Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro–tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza di primo grado che ha assolto l’ex Presidente del Consiglio Giulio Andreotti. La sentenza di secondo grado, confermata in Cassazione, ha accertato invece che – fino alla primavera del 1980 – Andreotti aveva avuto rapporti con i boss Cosa Nostra


Il Marino Mannoia ha altresì riferito di avere appreso dal Bontate che i cugini Salvo, pur non esercitando un ruolo decisionale all’interno della “commissione” di “Cosa Nostra”, erano d’accordo sulla decisione di uccidere il Presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella. Al riguardo, il collaborante ha dichiarato quanto segue:

Mannoia F.: (...) io so che, sempre da Stefano Bontade, che (...) la situazione, diciamo, precipitò, nel senso che hanno riunito la commissione e deliberato definitivamente la decisione di eliminare Mattarella.

P.M. Scarpin.: lei sa (...) se all’interno della commissione vi furono voci discordanti oppure se fu una decisione unanime?

Mannoia F.: la decisione fu unanime, però il Bontade non era felice per questa scelta.

P.M. Scarpin.: perché non era felice?

Mannoia F.: il Bontade era di un altro stampo, (...) un'altra natura, anche se lui era criminale come (...) tutti noi. E, lui, avrebbe voluto che la cosa si potesse cercare di risolvere magari, con il tempo diversamente, ma i fatti di quel momento hanno portato a questa decisione unanime, appunto, (...) a deliberare l'eliminazione del Mattarella.

P.M. Scarpin.: senta, Stefano Bontade le disse se in ordine alla decisione di uccidere Piersanti Mattarella, i cugini Salvo avevano espresso una loro opinione? Avevano espresso la loro volontà?

Mannoia F.: no, i cugini Salvo, non hanno avuto certamente un ruolo, né all'interno della commissione, e all'esterno io non lo so, diciamo, che posizione hanno preso.

Presidente: quindi la commissione era presieduta in quel periodo da Badalamenti allora?

Mannoia F.: sì.

Presidente: era questo il periodo? O no? O non più di Badalamenti?

P.M. Scarpin: chi c’era in commissione in questo periodo?

Mannoia F.: no, quando parliamo già di questa riunione, (...) il capo commissione è (...) Michele Greco. (...)

P.M. Scarpin.: senta, per sussidio alla sua memoria, il 3 aprile del 1993, quando lei ha raccontato questo episodio al Pubblico Ministero, nel corso di una commissione rogatoria...

Mannoia F.: no, io, senta, mi scusi Avvocato...

P.M. Scarpin.: sì.

Mannoia F.: ...erano certamente d'accordo i cugini Salvo, a questa, diciamo, situazione, ma non so quale ruolo abbiano avuto di specifico loro, in questa decisione.

P.M. Scarpin.: ho capito. Che i cugini Salvo erano d'accordo, lei lo ha saputo da qualcuno o è una sua deduzione?

Mannoia F.: no, Stefano mani... manifestò chiaramente, diciamo, la... la decisione, la volontà di tutti coloro che hanno deciso questo.

P.M. Scarpin.: e le disse espressamente che i cugini Salvo erano d'accordo?

Mannoia F.: sì, ma non hanno avuto ruolo all'interno della commissione...

P.M. Scarpin.: certo.

Mannoia F.: ...decisionale.

Lo stesso collaboratore di giustizia ha reso, a proposito dei Salvo, ulteriori dichiarazioni concernenti diverse vicende, che vengono prese in esame in altri capitoli.

Per quanto attiene alla credibilità soggettiva del Marino Mannoia è sufficiente richiamare le considerazioni svolte nel capitolo relativo ai rapporti tra il sen. Andreotti e Michele Sindona.

Le dichiarazioni del collaborante sopra riportate risultano intrinsecamente attendibili per la coerenza logica interna del racconto, la puntualità specifica nella descrizione dei vari fatti, l’assoluta mancanza di animosità.

Deve inoltre riconoscersi la piena affidabilità delle notizie fornite dal Bontate al Marino Mannoia con riguardo agli episodi di cui si tratta nel presente paragrafo, tenuto conto del particolare rapporto fiduciario instauratosi tra i due soggetti, della insussistenza di ragioni di mendacio, della conformità del racconto alle ulteriori risultanze istruttorie.

Va, peraltro, osservato che l’omessa indicazione, da parte del Bontate, delle cariche rivestite dai cugini Salvo all’interno dell’organizzazione mafiosa, può ricollegarsi al fatto che si trattava di un tema estraneo agli interessi del Marino Mannoia (il quale non esercitava un ruolo direttivo in “Cosa Nostra”) ed alle vicende riferite a quest’ultimo.

La circostanza che i Salvo abbiano instaurato negli anni ‘70 stretti rapporti con il Bontate e il Badalamenti, e si siano successivamente avvicinati allo schieramento mafioso “vincente”, trova puntuale riscontro nelle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Francesco Di Carlo, esaminato all’udienza del 30 ottobre 1996.

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