalescenza e poi una licenza. Per chi si trova entro cinquanta metri dall’esplosione, invece, non c’è speranza. Spesso, non si riescono nemmeno a ritrovare i colpi.

Battaglia a Chasiv Yar

La zona dove i due soldati sono stati colpiti è una postazione avanzata vicino a Chasiv Yar, la cittadina che nelle ultime settimane è diventata il centro del fronte ucraino. Situata in cima a una collina, Chasiv Yar domina l’ultima parte della regione di Donetsk sotto controllo ucraino. Se i russi riuscissero a occuparla, potrebbero arrivare facilmente a Kostiantivka e da lì risalire fino a Kramatorsk, completando così la conquista della regione di cui Putin ha dichiarato l’annessione alla Russia oltre un anno fa. Secondo l’intelligence ucraina, il presidente russo avrebbe ordinato ai suoi generali di conquistare la città entro il 9 maggio, in tempo per l’anniversario della vittoria nella Seconda guerra mondiale. Per ora, i rusi stanno sondando le difese ucraina e cercando di capire se la cittadina può essere aggirata.

Chasiv Yar e il suo circondario, però, sono ben difese dalle unità d’élite della 5ª brigata d’assalto, che a dispetto del nome è impegnata in operazioni difensive, e dalla 41ª e dalla 22ª brigata meccanizzata. Anche la 93ª sta arrivando al fronte, dopo aver ricevuto nuovi rimpiazzi - in gran parte uomini di mezza età e con poche settimane di addestramento, come accade sempre più spesso all’esercito ucraino a corto di personale.

Un largo canale che separa la città vera e propria dalle linee russe aiuta ulteriormente i difensori. Gli ucraini, insomma, sembrano avere tutti i vantaggi, a differenza di quanto avvenuto un anno fa, quando difendendo la vicina Bakhmut dagli attacchi della Wagner, si sono trovati  dominati dai russi appostati sulle colline circostanti. Resta il problema dei boschi che coprono gran parte della regione e che consentono ai russi di avvicinarsi senza essere avvistati.

Ma più che gli attacchi di terra, per ora gli ucraini dicono di temere l’aviazione russa, che si è fatta sempre più spericolata. La scorsa settimana, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato che il suo paese ha esaurito i missili antiaerei con cui difendere le città ucraine dai bombardamenti. Ma questo significa che anche le truppe al fronte non hanno più protezione.

Il dominio dei cieli

«Negli ultimi tempi, l’aviazione russa ha incrementato gli attacchi di almeno cinque volte, forse anche di più», dice Gleb, nome di battaglia di un comandante di compagnia della 22ª brigata, appena tornato dalla prima linea. Con i suoi uomini si riposera per un paio di giorni prima di tornare nelle postazioni avanzare.

«Ormai l’aviazione russa ha sotto tiro tutte le nostre linee di comunicazione logistiche, compresa le aree dove ci riposiamo», dice, intendendo che anche Kostiantivka, dove trascorrerà la notte, non è sicura. Ogni giorno, i jet russi compiono nell’area almeno una decina di missioni di combattimento, e ogni missione significa lanci multipli di razzi o bombe-alianti.

Un video pubblicato pochi giorni fa dal settore di Chasiv Yar mostra un caccia russo volare a meno di quattro chilometri dalle linee ucraine, una distanza che nella guerra aerea è l’equivalente di un combattimento ravvicinato con il coltello. Significa che i jet russi operano senza alcun timore di rappresaglia.
L’aviazione ucraina, nel frattempo, è quasi invisibile. I caccia di Kiev si vedono forse due volte a settimana. Quando succede, per gli ucraini è una festa. I russi fermano qualunque operazione e corrono a rifugiarsi nelle loro postazioni, permettendo all’artiglieria di colpirli mentre sono fermi, dice Gleb. Ma succede troppo raramente.

I famigerati F16 non cambieranno questa situazione, prosegue l’ufficiale. I circa venti aerei di fabbricazione americana che dovrebbero arrivare in Ucraina quest’estate avranno un impatto «dell’1 per cento» sulla situazione. Kiev, piuttosto, ha un disperato bisogno di missili anti-aerei, le uniche armi che in numero sufficiente potranno tenere i caccia russi lontani dai cieli ucraini.

Qualche progresso su questo fronte è stato raggiunto la scorsa settimana, con la promessa tedesca di inviare nel paese un nuovo sistema antiaereo a lungo raggio Patriot e uno a medio raggio Iris-T. Altri sistemi potrebbero arrivare da paesi europei come la Spagna. Italia e Francia, invece, sembrano restie ad inviare i loro Iris-T.

Gli aiuti Usa

Quando l’ambulanza arriva all’ospedale di Druzhkivka, i paramedici sono pronti ad accogliere i feriti. C’è un'atmosfera rilassata - per quanto possa essere rilassato un ospedale militare. Non è una serata particolarmente intensa per gli standard di questo settore. Una bomba aliante è caduta poche ore fa, ma non ci sono ancora notizie di feriti. La prima linea è tranquilla e a parte qualche raffica sparata contro i droni da ricognizione russi, la sera è silenziosa.

Vitaly, un chirurgo militare che si fa identificare solo con il nome perché non è stato autorizzato a rilasciare interviste, fuma una sigaretta nel cortile dell’ospedale. Dal suo telefono mostra il video di un’operazione al cuore che ha eseguito su un soldato di 26 anni la sera prima. «Una ferita da scheggia, come la maggior parte di quelle che riceviamo», dice.Nella guerra moderna, solo una minoranza di soldati viene colpita dalle armi leggere. Dopo l’operazione, dice i suoi vestiti erano a tal punto intrisi di sangue che li ha semplicemente gettati via. Il soldato, un volontario dei primi giorni di guerra, non è sopravvissuto.

«Il nostro problema ora sono i droni - dice Vitaly - Quegli stronzi hanno iniziato a colpire le ambulanza con i droni Fpv», dice riferendosi ai droni russi pilotati in prima persona, una nuova arma che ha nell’ultimo anno ha reso sempre più difficili gli spostamenti nei pressi del fronte, tanto per gli ucraini quanto per i russi.

«I feriti vengono evacuati soltanto all’alba e al tramonto, nel momento in cui non stanno operando né i droni notturni né quelli diurni. E noi così ci troviamo a operare soldati feriti da 12, 24 o anche da 36 ore. Puoi immaginare con quali conseguenze».

Mentre termina la sua sigaretta, Vitaly ci tiene far sapere che ringrazia Europa e Stati Uniti per gli aiuti che hanno fornito al suo paese. In quel momento, non può sapre che nel giro di 24 ore il Congresso americano sbloccherà finalmente i 60 miliardi di dollari in aiuti militari destinati all’Ucraina. Un passo fondamentale per la difesa dell’Ucraina, arrivato nella notte di sabato, grazie a un accordo tra democratici e repubblicani, dopo sei mesi di stallo politico. 

Per la leadership di Kiev si è trattato della notizia più importante da parecchio tempo a questa parte. Patriot e altre difese aeree sono tra al primo punto nella lista di richieste ucraine al Pentagono che i nuovi fondi permetteranno di sbloccare. Ora ci sono pochi dubbi sul fatto che saranno tra le prime armi a essere spedite in Ucraina. Resta da vedere se arriveranno in tempo per salvare Chasiv Yar.

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